Ipotesi e aspettative intorno alla nuova generazione di ninja

Avvertenza: Spoiler grandi come Rasengan Titanici sul primo episodio di Boruto: Naruto Next Generations! Primissima inquadratura: il volto di pietra del Settimo Hokage, Naruto Uzumaki, sfigurato tanto da essere quasi irriconoscibile. In sottofondo, i rumori del vento ululante e musica drammatica in crescendo. Subito dopo la telecamera si posiziona in verticale, per darci la sensazione di trovarsi appesa. Incrocia un individuo leggermente di spalle, attaccato al muro grazie al chakra e dotato di un’arma lunga, forse un bastone o una scimitarra. Il misterioso personaggio sposta lo sguardo alla sua sinistra, come attirato da qualcosa. Vediamo ora che sul suo occhio sinistro c’è un simbolo rosso, simile a quello che ricopre il suo braccio mancino. Sembra che stesse aspettando il ninja atterrato sulla parete con un balzo. Si tratta di un guerriero dai capelli biondi, vestito con una giacchetta nera dotata di una linea rosa. Il nemico ignoto lo accoglie dicendogli che lo spedirà nello stesso luogo dove ha inviato il Settimo e che l’era dei ninja è finita.

Il suo avversario non si lascia intimorire da quelle dichiarazioni ed estrae una spada che assomiglia un po’ alla Kusanagi di Sasuke Uchiha. Un improvviso primo piano ci mostra che il giovane giunto sul campo di battaglia è Boruto Uzumaki, figlio di Naruto. Annuncia di essere pronto a lottare contro l’avversario che, attraverso le sue parole, scopriamo chiamarsi Kawaki. Il rampollo degli Uzumaki è decisamente cresciuto dall’ultima volta che l’abbiamo visto. Prende un coprifronte sfregiato e lo indossa, probabilmente quello del suo stesso maestro, l’ultimo degli Uchiha. Poco sotto, intorno all’occhio destro, una larga cicatrice che parte della fronte e gli percorre quasi tutta la guancia. Proprio in quel punto, appare uno strano simbolo azzurro che si accende, illuminando anche la sua pupilla, bianca all’esterno e leggermente più opaca all’interno. Lo stesso accade per il suo braccio destro, quasi totalmente avvolto da un segno simile. Si mette in posizione, alzando la sua lama. Fissa il nemico. Lo sguardo teso, sul punto di liberare un immenso potere di cui forse perfino lui stesso ignora i limiti. Le armi dei due iniziano a cozzare rumorosamente, creando un mare di scintille. La telecamera si allontana, inquadrando di sfuggita la lotta e l’ambientazione: le rovine del Villaggio della Foglia.

Se è vero che l’inizio è fondamentale nell’economia narrativa di una storia (di qualunque storia), allora bisogna dare atto al sequel di Naruto (il manga prima e l’anime poi) di aver colpito con la stessa forza di un brutale pestaggio. Pochi minuti di animazione e già ci viene mostrato di tutto: dalla possibile distruzione di Konoha alla probabile morte di Naruto, passando per un villain che appare già cazzutissimo e un Boruto altrettanto figherrimo. Peccato che pochi istanti dopo si torni indietro con un mega-flashback ambientato diversi anni prima, con il pupillo del Settimo Hokage in versione bambina. Non solo: rispetto alla sua apparizione più nota, il film Boruto: Naruto the movie, ci troviamo temporalmente ancora più indietro. Il nostro giovane eroe deve ancora iniziare a frequentare l’accademia ninja, non fa ancora squadra con Sarada e Mitsuki, e le sue abilità sono piuttosto grezze.

Purtroppo, anche al più svalvolato sarà passata per l’anticamera del cervello la paura che per scoprire cosa diavolo è successo prima di quella fatidica sequenza iniziale ci vorrano decine e decine (se non centinaia) di puntate e chissà quanti anni, decenni, lustri, pagine e filler (Hagoromo ce ne scampi). Già, perché il manga pubblicato da maggio 2016, da cui è tratto questo calcio nei gioielli, scritto da Ukyo Kodachi e disegnato da Mikio Ikemoto (con la supervisione del sommo Masashi Kishimoto) è a cadenza mensile. I capitoli realizzati quest’anno sono a malapena una decina, il numero minimo per essere raccolti in un volume canonico (non a caso, i primi tre sono stati accoppiati a un volumetto contenente un one-shot realizzato da Kishimoto). E lo Studio Pierrot, tanto per evitare di lasciare scoperto anche per un mesetto il buco lasciato dalla fine di Naruto (non sia mai!), decide di iniziare già l’anime del seguito, nonostante il materiale da adattare sia, per ora, veramente esiguo. Dunque, importante avviso ai lettori: sembra proprio che il peccato originale della serie toccherà anche al novello Boruto. Aprite l’ombrello e preparatevi ad una pioggia di filler come non se n’è mai vista una. Tutto ciò che rimane a noi, poveri fan, in attesa di trascorrere anni per scoprire la verità, è darci dentro con ipotesi, elucubrazioni, complotti e affini su ciò che questa serie potrà essere, rispondendo a 3 domande inevitabili per tutti quelli che hanno assistito alla succitata sequenza rivelatrice.

1) Naruto Uzumaki è davvero morto?

Diamo un’occhiata approfondita alla parte più interessante (forse l’unica) del primo episodio: l’inizio dello scontro tra Kawaki e Boruto. Leviamoci subito il dente: non è certo che Naruto sia morto davvero. La frase di Kawaki è estremamente ambigua e lascia spazio a decine di interpretazioni possibili. Potrebbe aver spedito il nostro Hokage preferito in un’altra dimensione (considerando tutto il discorso sulle “dimensioni di Kaguya” fatto da Sasuke tempo addietro, e il coinvolgimento probabile degli Otsusuki), oppure in un luogo misterioso da cui è impossibile tornare. Per quanto ne sappiamo, potrebbe perfino averlo mandato in vacanza premio su un’isoletta tropicale.

Più che concentrarsi sulla sorte della Forza Portante della Volpe a Nove Code, sarebbe meglio soffermarsi su altri aspetti, ancora più inquietanti, come la distruzione di Konoha, o su che fine abbiano fatto gli altri shinobi leggendari del villaggio (tipo Sasuke), cosa possa davvero portare il caos in un mondo pacificato come quello dei ninja post-Quarta Guerra Mondiale. Però c’è da dire una cosa: se Naruto fosse veramente passato a miglior vita, allora sarebbe la prova provata che questo sequel non è solo il pretesto per tenere in vita a tutti i costi un franchise longevo e di successo, fonte di tanti soldini, ma un progetto serio destinato ad allargare ulteriormente il panorama del mondo creato da Kishimoto. Anche se, comunque, scommetteremmo sulla prima ipotesi.

2) Chi diavolo è Kawaki?

Ce lo siamo domandati tutti: chi diavolo è questo tipo un po’ hipster, un po’ tamarro, dotato di un marchio rosso su parte del corpo e il braccio sinistro, una sciarpona chilometrica, che arriva a passo di danza e annuncia, come se fosse una cosa banale, di aver fatto il pelo e il contropelo al protagonista dell’opera di Kishimoto?

Il mistero è bello fitto e chissà quante ere geologiche ci vorranno per svelarlo. Una cosa è certa: in quanto villain si è presentato nel modo giusto, creando una tremenda curiosità e segnando una netta differenza rispetto ai suoi predecessori. Se infatti Pain, Obito e Madara, i grandi avversari della saga di Naruto, avevano come piano quello di pacificare il mondo dei ninja, di realizzare la propria versione di pace, per quanto discutibile, Kawaki sembra animato dal desiderio opposto, ovvero quello di annientarlo, di portare il caos. Ah già, se possiamo dire la nostra, crediamo che tra lui e Boruto esista un legame molto più stretto di quello che le prime inquadrature lasciano intuire.

3) Da dove vengono i poteri di Boruto?

Ammettiamolo: nel film dedicatogli, Boruto aveva fatto una magra figura. Desideroso di attirare a tutti i costi le attenzioni del padre, aveva barato all’esame di selezione dei Chunin usando un dispositivo tecnico che permetteva di sparare jutsu a raffica, finendo per essere scoperto e degradato dallo stesso genitore. Aveva dimostrato di possedere un carattere “truffaldino”, mentre invece Naruto, piuttosto che imbrogliare, sarebbe stato disposto a farsi prendere a calci nel sedere. Solo alla fine della pellicola Boruto era riuscito a riscattarsi, scaraventando un gigantesco Rasengan in faccia a Momoshiki Otsusuki. Proprio da qui ripartiamo: dai sussurri teorici che circolano, sembra che proprio tale dimostrazione di forza abbia avuto degli effetti oltremodo benefici sul giovane ninja. Si ipotizza che il misterioso simbolo azzurro sia sintomatico di un particolare potere ottenibile, per l’appunto, uccidendo un Otsusuki, molto somigliante al Sigillo delle Cento Forze di Tsunade e Sakura. Non abbiamo idea di cosa si tratti nel dettaglio, ma una cosa è sicura: lo possiede pure Kawaki. Che lo abbia ottenuto in altro modo? Lo scopriremo solo vivendo.

Invece, la spada che Boruto estrae assomiglia alla Kusanagi ed probabile che sia, appunto, un regalo del suo maestro, Sasuke, e che sia sensibile al chakra. Nessun dubbio sul coprifronte: è quello che l’Uchiha gli dona nel film. Più intrigante è peraltro il suo occhio destro. All’inizio, quella cicatrice che tanto ricordava quella di Kakashi Hatake faceva pensare ad un trapianto, magari da parte della sorella di Boruto, Himawari (che possiede il Byakugan, come mostrato nello speciale Il giorno in cui Naruto divenne Hokage). Ma fin dal primo episodio si intuisce che si tratta di un’abilità innata diversa e che, rispetto ai normali occhi bianchi, sembra possedere la facoltà di scrutare nell’anima delle persone. Altre voci ipotizzano che possa trattarsi un Tenseigan (l’occhio risvegliato da Toneri Otsusuki, ultimo discendente di Hamura, rubando le pupille di Hanabi Hyuga nel film Naruto the Last) o, molto probabilmente, di una sua versione deviata. Il che avrebbe perfettamente senso, visto che il Tenseigan si ottiene unendo il sangue di Hamura con quello del Clan Hyuga e che Boruto è figlio di Naruto, reircarnazione di Asura, l’erede di Hagoromo (fratello di Hamura), e di Hinata, figlia del capo del Clan.

Conclusioni

Questi primi assaggi di Boruto sembrano voler approfondire ulteriomente gli elementi finali dell’opera originale, ossia gli Otsusuki e le conseguenze della loro presenza sulla Terra. Proposito che risulta essere estremamente interessante, insomma, quello di cuocere la tanta carne al fuoco messa sulla brace nelle parti conclusive del manga, con la comparsa di Hagoromo, Indra, Asura, Kaguya e compagnia bella. Quindi, in questo contesto, l’idea di un sequel non può che giovare all’intero universo dei ninja. Nei fatti, però, si tratta di un’arma a doppio taglio: il rischio di trasformarsi in una continuazione forzata è dietro l’angolo e ci vorrà un lavoro di grande livello per scongiurarlo sul nascere, cosa che, purtroppo, non sembra per ora l’obiettivo primario della nuova serie.

Boruto, come personaggio, non sembra incuriosire abbastanza o, almeno, non come Naruto, che fin dal primissimo capitolo stupiva per profondità e senso di solitudine. Comunque, il tempo di evolvere c’è tutto. Diciamo che siamo fiduciosi, ma che la nuova avventura non parte esattamente sotto una buona stella, anche e soprattutto per alcuni peccati capitali che, invece di essere eliminati, si ripresentano da subito, come la tendenza a riempire la pancia del pubblico di filler fino a farlo strozzare. Il fatto che il manga sia a cadenza mensile lascia presupporre che ci vorrà moltissimo tempo prima di avere tra le mani una storia accettabile, che possa soddisfare l’attesa suscitate dai primissimi entusiasmanti fotogrammi. Chi vivrà (a lungo) vedrà.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!