Quando l’unione delle parti fa il capolavoro: ecco Dead Cells, il “roguevania” per eccellenza.

Se il 2017 è stato l’anno dei titoli open world, sicuramente il 2018 è quello dei roguelike. Non che prima il genere non fosse stato esplorato in lungo e in largo, visto che la sua nascita è da attribuire a tempi non sospetti, ma è sicuramente  nell’ultimo periodo che molte software house sfruttano in maniera più massiccia questa formula. Se da una parte qualcuno prova a sperimentare derive curiose e innovative, come è il caso del recente The Persistence per PSVR, dall’altra vengono sviluppati titoli dall’appeal ben più classico. Dead Cells è uno di questi, un action/platform 2D inserito in una formula esplorativa alla “metroidvania”, frutto degli sforzi del team francese Motion Twin.

Una misteriosa prigione, un corpo esanime decapitato a terra e una strana sostanza senziente che scende dalle pareti, prende il possesso del cadavere, e ne sostituisce la testa. Questo incipit, che vedrete centinaia di volte sempre uguale dopo le vostre innumerevoli morti (e che ricorda un po’ la genesi del simpatico verme dentro la tuta spaziale Earthworm Jim), apre il sipario su Dead Cells. Vestiamo i panni infatti di questo misterioso individuo, morto in circostanze sicuramente violente, all’interno di una prigione. Qualche tipo di infezione ha contaminato tutta l’area e le zone limitrofe popolandole di creature informi e letali.

Molte sono le zone che visiteremo in questo platfom/action, ed esse raccontano un po’ il viaggio del nostro protagonista, ma anche la storia dietro Dead Cells. Dalle prigioni usciremo verso i bastioni per poi approcciarci ai villaggi limitrofi, torri ed altre paesaggistiche sfruttate per creare contorti livelli che si sviluppano orizzontalmente o verticalmente a seconda della natura architettonica di ognuno di essi.

La struttura di ogni livello è ben settata ma la loro “composizione” e l’ordine in cui li affronteremo è variabile. Ogni livello è generato proceduralmente e sebbene mischi nella mappa sempre gli stessi elementi predestinati per quell’area di gioco (come nemici e qualità delle armi, se non in rare eccezioni), sconvolge radicalmente la planimetria delle stanze e i corridoi ogni volta che li affronterete nuovamente. Quasi tutti i livelli poi presentano più di un’uscita verso quello successivo, e vi permettono quindi di prendere strade diverse, che poi andranno a ricongiungersi o rimarranno separate più a lungo, a seconda della vostra possibilità di raggiungere l’accesso a location sempre più impegnative. Si perché proprio come Castlevania, saga a cui Dead Cells palesemente si ispira, non c’è da dare per scontato che ogni percorso sia percorribile immediatamente, visto che spesso vi serve un’abilità esplorativa speciale e permanente, per far crescere un rampicante, scalare un muro, sfondare un pavimento, che troverete solo molto più in là, magari come ricompensa per una boss fight.

Eppure, non fatevi ingannare, l’esplorazione a 360 gradi ricorda Metroid/ Castlevania, ma il core del gioco è sicuramente il combattimento e il backtracking sarà sempre ridotto ai minimi termini (anche perché esistono dei pratici e frequenti teletrasporti). Uno dei molti aspetti positivi di Dead Cells infatti è che si tratta di un gioco frenetico e veloce, al punto che, pur lasciandovi liberi di giocare come volete (quindi anche esplorando ogni affranto del livello) premia  anche chi ha un approccio da “speed runner” dando accesso a particolari zone della mappa con chiusura a tempo, ovviamente ricche di ricompense per chi le raggiunge con tempismo, prima quindi che siano definitivamente impenetrabili.

Come detto quindi, in Dead Cells si combatte, e molto, ma anche alla centesima partita, rimane un piacere. Questo soprattutto per due fattori a dir poco fondamentali. Il primo e più viscerale è l’ottima risposta ai comandi in cui ogni azione si mescola perfettamente con l’altra (schivate, parate salti e attacchi di vario genere, che ben si sposa al piacevolissimo feedback estetico degli attacchi e in generale una bella sensazione di concretezza degli scontri. Il secondo è l’enorme mole di armi e strumenti a nostra disposizione, unita al bilanciamento e l’alchimia perfetta che c’è tra tutti gli strumenti forniti. Spade, lance, fruste, scudi, stivali, archi di tutti i generi e molte altre armi potranno andare ad occupare uno spazio nei 2 tasti adibiti agli attacchi. Ogni strumento ha peculiarità uniche, il proprio timing d’attacco, e relativi effetti collaterali. In Dead Cells dovrete cavarvela con quello che vi fornisce il gioco di tanto in tanto, grazie ad un drop fortuito, magari ricavato da un nemico elite più duro da buttar giù, o da uno scrigno, o ancora un negozio “itinerante”. Ma sulla casualità che determinerà l’equipaggiamento avrete sempre comunque il potere di plasmare il vostro stile.

Oltre alle armi, potrete equipaggiare due “abilità” che consistono in trappole (o derivati) e granate. Potrete quindi piazzare torrette e balestre difensive molto efficaci, forse pure un filino troppo, almeno fino a quando la sfida diventa davvero altissima (e succederà ve lo assicuro). Armi e abilità possono avere 2 diverse nature denominate “Brutalità” e “Tattica”, queste influenzano la loro efficacia. Sparsi per i livelli ci saranno sempre un certo numero di pergamene che fungono da upgrade per potenziare o la vostra barra energetica o uno di questi valori e ciò influenzerà la potenza di ogni oggetto basato su tattica o brutalità. Ecco quindi che in base all’equipaggiamento dovrete anche capire come distribuire questi punti di upgrade.

Ma non è tutto, perché alla fine di ogni livello, spendendo dello scintillante danaro accumulato durante le vostre scorribande, potrete potenziare, pur senza cambiare di grado (questo è influenzato da altri fattori), l’arma/abilità e cambiarne i modificatori. Cosa sono questi? Ma è semplice: attributi casuali che danno a quell’oggetto particolari effetti. Ecco quindi che in maniera molto più “light” rispetto ad un Dark Souls, è comunque possibile creare delle build efficienti. Vi faccio un esempio. Vi è capitata in partita una frusta, un attacco congelante e due tipi di balestre a torretta differenti? Bene, essendo tutti elementi “viola” ovvero legati alla tattica, dovrete pompare questo valore, e per sfruttare l’attacco congelante, potete provare a tentare la fortuna scambiando i modificatori di tutto il vostro equipaggiamento fino a che non beccate quello che unito al valore “congelamento” vi porta ulteriori benefici come più danni o un rallentamento degli avversari più lungo.

Ragionamenti di questo tipo andranno fatti di volta in volta ad ogni partita, per affinare sempre meglio il vostro personaggio. Il fattore casualità renderà sempre tutto appassionante e imprevedibile ma mai al punto da avere run particolarmente sfigate o fortunate, visto il grande equilibrio con cui il gioco elargisce le sue risorse. Ovviamente, esistono anche componenti permanenti e non legati al caso che vi permetteranno di sbloccare ulteriori elementi semplicemente giocando e rigiocando. I nemici infatti rilasciano delle cellule da conservare per sbloccare a fine livello armi, abilità o variabili permanenti, come più utilizzi per le pozioni curative o sacche di denaro più grandi. Più avanti avrete anche la possibilità di potenziare permanentemente anche la qualità delle armi trovate ma ciò richiederà davvero tantissime cellule. Non sarà facile sbloccare tutto, non solo perché vi serviranno centinaia di cellule da recuperare in decine e decine di partite, ma anche perché morire durante il livello significa perderle tutte e per accedere a nuove “armi&affini” vi serviranno i progetti, ognuno con la propria rarità e spesso collegati a situazioni particolarmente difficoltose del gioco. Più il vostro arsenale però si farà corposo, maggiore diversità ci sarà nelle vostre partite che di conseguenza “pescheranno” da una rosa di strumenti sempre più ampia quelli da gettarvi sul campo. 

La componente roguelike infatti non è che l’espediente perfetto per tenere alto il coinvolgimento di un action 2D che si basa su una progressione da arcade “vintage” in cui dovrete cercare ancora e ancora di fare la partita perfetta che vi permetterà di vedere l’epilogo del gioco. I motivi per cui però Dead Cells non viene mai a noia sono innumerevoli e non risiedono solo nella sua imprevedibilità e nella capacità di adattarsi allo stile di ogni giocatore. Dead Cells infatti rimane un gioco visceralmente divertente in cui l’abilità fa sempre e comunque la differenza. Inoltre, banale ma fondamentale, è anche un grandissimo piacere per gli occhi, con la sua pixel art ispirata e ottimamente animata, che disegna paesaggi colorati, dal tratto ora stilizzato, ora pieno di dettagli, ma sempre con un appeal unico e ricercato. Cosi come è ricercato il particolare umorismo dark del titolo, sempre “telegrafico” e affidato a poche efficienti battute o animazioni, che insieme alle note e alle descrizioni di taluni  elementi dello scenario (anche questi spesso “randomici” nella loro collocazione) danno la percezione di una lore del titolo forse non profonda ma tangibile, delineando dei tratti narrativi di superficie che conferiscono comunque ulteriore fascino all’opera. 

E poi ci sono i segreti, una valanga di segreti. Troppi per citarli in un singolo articolo di opinione, anche perché sviscerare tutto richiede un’infinità di ore, molte più di quelle che ho potuto investire nel gioco fino a oggi. Solo per citarne alcuni: personaggi misteriosi che vi parleranno dietro una grata, portoni da aprire in determinate condizioni, forzieri maledetti, chiavi da recuperare… E ancora sfide giornaliere sempre diverse per ottenere nuovi progetti, livelli nascosti dentro altri livelli (parliamo di un totale di circa 15 location diverse) e una sfida alta ma equilibrata e in qualche modo anch’essa governabile, visto che potrete prendere direzioni ben precise alla ricerca dei livelli più bastardi per complicarvi la vita a vostra discrezione ma avere anche ulteriori ricompense.

Insomma, se per finire il gioco dovrete giocare bene le vostre carte per avere una buona progressione “run relative” e impegnare comunque un paio d’ore, dietro c’è talmente tanto da scoprire per arricchire il gameplay che non è esagerato dire che ne avrete da giocare anche per un centinaio. Ma il merito di Dead Cells non è tanto quello di aver buttato sul calderone milioni di reward e obiettivi, quanto quello di averci costruito una struttura intorno e soprattutto un gameplay, che non cede praticamente mai il passo alla noia.

Verdetto

Il successo della formula di Dead Cells non è certo da ricercarsi nel “caso”, per rimanere in tema. Il feedback di più di 800.000 utenti e 15.000 recensioni che Motion Twin hanno potuto raccogliere nella lunga fase di early access, hanno portato alla superlativa ottimizzazione del sistema di gioco, che oggi si concretizza su tutte le piattaforme con un titolo dal gameplay perfettamente rodato, ricchissimo di contenuti, di variabili, che dosa tutti gli elementi roguelike in maniera equilibrata, bilanciata e sostanzialmente intelligente. Dead Cells è una piccola perla che non potete assolutamente farvi sfuggire, e non solo se siete amanti dei roguelike, ma anche se semplicemente amate gli action/platform old style pieni di carattere e dal gameplay solido e stratificato. Per circa 20 euro, avete veramente la faccia tosta di chiedere di più?

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!