Avengers: Endgame – La perfetta fine dei giochi

Prepararsi alla visione di Avengers: Endgame, per un fan Marvel ma anche soltanto per chi si è appassionato alla saga nel corso del tempo non è semplice. Non lo è perché tutto, dal titolo ai rumor, alle ovvie considerazioni sul futuro del MCU dà la consapevolezza che, a prescindere da come andrà a finire, nulla sarà più come prima.
Ci sediamo quindi, pronti a guardare qualcosa di epico, e in questo senso il film dei fratelli Russo non delude, come non lo fa in nessun altro aspetto.

Avengers: Endgame è la degna conclusione di una lunga serie di storie interconnesse, che ha dato vita a ben 22 film in 11 anni, ed è – forse proprio per questo – semplicemente il migliore mai realizzato. Una fine dei giochi che supera persino le nostre più appaganti aspettative.

Avengers: Endgame – Il mosaico dei fratelli Russo

Pronti, via e buona parte delle domande e dei dubbi generati dal trailer vengono dissipati da un inizio fulmineo che ci racconta più di quanto immaginassimo, dipingendo immediatamente un quadro nitido della situazione.

Essere nitidi e chiari invece è quello che non possiamo fare noi nel raccontarvi Avengers: Endgame, perché non è semplice parlarvene senza sollevare le carte del delicato castello messo in piedi da Anthony e Joe Russo, e senza incappare in facili spoiler.
Per quanto infatti qualcuno possa trarre le corrette conclusioni o indovinare pronostici su come vada a finire la storia, vi assicuriamo che scoprirlo strada facendo in questo leggendario racconto sarà un’emozione unica, che raramente avete provato guardando un cinecomic.

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Anzi, mai. Quante volte vi siete emozionati guardando un film di supereroi? Probabilmente nessuna, ma qui lo farete e in più di un’occasione, perché Avengers: Endgame è molto più di un cinecomic.

Possiamo affermare senza timore di smentita che i fratelli Russo abbiano dato la giusta sterzata al MCU proprio quando ce n’era bisogno e hanno portato questo progetto un gradino più in alto. Lo avevamo capito già con Captain America: The Winter Soldier, quando ci eravamo stupiti nell’osservare per la prima volta un “vero film”, qualcosa di diverso da tutto quello visto precedentemente nella Fase 1 (che comunque ci aveva dato almeno un paio di ottimi cinecomic, sia chiaro) e da quel momento nulla è stato più come prima.

Adesso si sale un altro piano ancora, e Anthony e Joe Russo ci meravigliano di nuovo costruendo un film su quegli aspetti che vi avevamo segnalato prima: l’epicità, ma soprattutto l’emozione.

C’è tutto in Avengers: Endgame, nell’arco di tre ore che ci sono sembrate trenta minuti, con i fatti che riprendono esattamente da dove ci eravamo lasciati con Infinity War, e quindi con metà dei più forti eroi della Galassia ridotti in polvere dallo schiocco delle dita di Thanos.

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Avengers: Endgame – Ogni eroe ha la propria sfida da vincere. A qualunque costo

Da qui non possiamo proseguire nel racconto, sarebbe spoiler, e andremmo a rispondere alla domanda che più vi preme: come sono riusciti gli Avengers a sistemare le cose?
Dopo un anno di previsioni e ipotesi, i fratelli Russo ribattono con una narrazione efficace e coerente, come il loro modo di dirigere impone, e la cosa più affascinante è osservare gli effetti della devastazione di Thanos sugli eroi, come li ha cambiati e come hanno reagito, se lo hanno fatto.

Ogni personaggio ha una sfida da vincere, e spesso sono quelle di sempre giunte all’atto conclusivo, così vedremo Bruce Banner alle prese con la sua doppia personalità, un Thor con l’animo gonfio di rimpianti, o Cap tristemente ancorato al proprio passato.
Per ripartire e riprendersi le proprie vite occorre tornare indietro, anche se non è per tutti facile e qualcuno ha tanto da perdere mentre altri hanno solo da guadagnarne.

Ma gli Avengers sono una squadra “a qualunque costo” e non può che cominciare in maniera adrenalinica questo viaggio a ritroso nella nostalgia, in cui i Russo sbalordiscono ancora una volta muovendosi nel dissestato terreno dei ricordi, facendoci ripercorrere momenti importanti, giocando con i colori e con i dettagli, aiutati da un comparto tecnico che passa dall’attentissima fotografia del fido Trent Opaloch e le altrettanto oculate scenografie di Charles Wood, mescolando il tutto con una soundtrack per forza di cose versatile, che ammicca a molti dei precedenti film del MCU.

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La costruzione di un’opera corale come Avengers: Endgame è perfetta, e nonostante non tutti i personaggi abbiano lo stesso spazio a disposizione, c’è un po’ di minutaggio per ognuno di loro e basta un semplice gesto al momento giusto per entrare nella leggenda.
Proprio di questo vive Endgame, della sua epicità, con un forte citazionismo cinematografico (e qui ci fermiamo), un sempre più necessario girl power e la ricerca del politicamente corretto, ma soprattutto frasi destinate a diventare ineluttabilmente iconiche.

La summa di tutto si raggiunge in una battaglia finale che magari non è migliore di quelle già viste, come non è paragonabile a quella di Infinity War, probabilmente inarrivabile grazie al suo finale tragico, ma diventa la più importante di tutte per il suo simbolismo e per il turbamento in grado di suscitare.

Dirvi altro sarebbe ridondante, o peggio ancora aprirebbe qualche porta di troppo, ma quello che è certo è la stupefacente gamma di emozioni che Avengers: Endgame è capace di generare, dalle risate, che non mancano mai, soprattutto grazie a Rocket ma pure a qualche personaggio inaspettato, al pianto, quello per cui ancora una volta dobbiamo tapparci la bocca.

In undici anni non abbiamo mai assistito a nulla del genere all’interno del Marvel Cinematic Universe e restiamo smarriti dopo un finale dolceamaro privo di scene post-credit, ma con dei titoli di coda che omaggiano un cast di spessore che è cresciuto con questo progetto e che ci ha regalato personaggi ormai iconici e a cui ci siamo affezionati.
Dopo Avengers: Endgame ci resta soltanto la speranza, al momento vana, che i prossimi anni di storie Marvel saranno in grado di donarci nuovi eroi e nuovi villain che possano quantomeno avvicinarsi a tutto questo.
Non sarà facile ma dovranno provarci. A qualunque costo.

Tiziano Costantini
Nato e cresciuto a Roma, sono il Vice Direttore di Stay Nerd, di cui faccio parte quasi dalla sua fondazione. Sono giornalista pubblicista dal 2009 e mi sono laureato in Lettere moderne nel 2011, resistendo alla tentazione di fare come Brad Pitt e abbandonare tutto a pochi esami dalla fine, per andare a fare l'uomo-sandwich a Los Angeles. È anche il motivo per cui non ho avuto la sua stessa carriera. Ho iniziato a fare della passione per la scrittura una professione già dai tempi dell'Università, passando da riviste online, a lavorare per redazioni ministeriali, fino a qui: Stay Nerd. Da poco tempo mi occupo anche della comunicazione di un Dipartimento ASL. Oltre al cinema e a Scarlett Johansson, amo il calcio, l'Inghilterra, la musica britpop, Christopher Nolan, la malinconia dei film coreani (ma pure la malinconia e basta), i Castelli Romani, Francesco Totti, la pizza e soprattutto la carbonara. I miei film preferiti sono: C'era una volta in America, La dolce vita, Inception, Dunkirk, The Prestige, Time di Kim Ki-Duk, Fight Club, Papillon (quello vero), Arancia Meccanica, Coffee and cigarettes, e adesso smetto sennò non mi fermo più. Nel tempo libero sono il sosia ufficiale di Ryan Gosling, grazie ad una somiglianza che continuano inspiegabilmente a vedere tutti tranne mia madre e le mie ex ragazze. Per fortuna mia moglie sì, ma credo soltanto perché voglia assecondare la mia pazzia.