Sempre alla ricerca di persone capaci di cambiare la prospettiva da cui si guarda il mondo, noi di Stay Nerd ci siamo fortunatamente imbattuti in un talento italiano che ha consacrato la sua carriera all’estero e, per la precisione, nel mondo dell’animazione dove tra capolavori come Kung fu Panda, Il Principe d’Egitto, Spirit e il più recente Minions, ha dimostrato quanto e come il talento possa fare profondamente la differenza. Sulla scia della nostra ricerca di quelli che chiamiamo “hacker di idee”, abbiamo avuto la fortuna di incontrare in quel di IED Roma la talentuosa Cinzia Angelini. Cinzia ci ha raccontato del suo mondo, della sua passione e del suo prossimo ed incredibile lavoro: Mila.

Ciao, Cinzia, grazie di averci concesso questo tempo. È un onore per noi scambiare quattro chiacchiere con te. Vorresti presentarti ai lettori di Stay Nerd?

Mi chiamo Cinzia Angelini e vivo a Los Angeles dal 1997. Sono partita dall’Italia con la volontà di lavorare nell’animazione di alta qualità per la produzione di lungometraggi e fortunatamente ci sono riuscita. All’inizio sono andata a lavorare in Europa tra Londra e Monaco per Balto e altre produzioni. Poi nel 97 sono arrivata a DreamWorks dove ho lavorato a film come ll Principe d’Egitto, La strada per El Dorado, Spirit, Simbad ecc. Successivamente sono passata ad altri studi come Sony, Disney, e ora lavoro a Illumination Entertainment come Story Artist.

BaltoSfogliando il tuo ‘curriculum’ c’è davvero da avere paura. Hai iniziato davvero alla grande, occupandoti di Balto prima e successivamente del Principe d’Egitto. Come è stato iniziare con progetti di questa portata? Quanto ti hanno formata dal punto di vista artistico?

Sicuramente la scuola che ho fatto in Italia è stata valida come introduzione all’animazione, però la prima vera scuola è stata sul mondo del lavoro, in modo particolare con Amblimation e Balto, dove sono approdata come ultima ruota del carro pronta ad assimilare tutto. È quando ti butti in queste situazioni quotidiane con difficoltà e scadenze che impari davvero come lavorare a quei livelli. Poi quando sono passata a DreamWorks tutto si è intensificato a quel punto ero animatrice e lavorando con grandi professionisti ho davvero appreso molto.

L’inizio della tua sfolgorante carriera ti ha fatto approdare negli Stati Uniti, dove hai continuato a fare l’animatrice e ti sei occupata di Spirit. Com’è stato disegnare cavalli, visto che sono considerati tra gli animali più fastidiosi da mettere su carta? Quanto hai studiato prima di raggiungere il risultato giusto?

Spirit è stato uno dei film più difficili dal punto di vista tecnico perché era fatto con animazione tradizionale, ma mi ha insegnato tantissimo. Abbiamo fatto due mesi di training all’ippodromo dove passavamo metà giornata per intere settimane a disegnare cavalli dal vero con il supporto di specialisti di anatomia, perché è un animale molto difficile da gestire. Però uno studio di quel livello mi è servito tantissimo perché riuscire a realizzare un film come Spirit aumenta la capacità dell’animatore di disegnare e controllare i movimenti. Ho avuto inoltre l’opportunità di lavorare con James Baxster ed è stato molto importante per la mia carriera dal punto di vista dell’insegnamento. Inoltre è stato il primo film dove ho partecipato come animatore 3D perché dopo l’uscita di Toy Story tutti quanti, compresa DreamWorks, volevano buttarsi nel mondo della grafica digitale e proprio durante Spirit molti animatori tradizionali imparato a lavorare con la grafica 3D. Quindi realizzando questo film ho imparato anche a usare il programma Maya.

16.000000,8.000000

IMG_0750Infatti sappiamo che sei passata anche per la grafica computerizzata, lavorando a pezzi da novanta come Bolt, I Robinson e i corti sui Minions (che adoriamo, inutile negarlo). Come è stato il salto tecnologico? Ti sei trovata subito a tuo agio, o hai sofferto le tue origini ‘cartacee’?

L’entusiasmo è stato tanto. Dopo Spirit ho lasciato l’animazione tradizionale e ho fatto 9 anni di computer grafica, perché quella era la direzione presa dal settore.

E ora dicci, tra le due tecniche quale preferisci di più? Qual è quella che ti dà maggiore soddisfazione?

Non saprei dirti, mi piacciono entrambe. L’animazione tradizionale ha per me un valore emotivamente più forte, è quella che ho studiato prima e che vedevo da piccola e forse se fatta davvero bene, ha una marcia in più.

Finora abbiamo affrontato solo il versante ‘animazione’, ma in realtà tu sei una figura poliedrica, visto che hai importanti doti di Story Artist e Regista. Secondo te quanto sono correlate queste figure artistiche? E come riescono a convivere in una stessa persona?

Tutte queste posizioni sono molto legate tra di loro, perché un animatore deve conoscere un po’ di linguaggio cinematografico, chiaramente uno Story Artist ancora di più e se questo ne sa un po’ di animazione crea sequenze più fluide. Perciò sono capacità molto correlate. La combinazione tra animatore e Story Artist poi rappresenta uno dei migliori punti di partenza per cominciare una carriera da regista.

Ora ti stiamo per fare una domanda un po’ ruvida, e sei libera anche di non rispondere. Quanto ha inciso (in negativo o positivo) il tuo essere donna nella tua carriera? In altre parole, l’ambiente cinematografico è maschilista? Oppure si guarda solo a quanto uno lavori e sia capace?

Sicuramente è un ambiente maschilista, in Italia più che in America. Personalmente prima di partire a metà degli anni 90, lavorando solo un anno in Italia come professionista, ho sentito molto il fattore di essere donna ed essere per questo relegata al ruolo di cleaning up artist invece che animatore, quando io ho sempre voluto fare in realtà l’animatrice. In America è diverso, se uno è bravo viene notato, ma come donna devi sempre lavorare il doppio rispetto agli uomini. Tanto è vero che anche al giorno d’oggi la percentuale di donne negli studios oscilla tra l’8% e il 10%.

IMG_0770

Immagina di avere adesso un apprendista. Non uno stagista, ma proprio un apprendista come alla maniera delle botteghe dei grandi artisti rinascimentali. Qual è la prima cosa che gli/le insegneresti? E perché?

Gli insegnerei ad osservare e ad imparare a disegnare osservando la realtà, andare fuori, al parco, allo zoo, in qualsiasi posto. Sia per disegnare persone che animali, perché il punto di partenza è avere una libreria personale di pose e movimenti che poi stanno alla base di quello che tu interpreti e “rigurgiti” con un disegno. Se non hai alcun input è difficile creare qualcosa di interessante. Perciò innanzitutto è importante disegnare la realtà e poi specializzarsi nell’animazione, il layout, story board o qualsiasi altra cosa, ma il disegno è sempre alla base di tutto.

minions_2015-wideTu hai animato una serie di personaggi che si sono imposti nell’immaginario collettivo, che sono i Minions. Qual’è il segreto del successo di esserini che in Cattivissimo Me avevano addirittura un ruolo piuttosto marginale?

I Minions sono personaggi vincenti perché sono semplici e tutti li riconoscono come bambini. Per i bambini stessi sono quindi compagni mentre gli adulti li vedono come creature buffe e simpatiche che fanno ridere. Illumination ha trovato quindi una carta vincente che sta sfruttando nel modo migliore. Hanno un dipartimento di marketing che trovo fantastico perché i prodotti che si trovano in giro e che sostengono il film sono di alta qualità, inoltre fanno scelte di teaser e trailer davvero indovinate.

Cinzia, sappiamo del tuo progetto in solitaria, non possiamo negarlo. E siamo curiosi di sapere di tutto e di più su Mila. Innanzitutto, come procedono i lavori? Puoi raccontarci qualcosa della trama, dei personaggi e delle ambientazioni? Tu in che veste stai firmando il film?

Io sono la regista. Mila parla di una bambina che si trova sola nel mezzo dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, precisamente a Trento. Ma il film è universale e non vuole essere specificatamente rivolto al pubblico italiano.Vuole parlare di quello che succede dentro la testa di un bambino che si trova in mezzo ad un conflitto, tema purtroppo sempre attuale. Il progetto è portato avanti volontariamente da 200 artisti che lavorano online da 25 paesi, ho avuto un contributo da Trentino Film Commission e dalla Fondazione Cassa Rurale di Trento, però sono sempre alla ricerca di altri sponsor che possano sostenerci. Speriamo di finire l’anno prossimo, stiamo iniziando la terza sequenza di animazione su un totale di 6. La qualità di Mila, dopo 20 anni di lavoro nell’animazione in America, non può che essere quella di un grande studio e anche se non abbiamo grosse capacità di budget, ho “ingaggiato” i migliori artisti che vogliono partecipare al progetto da tutto il mondo.

11118441_10206410401567546_1980578065_nCome fai a coordinare tutto, tra fusi orari, impegni e scadenze?

Su Mila si lavora 7 giorni alla settimana, 24 ore su 24 proprio perché i collaboratori sono sparsi in molte zone del mondo. I meeting li facciamo via Skype e con l’aiuto di un team di supporto ci coordiniamo ogni giorno.

Vista l’impronta prettamente cinematografica che stanno prendendo, ti piacerebbe lavorare nello sviluppo di un videogame? E se sì, avresti già in mente il genere?

Io credo che alla fine quando si vuole creare qualcosa di una certa qualità si debba fare una cosa sola. Al momento mi sto concentrando sulla mia capacità di raccontare storie e diventare un buon regista. Ho però avuto l’occasione di lavora alla realizzazione di Uncharted. In futuro comunque, non si sa mai.

Un consiglio per approcciarsi a questo lavoro e ottenere i tuoi risultati?

Darsi un obiettivo, sapere dove si vuole arrivare e lavorare tantissimo finché non si arriva a quello che si vuole, fare senza farsi influire negativamente dall’esterno. Mai, mai e mai rinunciare ad un sogno.

A cura di Raffaele Giasi e Eugene Fitzherbert

Foto nell’articolo per cortesia di IED Roma – Foto by Andrea Vittozzi