Ultimamente mi è capitato di notare un fenomeno che a mio parere sta un po’ sfuggendo dalle mani a tutti quelli che si lanciano in una critica nei riguardi dei videogiochi, ma anche in misura diversa, nel cinema. Per non rendere il discorso troppo confuso però, partiamo dal primo settore. Di base, la mia tesi è questa: sempre più spesso, il comparto narrativo è una variabile troppo pesante nel valutare la qualità complessiva di un titolo. Posso già scorgere gli sguardi perplessi di chi pensa: “Beh, è ovvio, è la scoperta dell’acqua calda, migliore è la storia che viene raccontata  migliore sarà il gioco nel complesso, a prescindere dagli altri elementi”. In realtà, il mio non vuole essere un discorso cosi scontato, è logico che una bella storia è sempre gradita, e ci sta che favorisca il giudizio complessivo di un’opera in toto. Il problema semmai è quando la mancanza di un comparto narrativo “soddisfacente”, boccia a prescindere un videogioco che, di fatto, non poggia alcuna base su di esso nel suo concept o comunque ha anche altri elementi validissimi con i quali riesce a sostenere una certa qualità nonostante un racconto scricchiolante o poco incisivo. Certo, questo trend in effetti è favorito anche dagli sviluppatori stessi, che hanno deciso, un po’ al posto nostro, che il videogioco oggi come oggi debba quasi essere un surrogato interattivo del cinema. Ma mi viene da pensare, forse in modo malizioso: non sarà che in questo momento storico per gli sviluppatori sia più facile realizzare una buona storia che un gameplay valido e che spicchi sulla concorrenza? Non sarà che in qualche modo l’utente contemporaneo contribuisce a questo con una certa pigrizia di fondo nel dedicarsi al gioco in maniera attiva, preferendo vivere le avventure dei videogiochi dal punto di vista dei personaggi e delle loro azioni preconfezionate piuttosto che “creare l’esperienza” con le proprie mani? In tal senso vorrei lanciare una provocazione, totalmente speculativa, visto che non sappiamo niente sul titolo in questione.

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Perché il nuovo God of War sembra cosi tanto propendere verso un ritmo più sommesso e narrativo rispetto al passato (per quel pochissimo che si è visto)? È veramente solo la volontà di rivoluzionare il brand (legittima) o invece si tratta della necessità di omologarsi ad un modus operandi a cui molti titoli ad alto budget non possono più sottrarsi? Non lo so, fatto sta che il videogioco non ha necessariamente bisogno di una trama raccontata con tutti  i crismi per funzionare. La mia impressione è che oggi come oggi solo i titoli Nintendo siano legittimati nel mancare di una buona storia conquistando comunque sempre un certo riconoscimento, mentre per tutto il resto è diventata questione di vita o di morte (del successo commerciale e di critica di un prodotto). Certo, se mi fate scegliere tra una bella storia ed una brutta, non ci sono dubbi che sia meglio quella bella, ma di fatto la cosa importante è creare il giusto contesto, e spesso lo si può fare con metodi non convenzionali a livello di sceneggiatura. Affidandosi ad un canovaccio leggero ma funzionale, che accompagni le atmosfere durante il gameplay e dia un mood generale all’esperienza, senza per forza spiccare per chissà quale trovata brillante. Nell’industria giapponese spesso abbiamo avuto esempi lampanti di questo trend, vedi i recenti titoli di Vanillaware, o un Gravity Rush, giochi che raccontano nel migliore dei modi semplici e fantasiosi racconti, spesso con qualche cliché, va bene, ma sempre e comunque per mettere in luce il RESTO del titolo, per dare LA CORNICE più bella a quello che poi è il cuore di un gioco, o almeno dovrebbe esserlo, cioè il gameplay. Quante critiche ho sentito all’epoca sulla “trama” di Vanquish, come se questa avesse una minima importanza all’interno di un comparto ludico arcade cosi legato all’esperienza esecutiva del giocatore. O ai buchi di sceneggiatura di un The Evil Within, invero del tutto irrilevanti al netto dell’esperienza ansiogena del titolo.

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L’importante spesso è semplicemente creare un contesto accattivante e carismatico che ACCOMPAGNI il resto. E se oggi la trama è veramente cosi importante, e senza di essa un gioco viaggia sul filo della bocciatura, poniamoci qualche domanda. Non sarà forse che questa è sempre di più uno specchietto per le allodole finalizzata a nascondere la povertà di strutture di gioco sempre più blande, noiose o ridondanti? Ben venga quindi il videogioco/racconto, ben venga il film interattivo, ben vengano personaggi logorroici, regie degne di Hollywood e sceneggiature articolate e piene di voli pindarici. Ma non dobbiamo permettere che questo diventi TUTTO nel videogioco, c’è bisogno che si riconosca il merito di perle di gameplay che, di stupire lo spettatore con una storia mozzafiato, se ne fottono altamente. Non bisogna privarli di merito solo perché manchevoli di un aspetto totalmente ausiliario. Ricordiamo come è nato il videogioco. È nato con Pac Man, è nato con Mega Man, con Double Dragon, con Tetris. Giochi completamente senza “trama”, con al massimo un canovaccio per contestualizzare ciò che vediamo a schermo, una scusa per darci il controllo di personaggi accattivanti in situazioni intriganti. Fine. Perché più di così non solo non era possibile all’epoca, ma non avrebbe nemmeno avuto alcun senso, anzi sarebbe stato controproducente, perché a nessuno gliene fregava un tubo che gli venisse raccontato qualcosa. Ora il problema pare l’opposto. Ed è un male. Non valutiamo sempre tutto in base alla storia che ci propongono, o serviremo davvero su un piatto d’argento alle compagnie la scusa per farci vivere le esperienze preconfezionate che hanno pensato per i loro personaggi, piuttosto che trovare il modo (ben più complicato ovviamente) di veicolare gli stessi attraverso delle esperienze che DEVONO essere nostre. Il discorso delle origini di un media tutto sommato vale anche per il cinema. Il cinema è nato per intrattenere, per divertire, per far provare delle emozioni anche molto superficiali ma ugualmente intense. È OVVIO che il cinema sia molto più legato alla necessità di un racconto esaustivo mancando completamente la componente interattiva, ma cercate di essere scaltri nel seguire quello che cerco di dire.

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È davvero un problema che un film come Mad Max: Fury Road non snoccioli attraverso infiniti dialoghi e approfondimenti il carattere di ogni personaggio? Non riesce perfettamente a regalare un’esperienza di senso compiuto anche solo attraverso le immagini (un surrogato della componente ludica potremmo dire) raccontandoci qualcosa di interessante e coinvolgente senza utilizzare una scrittura densa in sceneggiatura? Certo che ci riesce, e anzi sta proprio li la sua forza. O un film come Hardcore!, non ha senso di esistere proprio in virtù delle sue scelte stilistiche che escludono qualsiasi altro tipo di linguaggio? È cosi importante ritrovare in ogni storia i classici 3 atti che strutturino la sceneggiatura tradizionalmente intesa? Io dico che no, non è sempre cosi importante, è solo più semplice. In sostanza, potrei concludere che solo il libro, per sua natura, non può svincolarsi da nessuna delle regole del racconto, ma in qualsiasi altro caso, c’è sempre un modo alternativo per valorizzare un concept, un’idea, un soggetto, che va al di là dei mille espedienti narrativi che sembrano necessari a tutti per comporre un prodotto degno del loro tempo. Quindi smettetela di porre i vostri verdetti perentori solo sulla base della risposta che vi date alla domanda “eh, ma ha una bella storia?”. Soprattutto nei videogiochi, dove stiamo letteralmente perdendo anno dopo anno sempre di più il concetto di “gioco”, di gameplay ricercato, di sfida al giocatore. Educhiamoci ad una migliore analisi e soprattutto, educhiamo chi poi questi prodotti li sviluppa premiando in maniera più accorta ciò che arriva sul mercato, per fargli capire che non ci basta questa tipologia di giochi, che vogliamo anche dell’altro  e che si devono impegnare di più su tutti i fronti, non solo uno.

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Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!