Il gioco dei PokéMon che non ti aspetti

A due anni dalla pubblicazione in suolo giapponese della Demo abbiamo avuto la possibilità di giocare a uno degli esperimenti più interessanti e meno ovvi che Nintendo potesse proporci a tema Pokémon: Detective Pikachu, uno spin off che lascia davvero sorpresi. Se siete curiosi di sapere se la sorpresa è una cosa buona o cattiva, non vi resta che indossare il vostro cappellino con le orecchie lunghe e seguirci in questa review!

I segreti Ryme City

Il protagonista di questa nuova avventura creata da Creatures, Inc. è Tim Goodman, un adolescente con una missione da compiere: scoprire che fine abbia fatto suo padre Harry, scomparso nel nulla dopo un incidente automobilistico qualche mese prima. Tim, il prototipo del bravo ragazzo che vuole fare contenta sua madre e farle ritrovare quella pace perduta insieme alle tracce di suo marito, incappa nella figura di Pikachu, il Pokémon elettrico più amato dai fan di tutto il mondo.

Già a questo punto, gli sviluppatori rompono gli schemi, trasfigurando completamente la mascotte che siamo abituati a conoscere. Tim infatti scoprirà di essere l’unico in grado di capire il continuo blaterare del mostriciattolo giallo: Pikachu così gli rivela di essere l’assistente di suo padre, famoso detective, e che anche lui è alla sua ricerca. Alle spalle di Pikachu però aleggia un passato oscuro, che inevitabilmente si intreccerà con la ricerca del Goodman senior, mentre i due cercheranno di risolvere un caso di portata ben più ampia di quello che avevano pensato.

Presto il Fantastico Duo viene coinvolto in strani fatti e strani comportamenti dei Pokémon che li condurranno in diverse location per far la conoscenza di tanti individui più o meno loschi.

L’avventura è strutturata come un giallo, divisa in diversi capitoli, in cui viene presentato ogni volta un nuovo ‘caso’ che porterà i due protagonisti sempre più vicino alla soluzione di tutto. Dal punto di vista narrativo, si intuisce fin da subito che il target dell’intera operazione sono i ragazzi, un pubblico che si è divertito con i classici giochi dei pokémon e che è pronto per vedere questo franchise da un’altra prospettiva.

L’aria che si respira è quella dei racconti di Piccoli Brividi, o di altri romanzi gialli per ragazzi, ma non per questo la storia è meno godibile o non farà appassionare. Ci sono due ottimi motivi per arrivare alla fine del gioco: il primo è quello di scoprire il mistero alla base di tutto, con un finale che sarà sorprendente, anche per i giocatori un po’ più navigati. Il secondo e il più valido motivo è rappresentato proprio da Pikachu, in questo frangente più esilarante, adorabile e incredibile che mai.

Il Pikachu che non ti aspetti

Sappiamo  benissimo che l’abito non fa il monaco e che quindi non basta certo un cappellino con le ali per fare di qualcuno un detective. E infatti sotto la tesa del copricapo più iconico del mondo dei gialli, si nasconde un pokémon dalla voce umana, adulta, con uno spiccato senso deduttivo, perfettamente a suo agio nei panni dell’investigatore, sempre con la mente all’opera per riuscire a mettere insieme tutti i pezzi e arrivare a vedere il quadro completo della situazione. Pikachu è semplicemente fantastico: Creators, Inc hanno fatto una scommessa pericolosissima modificando radicalmente il comportamento di uno dei Pokémon più amati della fanbase mondiale. La mascotte preferita da Ash viene dipinta come un personaggio che beve caffè a fiumi, fa delle strane e imbarazzanti allusioni, insomma è qualcosa di troppo adulto, quasi fuori luogo per un animaletto ricoperto di pelo giallo. E sopra a tutto questo, la cosa più straniante è stato sentirlo parlare per la prima volta con la voce di un uomo: si scatena un effetto Baby Hermann di Roger-Rabbittiana memoria. Ci si fa presto l’abitudine, ma resta sempre quella sensazione che qualcosa è andato piacevolmente storto ma che nonostante tutto, funziona alla perfezione.

Pikachu è la star di questo gioco ed è lui anche il fulcro del gameplay: accompagna Tim in giro per le varie e variegate location, a interrogare persone e pokémon vari, trait d’union tra i  due mondi, quello umano e quello mostruoso, senza perdere per niente il suo fascino adorabile. Il gioco alla fine si riduce a raccogliere tonnellate di informazioni che Pikachu raccoglierà nel suo quaderno degli appunti, metterle insieme e arrivare alla soluzione del caso.

Oltre al quaderno degli appunti, c’è anche il blocco degli indizi, che è una sorta di summa di quello che sta succedendo, corredato da illustrazioni (tra l’altro molto belle, dipinte quasi ad acquerello) e da piccoli commenti che seguono il ragionamento logico alla base delle indagini.

Purtroppo, se questo è un elemento molto interessante del gioco, che stimola a ragionare e a cercare la soluzione degli enigmi secondo un procedimento razionale, dall’altra è anche la trappola stessa del gioco: se non si raccolgono TUTTI gli indizi, non si potrà procedere con la soluzione, anche se questa è palese già da un po’. E questo purtroppo diventa frustrante quando certi indizi non vogliono saltar fuori o sono molto ben nascosti.

D’altro canto, per tutte le dodici ore (circa) di avventura, vi troverete di fronte a una quantità industriale di personaggi secondari e di contorno, decine e decine di Pokémon e davvero non vi annoierete mai. Va da sè che bisogna sempre inscrivere questo tipo di gioco nella categoria a cui è indirizzato: per quanto sia un giallo, non dovete aspettarvi la barbarie e l’impianto crime di un L.A. Noire qualsiasi. Siamo su ben altri lidi, anche se i misteri non mancano e le soluzioni, talvolta, non deluderanno neanche i giocatori più esigenti.

Il giallo e tutti gli altri colori

Tecnicamente parlando, Detective Pikachu è bello, davvero. Non è un miracolo di tecnica, per essere chiari: la sua grafica è funzionale a quello che deve fare, ma nello stesso tempo riesce a trovare il giusto appeal per descrivere e raccontare i Pokemon, senza perdere di vista l’iconografia della serie, con i suoi colori e l’atmosfera comunque spensierata.

Le sequenze filmate, le scene di intermezzo sono poi caratterizzate da una regia pulita che ruba a piene mani dal cinema di genere, inquadrature audaci e staccate precise, in un mix che davvero non ti aspetti in un gioco del genere. A questo si aggiungono le decine di siparietti che vedono Pikachu come protagonista, che servono spesso a ricordare quanto adorabile sia questo pokémon.

Sul versante sonoro, il gioco vive una doppia anima: da una parte un gran bel doppiaggio (giapponese e inglese – con sottotitoli in italiano), ben caratterizzato, dall’altra ha una colonna sonora un po’ ripetitiva, per quanto catchy, con brani di grande impatto emotivo e altri un po’ meno densi. Tutto sommato, una ricerca sonora che si attesta sulla media.

Il valore vero del Detective

Nonostante Detective Pikachu non sia un capolavoro, ha un suo valore semantico, che potremmo quasi definire cruciale per l’intera serie. A conti fatti, questo titolo è a tutti gli effetti uno spin-off della serie che mostra come si possa fare un gioco sui pokémon, con tanti Pokémon senza che diventi l’ennesimo gioco dei pokèmon. L’impianto narrativo dal passo lento e riflessivo, il gameplay che sembra una rilettura moderna e modernizzata dei vecchi punta e clicca, il lungo dialogare convergono tutti a creare un’esperienza di gioco intrigante e piacevole (seppur con le sue limitazioni legate all’età del pubblico a cui è rivolto), mostrando un’altra faccia del mondo dei Pokémon che nessuno finora si era mai sognato di far vedere.

Parliamo del fatto che per una volta quello descritto è davvero l’universo narrativo in cui vivono i nostri amati mostriciattoli: vengono mostrati i rapporti tra umani e pokémon, le loro interazioni ‘sociali’, il peso che ogni mostro ha nella casa dove abita e il suo rapporto con l’umano suo padrone (o amico, ma non necessariamente allenatore).

L’importanza di questo titolo sta proprio in questo approccio più legato alla quotidianità, perché ha mostrato come sia possibile raccontare una storia diversa, con un teatro differente e finalità lontane dal contesto classico, senza snaturare i Pokémon così come li conosciamo e senza necessariamente farli combattere a ogni piè’ sospinto.

In definitiva Detective Pikachu è la prova definitiva che siamo pronti per un lungometraggio dei Pokémon che possa esplorare altri orizzonti oltre alle palestre e alle lotte tra animali assetati di sangue. Pensateci, perché l’anno venturo ci aspetta proprio questo in sala: un nuovo film (LIVE ACTION) con Pikachu e amici e probabilmente l’ispirazione verrà proprio da questo piccolo giochino per il 3DS.

Verdetto

Detective Pikachu è un titolo dedicato a un pubblico giovane, un gioco di facile fruizione dal passo lento e molto ragionato. La sua struttura basata fortemente sui dialoghi, sulla raccolta degli indizi e sui ragionamenti deduttivi farà felice chi cerca un gioco dove pensare è una componente più importante dell’avere riflessi pronti.

Pikachu è sicuramente un personaggio che non perde di carisma nei panni improbabili di un detective scafato e drogato di caffè, ma anzi acquisisce quell’aria di bello e dannato che tanto gli mancava.

Purtroppo, la semplicità estrema, e alcune meccaniche di gioco un po’ legnose e ripetitive con enigmi troppo abbordabili, rendono il gioco non eccelso. Sicuramente farà felici tutti i fan della serie e probabilmente appassionerà i ragazzi in cerca di un gioco diverso dal solito.

Eugene Fitzherbert
Vittima del mio stesso cervello diversamente funzionante, gioco con le parole da quando ne avevo facoltà (con risultati inquietanti), coltivando la mia passione per tutto quello che poteva fare incazzare i miei genitori, fumetti e videogiochi. Con così tante console a disposizione ho deciso di affidarmi alla forza dell'amore. Invece della console war, sono diventato una console WHORE. A casa mia, complice la mia metà, si festeggia annualmente il Back To The Future Day, si collezionano tazze e t-shirt (di Star Wars e Zelda), si ascolta metal e si ride di tutto e tutti. 42.