La mano iniziale non è un granché

La scena dei giochi di carte collezionabili digitali si sta decisamente affollando, ultimamente. Tra i diversi tentativi di Wizard di portare il suo Magic: The Gathering in digitale, Pokémon TCG, Gwent, The Elder Scrolls Legends, Shadowrun e via discorrendo, la competizione l’ha indubbiamente vinta Blizzard con il suo Heatstone, che a prescindere da qualsiasi valutazione qualitativa, sotto il punto di vista del successo è ineguagliabile. Spunta ora Microsoft, con Mediatonic allo sviluppo, che cerca di portare “su carta” il suo Fable, un brand un tempo molto importante che è stato oramai messo in cantina. Fable Fortune è un gioco piacevole, complessivamente ben confezionato, ma ha un unico, grande difetto: non inventa niente. A tratti sembra di stare giocando proprio a Heartstone. Le introduzioni effettuate da Mediatonic sono timide e di poco peso, non aggiungono nulla di effettivamente rivoluzionario e quindi, semplicemente, non trovano risposta alla domanda più semplice: perché qualcuno dovrebbe abbandonare i giochi di carte su cui ha già speso ore e denaro per passare a qualcosa di nuovo, che però di fatto è nuovo solo nel nome?

Fable Fortune, come i suoi concorrenti, è distribuito con formula free 2 play con acquisti in game, che altro non sono che le canoniche bustine (ovviamente acquistabili anche con valuta in game). Inoltre è possibile acquistare uno starter bundle a poco meno di 12€, contenente 20 pacchetti da sbustare con cui iniziare a costruirsi un proprio mazzo. Già “inclusi” troviamo un mazzo per ognuno dei sei eroi disponibili, per iniziare a impratichirsi con le peculiarità di ognuno. Le carte, come in Heartstone, possono poi essere distrutte in cambio di Inchiostro, utile a farne delle nuove. Ma oltre dopo la formula di gioco, facciamo un passo indietro e vediamo un po’ le modalità e le meccaniche.

Le modalità di gioco sono diverse e spaziano tra il competitivo e la cooperativa, oltre ad un single player piuttosto scarno ma interessante. Scarno perché a livello narrativo c’è poco o niente, se non un’introduzione ai personaggi. Interessante perché seguendo la serie di partite contro l’IA si riesce a entrare nel dettaglio dei singoli eroi e delle peculiarità del gioco, oltre al pratico e snello tutorial. Le modalità di gioco online invece si dividono tra i classici match contro altri giocatori, divisi tra standard e competitivi, e match cooperativi. Tutto questo diviso in stagioni di durata fissa coadiuvati dai classici obbiettivi giornalieri, così da spingere il giocatore a loggare ogni giorno. Niente di nuovo, insomma.

Passiamo ora al gioco vero e proprio. Fable Fortune funziona fondamentalmente come Heartstone, con qualche novità interessante sulla carta più che nel gioco vero e proprio. Ogni mazzo ha un eroe si riferimento, che gli garantisce carte uniche. Questo eroe ha un potere peculiare che può utilizzare ogni turno spendendo monete, il mana di Fable Fortune che si ricarica ogni turno, aumentando anche di un punto. Le carte hanno i canonici poteri che si attivano quando la creatura entra in gioco, o ne esce, o a determinate condizioni. Quello che cambia è l’importanza del piazzamento delle carte sul tavolo, dal momento che alcune hanno poteri “ad area” che garantiscono bonus solo alle carte adiacenti, la gestione della parata e le quest. Si può infatti obbligare il giocatore avversario ad attaccare una (o più) specifica carta spendendo una moneta d’oro per metterla in difesa. Potenzialmente una meccanica di questo ha un grande impatto sul gioco, non fosse altro che l’impatto è negativo: le partite si dilungano eccessivamente, portate avanti solo perché si ha necessità di abbattere una specifica creatura prima di portare danni all’avversario. Probabilmente con l’avanzare delle espansioni vedremo nuove carte in grado di sfruttare questa precisa meccanica, o di contrastarla, in modi nuovo, ma giocando ad un livello base (leggi: senza un metagame strutturato) abbiamo notato poche possibilità di reazione e soltanto la necessità, turno dopo turno, di dovere abbattere carte in difesa anche quando la situazione era decisamente a nostro vantaggio, ritardando solo di alcuni turni la vittoria.

Il sistema di quest è l’altra introduzione peculiare di Fable Fortune, ma come per la guardia richiederebbe un po’ di affilatura prima di poter effettivamente avere un peso. A inizio partita, e dopo la risoluzione, è possibile scegliere una carta quest che ha degli obbiettivi specifici, come giocare un tot di carte con una forza specifica o un costo specifico. Soddisfatti i requisiti, viene data in mano al giocatore una nuova carta e gli viene chiesto di scegliere se prendere un punto moralità da buono o da cattivo (tipico di Fable). A seconda delle “scelte morali” intraprese il potere dell’eroe si modifica, così come alcune carte cambiano radicalmente se giocate da eroi neutri, buoni o malvagi. Dove sta l’inghippo? Che i punti dati dalle quest sono difficili se non impossibili da prendere tutti in una sola partita (tre è il valore massimo), così da sbloccare i bonus di livello più alto. Questo significa, come detto in apertura del paragrafo, che il sistema andrebbe sistemato, con carte che garantiscono anche questi punti morali così da poter sfruttare veramente questa interessante meccanica, che per ora sembra solo un orpello di scarso peso.

Verdetto 

Avrete oramai capito che giudizio potete aspettarvi da questa recensione. Fable Fortune non è un brutto gioco, anzi. Purtroppo però le introduzioni che fa nel gioco di carte collezionabili sono, ad ora, di scarso peso all’interno delle partite. Le basi però sono buone, e dobbiamo sempre ricordarci che si tratta di prodotti costantemente in divenire. Se le prossime espansioni sapranno mettere l’acceleratore sul sistema di guardia e di quest, e verranno introdotte nuove modalità di gioco, ci rivedremo qui per parlare ancora di Fable Fortune e alzare il punteggio che trovate qui a fianco. Probabilmente il futuro dipenderà anche e soprattutto dall’interesse che l’utenza mostrerà nei confronti del titolo, e questo è il fattore che più ci preoccupa.

 

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.