Fairy Tail: magia, botte e… trama?

Tra gli shonen che negli ultimi anni hanno avuto il loro periodo di gloria c’è anche l’opera di Hiro Mashima dedicata alla caotica gilda di maghi: Fairy Tail. Il manga ha innegabilmente ottenuto un buon successo di pubblico, arrivando a conquistarsi anche qui in Italia un certo seguito, ma ora forse è bene fermarsi un momento e cercare di analizzare l’opera per chiedersi: Fairy Tail merita il successo riscosso?

Domanda legittima e niente affatto banale, ma avrebbe bisogno di una premessa. Se un manga piace, al di là di tutti i difetti che può contenere, non c’è niente di male. Eppure si può apprezzare un’opera pur riconoscendone i difetti. E l’opera di Mashima mostra, sin dal tratto e dalla caratterizzazione dei personaggi, un certo debito di riconoscenza nei confronti di One Piece, il celebre manga di Eichiro Oda. Il character design dei due personaggi principali, Natsu e Lucy, ricorda da vicino quello di due protagonisti della saga marinara di Oda, ovvero Rufy e Nami. Oltre a loro, anche un elevato numero di altri personaggi, nel corso del manga, ricorderanno da vicino dei loro corrispettivi in One Piece.

Il confine tra il tributo appassionato e i primi sintomi di plagio è spesso piuttosto labile, ma vista la stima che sembra legare i due mangaka possiamo considerare le scelte di Mashima come facenti parte della prima categoria. Questo non è un difetto di per sé, certo, ma rischia di far passare in secondo piano la seconda opera, facendone percepire i lati positivi come riflesso di una saga ancor più celebre e fortunata. C’è da dire, a discolpa di Mashima, che il tratto e il character design ricorda molto anche quello della sua opera precedente, Rave, secondo una tecnica comune a molti mangaka, dando anche l’impressione di autorialità.

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Fairy Tail: protagonisti e trama

Come sarà già noto ai suoi lettori, Fairy Tail è ambientato in un universo alternativo dove la magia è una pratica riconosciuta e dove i maghi si riuniscano in gilde per poter svolgere incarichi su commissione da parte dei privati. Il manga è il classico shonen e, come tale, subisce lo stesso problema comune a tanti altri manga dello stesso genere, ovvero trovarsi di fronte a una certa dose di ripetitività.

Se in Dragon Ball si trattava di allenarsi per superare la potenza di un nemico molto più forte e in Saint Seiya c’era da lottare contro il tempo per la salvezza di Atena, in Fairy Tail lo schema è quello di affrontare la gilda nemica di turno o il gruppo di maghi rivali che cercano di portare a termine un piano malvagio.

Questo schema, di per sé, non aiuta il lettore occasionale ad appassionarsi, ma l’altra grande sfida è la mancanza di un vero antagonista nella vicenda. Ci vuole molto tempo perché il manga possa contare su un nemico degno di questo nome ma, soprattutto, perché si possa intravedere una storia di fondo più grande all’interno dell’intera vicenda. Le avventure di Natsu e compagni appaiono tutte un po’ slegate tra loro, almeno fino alla saga dell’Isola di Tenrou, dove vengono introdotti di personaggi di Zeref e Acnologia, il mago oscuro e il drago malvagio che sembrano avere, nella trama, un ruolo di primaria importanza per l’economia dell’intera storia.

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Fino a quel momento, però, la forte impressione è che il manga sia privo di trama.

C’è da dire che, tra i tanti difetti imputabili a Mashima e Fairy Tail, non si può accusare il mangaka di non aver messo impegno nel migliorare il prodotto e la qualità generale della storia. Col passare dei capitoli, infatti, la storia si fa meno stereotipata e i personaggi migliorano, di pari passo con una qualità grafica che, pur con esplicito debito dei confronti di Oda, piano piano sembra trovare una propria dimensione.

Essendo un manga di genere shonen non si possono non spendere due parole per i combattimenti. Anche qui lo schema è abbastanza classico, quello di uno scontro che, inizialmente, termina in sconfitta per il protagonista, salvo poi risolversi con un power up e un ribaltamento della situazione.  La cosa interessante è il fatto che in Fairy Tail è raro trovare due poteri identici, cosa che, pur nello stereotipatissimo schema lotta-sconfitta-ribaltamento, fornisce almeno qualche spunto di varietà alla cosa.

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Eccessivo fan service?

Quello che però caratterizza ancora di più Fairy Tail, attirandogli delle critiche non ingiustificate, è l’eccessiva presenza di fan service, sotto forma di allusioni e momenti di “ammicco” del tutto estemporanei. Quest’ultimi iniziano da subitissimo, quando la coprotagonista Lucy rischia di essere drogata a un festino per essere rivenduta come schiava.

La quantità di pose ammiccanti assunte dalle ragazze all’interno della storia raggiunge vette capaci di far impallidire One Piece e la capacità di Lucy ed Erza di ritrovarsi senza abiti rasenta il misticismo. Questo tipo di fan service è una componente fondamentale in Fairy Tail, presenza fissa che ogni tanto spunta fuori per una strizzata d’occhio al lettore. Che le protagoniste femminili, all’interno della storia, si ritrovino spesso a dover combattere con una quantità di vestiti che sfiora il nulla è davvero necessario?

Esempio lampante è costituito da Erza, una delle maghe più potenti della gilda, la cui abilità è quella di poter evocare armi e armature differenti a seconda delle necessità. Tralasciando il fatto che, nel cambiare equipaggiamento, la ragazza resta momentaneamente nuda, c’è da chiedersi se serva, ai fini della trama o della narrazione, insistere nel far finire al personaggio gran parte dei suoi duelli privo di qualsiasi protezione, vestito solo di pantaloni di foggia tradizionale con una fasciatura che copre il seno.

Non manca, di contro, nemmeno il fan service rivolto alle lettrici: il personaggio di Gray che finisce sempre per liberarsi dei propri vestiti potrebbe rientrare comodamente in questa categoria. In ogni caso questa operazione è comunque mascherata, trasformata in character design: per Erza è il proprio stile di combattimento, per Gray un fondamento della sua stessa personalità. Tutto ciò, comunque, non spiega perché Lucy continui a perdere i vestiti in battaglia, e rischia di sembrare forzato.

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In conclusione, possiamo dire che Fairy Tail mostra delle criticità.
Questo ne fa un manga illeggibile? Certamente no. Come tutte le opere, bisogna considerare il fattore soggettivo del lettore che si approccia a quest’opera, oltre ai pregi che essa comunque presenta. Chi sa sopportare i più classici cliché degli shonen, guardare oltre l’assenza di una trama per quasi trecento capitoli e ignorare massicce dosi di spudorato fan service (o, magari, le apprezza), potrà senz’altro fruire di questa saga col sorriso, leggendola con grande piacere.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.