Onirico, creativo e senza limiti, al punto da essere un rischio enorme

Quando ci si approccia ad un gioco in anteprima, il buon senso vorrebbe che se ne parli in modo un po’ distaccato, cercando di reprimere sensazioni troppo buone o cattive in un’ottica futura. Questo, ad esempio, per non alimentare un hype ingiustificato, ma anche perché non sempre ciò che si testa è ad uno stadio di sviluppo accettabile, dunque con ampi margini di miglioramento. Nel caso di Dreams, però, ci sentiamo di fare un’eccezione giacché la nuova opera di Media Molecule ci ha affascinati talmente tanto che potrebbe essere il flop più bello dell’ottava generazione videoludica. E siamo solo ad una beta.

In realtà potremmo anche sciorinare tante belle parole sul titolo e chi conosce Media Molecule sarebbe anche d’accordo: lo studio di sviluppo ha infatti nel suo portfolio titoli come Little Big Planet e Tearaway. Il primo è stato uno dei platform più interessanti della scorsa generazione, dotato di un editor di livelli mai visto su console in termini di dettaglio e personalizzazione; il secondo ha invece permesso ai possessori occidentali di PlayStation Vita di potersi finalmente vantare di un titolo che non fosse un JRPG importato, mostrando la versatilità di una console spesso declassata a fermacarte hi-tech. Questo per dire che Media Molecule ha dimostrato di saper fare il suo lavoro e Dreams rappresenta la summa di un lavoro creativo completo sotto tutti i punti di vista.

Un esempio può benissimo essere il modo in cui il titolo tratta il giocatore: fintanto che si trattava di livelli platform, infatti, non era poi così problematico mettere a proprio agio i giocatori ed i creatori, nonostante Little Big Planet mancasse della semplicità dimostrata da un esponente molto più di spicco come Super Mario Maker. Al contrario Dreams è un calderone pieno di elementi vivaci e pronti ad essere asserviti come meglio si crede, con l’obiettivo di dare vita a qualunque, ripetiamo, qualunque cosa vi possa passare nella testa e che sia traducibile in un gioco (e non). Ammettiamo sinceramente di essere stati un po’ restii a cimentarci nello spazio dedicato alla creazione, il menu di Dream Shaping, salvo poi essere accompagnati dolcemente in tutorial estremamente semplici e funzionali. Questo anche per le varie modalità di fruizione, a partire da semplici video a vere e proprie prove sul campo dove la voce guida ci mostrerà passo passo come creare e manipolare ogni cosa su schermo e non a nostro piacimento. Una scelta doverosa se si pensa che Dreams permette di realizzare di tutto e di più: parliamo infatti di creazione di livelli, ma anche di musiche, effetti sonori, meccaniche di gameplay e altro ancora, arrivando a toccare qualcosa di impensabile fino a qualche anno fa.

Dreams Childhood

E non esiste un modo più semplice di parlarvi di cosa è capace Dreams del Dream Surfing, ovvero la modalità deputata al giocare più puro. Abbiamo infatti incontrato un numero sconfinato di cose da provare, tutte molto variegate e diverse tra loro, abbastanza da mandarci sullo spazio per più di qualche ora. Per dire, la prima cosa avviata è stata una tech demo ispirata al Rifugio dei Non Morti, più precisamente la prigione che vediamo nei primissimi istanti di Dark Souls, che mostra come anche sul piano tecnico questa beta sia capace di fare un gran lavoro in termini di gestione dell’illuminazione su varie superfici.

Sempre per rimanere allegri, siamo poi andati a provare il tanto chiacchierato remake di P.T., la celeberrima demo di quel che sarebbe dovuto essere Silent Hills prima del divorzio forzato tra Konami e Hideo Kojima. Qui, oltre a terrorizzarci di fronte ad un rifacimento più che buono del terrore che provammo anni or sono, abbiamo giocato moltissimo con le impostazioni generali del Dream Surfing scoprendo una valanga di opzioni disponibili. Un esempio è il backlog, che permette di osservare e provare le varie versioni del progetto, giocando in prima persona tutto il processo di sviluppo, ma anche prendere il progetto e remixarlo, così come un musicista rielabora una canzone. Tutto in nome di una creatività libera da regole e che inoltre permette di studiare ciò che altri hanno realizzato così da implementare un’idea simile nel nostro progetto.

Queste sensazioni sono state confermate in altri due progetti che abbiamo provato, ovvero Marbelous e Slayer Scrolls, con il primo che ci ha mostrato come fosse possibile creare veri e propri giochi con una struttura a livelli a metà tra un Kula World ed un Super Monkey Ball, con meccaniche interessantissime che permettevano di risolvere enigmi ambientali. Il secondo è invece un gioco di ruolo d’azione sulla falsariga di Skyrim, tanto buffo quanto però interessante per via di dettagli come discorsi a scelta multipla e tanto altro. Avrete dunque capito come Dreams permetta di creare davvero di tutto e, nonostante alcune cose ci siano sembrate leggermente rudimentali, è chiaro che siamo di fronte ad un titolo davvero inesauribile, eppure dopo ore di divertimento tra le nuvole, siamo tornati a terra con la consapevolezza di essere di fronte a un prodotto che rischia di essere un flop.

Dreams Mystery

Non è un discorso di pessimismo, tuttavia è impossibile non guardarsi indietro e riflettere dati alla mano: se finora i sandbox si sono limitati ad essere esperienze non lineari ma comunque tratteggiate più o meno profondamente, titoli estremamente dispersivi hanno il rischio di lasciare il giocatore imbambolato ed inerme proprio a causa delle tante possibilità a disposizione. Se poi parliamo di un titolo che a nostro avviso incarna in modo letterale il termine sandbox, ovvero un luogo dove poter creare qualcosa dal nulla, è lecito pensare che un giocatore possa essere sopraffatto da tutto quello che Dreams permette di fare, al punto da esserne oberato.
Ci sono poi altri dettagli che ci fanno temere il peggio sul lato prettamente economico: in primis c’è Project Spark, titolo di Microsoft del 2014 che di fatto proponeva buona parte delle features di Dreams e comunque finito in malora dopo nemmeno due anni, complice anche un supporto realizzato a suon di microtransazioni che ha ovviamente esacerbato il suo potenziale target. Rimanendo in casa PlayStation, invece, non è possibile ignorare il flop di Little Big Planet 3: affidato nelle sapienti mani di Sumo Digital (che attendiamo con trepidazione con Team Sonic Racing), il gioco ha ricevuto il plauso dalla critica nonostante le limitazioni imposte dalla cross-gen, ricevendo tuttavia una risposta del pubblico diametralmente opposta, finendo per essere relegato a titolo per il PlayStation Plus in un paio d’anni.

Il succo del discorso è che Dreams è un progetto che rischia di fallire non per problemi tecnici o per eventuali falle di gameplay, bensì per uno scarso interesse del pubblico. Un pubblico che negli anni ha chiesto a gran voce più libertà nei videogiochi ma che spesso e mal volentieri nemmeno li finisce, figuriamoci a crearne uno partendo dal nulla. Dreams non è un semplice editor di sogni, Dreams è l’opportunità di sperare in un futuro dove la libertà di creare qualcosa diventi anche un’occasione di sperimentazione profonda che porti a una nuova innovazione videoludica. Potreste pensare a un delirio, eppure anche un titolo sulla cresta dell’onda come Fortnite deve la sua esistenza ad un semplice modder che creò per primo un prototipo di Battle Royale.

Alcuni sogni diventano realtà e tutti noi speriamo che anche Dreams lo diventi.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.