Biker Mice da Marte: chi non solletica con noi, non si diverte!

Suona la radio sveglia. Ancora una volta la stazione di turno ti propina Boombastic di Shaggy. “Mr. Lover Lover, Mmm, Mr. Lover lover” ad ogni ora. Su ogni stazione. Non si scampa. Gli occhi ancora annebbiati scrutano in lontananza il tuo zaino Seven rosso e verde fluo e ti ricorda due cose: che tra poco più di un’ora sarai seduto dietro un banco, educazione tecnica in prima ora, e che hai dei gusti orribili. Poi ripensi all’orrido diario di Melrose Place della tua compagna di banco e la cosa ti rincuora, soprattutto perché sei consapevole di possedere il diario più bello mai creato. L’Ideario Disney, rigorosamente giallo, con Paperino a farla da protagonista e una copertina morbida come un bel ricordo.

A colazione poche storie: il tuo rigoroso regime alimentare ti impone di cibarti unicamente con un Soldino Mulino Bianco, che scatena il consueto dilemma morale mattutino. Iniziare dalla moneta di cioccolato o dal pan di spagna? Questione di priorità, anche se come ogni mattina l’edenica bontà di quella moneta di cioccolato viene interrotta dal solito pensiero ricorrente, che ti avvelena il risveglio da un anno: ma perché Baggio ha calciato così male quel rigore maledetto?

Non è un sogno, quello che stai vivendo è l’8 novembre 1995 e tu stai per andare a scuola. Non prima di aver controllato l’oroscopo sul tuo My Magic Diary. Nove stelle su dieci: sarà una giornata memorabile! Non come ieri, quando hai dovuto chiamare il tuo migliore amico a casa e, come sempre, ti ha risposto suo padre, causandoti i solito tono di voce da Alvin dei Chipmunks. Se solo ogni persona avesse un telefono tutto suo, l’imbarazzo sarebbe debellato!

A scuola come sempre il dibattito si fa intellettualmente stimolante: è più forte Beppe Signori, Batistuta o George Weah? “Igor Protti“, ribatte il proto hipster di turno. E poi la consuetudine del lancio apotropaico della manina appiccicosa sul soffitto. Non prima di aver citato a memoria un pezzo de Il Re Leone, che hai appena comprato in VHS. In realtà è una delle poche videocassette originali che hai, sotto sotto ti sei sempre vergognato quando prima del tuo classico preferito dicevano “È un vero Walt Disney solo se ha la garanzia di autenticità di questo simbolo”. Tu quell’ologramma fatato l’hai visto solo a casa degli amici. Dopo aver concluso la tua mattina di impegno scolastico, scambiando uno dei pochi Squalibabà che ti mancava, torni a casa.

È uno di quei pomeriggi in cui i libri e i compiti possono anche aspettare. Stai per accendere il tuo amato Super Nintendo, amico fedele nonché acerrimo nemico dello studio. Ti hanno prestato Super James Pond e non vedi l’ora di provarlo. Hai letto uno speciale su Consolemania e in un secondo ti è venuta voglia di comprarlo. Peccato che la tua intera paghetta sia stata destinata all’acquisto di Weaponlord e il tuo disappunto sia direttamente proporzionale alla difficoltà del gioco. Guardi l’ora sul tuo Swatch, ancor più colorato del tuo zaino Seven, e ti accorgi che sta per farti compagnia un altro dei tuoi affidabili modi per procrastinare compiti e incombenze.

L’eterna sfida tra Ramarri Verdi e Pantere Rosa, la sontuosa conduzione di Mauro Serio e di Elisabetta Ferracini, l’enigmatica presenza di Lenticchia. In poche parole Solletico. Che ti ricorda sempre quante volte hai provato a prendere la linea per giocare a Stellaris e “colora il quadro”. Ma soprattutto ti ricorda che sta per iniziare uno dei tuoi cartoni preferiti.

Dopo esserti sorbito l’ennesima pubblicità di un’improbabile nuova macchina di Action Man e, soprattutto, della Base Aquila Nera delle Micro Machine (urgono al più presto svariate banconote da diecimila lire), ecco che parte la sigla.
In un mondo cartoon in cui le sigle sono più emozionanti e significative di quasi tutte le edizioni di Sanremo messe insieme, ecco invece il minimalismo più estremo. Alcuni suoni provenienti da un altro pianeta e da un’altra epoca, forse un segnale d’avvertimento lanciato da Al Gore, e poi “Biker Mice da Marte”, una frase ripetuta più volte e più ipnotica che mai. Poi schitarrate degne del peggior gruppo Metal del mondo, ma capaci di creare pathos e aumentare la potenza di quello che stai osservando sulla tua Tv 28 pollici, tanto profonda, quanto pesante.

Tre moto rompono, con una prepotenza mai vista, il muro di una torre che spunta dal nulla, nella desolazione più assoluta del suolo di Marte. A bordo tre topi antropomorfi, che subito indossano il casco, lanciando un segnale agli spettatori a casa. La sicurezza prima di tutto. Poi spavaldi e fieri non si curano dei raggi laser che colpiscono, senza scalfire, la carena delle loro moto. Bagliori provenienti dai fanali a forma di teschio di inseguitori, che fanno capire subito che su Marte la situazione è peggio di quella delle più tetre favelas di Rio De Janeiro. In un attimo però eccoci a Chicago, prima uscita del raccordo marziano. Qui il contesto cittadino non è dei migliori e tra esplosioni, improbabili salti mortali e una città devastata dalla corruzione e depredata delle sue risorse, i tre topi centauri mostrano repentinamente di che pasta sono fatti, davanti allo sguardo di Lawrence Limburger, losco boss di Chicago.

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Biker Mice da Marte: chi erano davvero?

Dal 1995 torniamo al presente. La nostalgia spesso regala lenti idealizzanti, sfoca i ricordi, eliminandone imperfezioni e donando un’aura immortale di sacralità. Eliminando quest’effetto straniante, chi erano realmente i Biker Mice da Marte?

Dietro ai centauri roditori si celava una figura importante nel panorama cartoon: Richard “Rick” Ungar. Ceo della Marvel Entertainment, Ungar aveva prodotto serie di successo, quali Insuperabili X-Men, I Fantastici Quattro, Iron Man e L’incredibile Hulk. Poi nel 1993 ha un’idea apparentemente illuminante, maturata sulla scia del successo planetario delle Tartarughe Ninja, che avevano saldamente in mano lo scettro di creature geneticamente modificate più amate dai bambini nati nella prima metà degli anni ottanta.

Nessun mutante stavolta, nessuna trasformazione, i tre protagonisti ideati da Ungar sono topi antropomorfi e vengono da Marte. Guidano moto e sul loro pianeta hanno lingua, usanze e abitudini uguali a quelle degli uomini. Non fa una piega! Vivrebbero in tranquillità sul loro pianeta natio, trastullandosi in manovre motociclistiche ardite e percorrendo l’intera superficie marziana come centauri in Harley. Peccato che Marte e le sue preziose risorse (dunque c’è vita sul pianeta rosso!) siano state depredate dai plutarchiani, colonialisti con le fattezze di disgustosi pesci umanoidi. Dopo aver esaurito le risorse del proprio pianeta, questi turbocapitalisti squamati si dilettano nel prosciugare altri mondi, riducendoli a distese desolate e disabitate.

Tra i pochi sopravvissuti alla devastazione plutarchiana su Marte ci sono Sterzo, Turbo e Pistone, che nella versione originale sono conosciuti come Throttle, Vinnie e Modo. I tre fuggono a bordo di un’astronave, che viene abbattuta e precipita sulla terra, precisamente a Chicago. Qui fanno subito conoscenza di Charlene “Charley” Davidson, meccanica e proprietaria dell’officina “L’ultima spiaggia”, che ovviamente diventa tappa fissa dei tre motociclisti.

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Come nelle Tartarughe Ninja i tre protagonisti hanno un’identità marcata, con tratti fisici e caratteriali differenti e ben delineati.

Sterzo ha una pelliccia marrone, un ciuffo alla Brandon di Beverly Hills 90210 e indossa una tenuta a prova di cambio di stagione, contraddistinta da una bandana rossa e un giacchetto di pelle nera 100% tamarro. Non si priva mai dei suo occhiali con lenti verdi, ma in questo è giustificato: un incidente gli ha danneggiato la vista. È il leader del gruppo, intelligente e posato come ogni capo di un cartone degli anni novanta. Predilige il combattimento corpo a corpo, abusando del suo guanto potenziato. Ogni tanto è dolcemente accompagnato dalla sua mousefriend Carabina (poi misteriosamente diventata Rubina nella seconda stagione), leader dei Freedom Fighters, gruppo d’opposizione e resistenza marziana al dominio made in Plutark.

Pistone invece è grigio come il cemento, alto e possente. Vittima come Sterzo di un incidente, ha una benda sull’occhio e un braccio bionico, accessoriato con un raggio laser sempre pronto a cuocere a puntino il plutarchiano di turno. Nonostante l’aspetto, è stucchevolmente buono e gentile, sempre pronto a difendere i più deboli. Non chiamatelo topo però, potrebbe arrabbiarsi di brutto e il suo occhio illuminarsi di rosso. La sua moto si chiama Puledrina (Lil ‘Hoss nella versione originale), unico bolide ad essere rinominato, probabilmente il mezzo più potente del cartone, mostrando inoltre segni avanzati di intelligenza artificiale.

L’ultimo componente della banda marziana è Turbo, dalla pelliccia bianca e dall’ego smisurato. Incredibilmente vanitoso e presuntuoso, ha successo con le donne e fa del rischio il suo pane quotidiano, mostrando abilità di guida ben al di sopra di quelle dei suoi compagni.

Come gli altri due mostra menomazioni, avendo metà viso bruciato e coperto da una placca di metallo. Nonostante la sua natura da roditore, repelle il formaggio, adorando invece la presenza di Charley, che lo respinge puntualmente, creando la linea comica della serie e rendendolo di fatto la risposta dei Biker Mice a Michelangelo delle Tartarughe Ninja. Nella versione americana è doppiato da Ian Ziering, famoso per aver interpretato Steve (il biondo riccone) in “Beverly Hills 90210”.

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I cattivi di turno ovviamente erano stereotipati fino al midollo. Lawrence Loctavius Limburger è un plutarchiano vestito da umano, vestito come un gangster anni 30 e boss di Chicago, di cui controlla gran parte delle azioni commerciali con le sue Limburger Industries. Dietro ai suoi già loschi piani umani, nasconde ovviamente interessi plutarchiani: rubare risorse e spedirle sul suo pianeta. Peccato che al termine di ogni episodio la sua torre, la Limburger Plaza, venga puntualmente distrutta, come i suoi piani diabolici. Appurata la sua doppia natura uomo/pesce sovviene un dubbio: e se le teorie sui rettiliani fossero nate dai Biker Mice?

Accanto a Limburger ovviamente ci sono i suoi scagnozzi: il diabolico e sadico scienziato Carbonchio, la mente, e Morchia, tanto grosso quanto stupido. Carbonchio con il suo trasportatore dimensionale inoltre proietta sulla terra il nuovo nemico di turno, con l’unico ricorrente scopo di fermare i Biker Mice. Ognuno ha il suo scopo nella vita!

Tutti i richiami del cartoon

Il fascino dei 65 episodi di Biker Mice è duplice. Da una parte sono encomiabili i continui rimandi di matrice ecologista, che lanciano una feroce critica allo sfruttamento delle risorse naturali perpetuato dai Limburger di turno. Una linea che era stata già approcciata da Captain Planet nel 1990, ma l’intento ambientalista della creazione di Ted Turner non era coadiuvato da una qualità realizzativa all’altezza del nobile proposito. Il Pianeta Marte dei Biker Mice e i Freedom Fighers generano echi lontani, ricordando le gesta dei movimenti di liberazione di matrice neozapatista sudamericana, inneggiando costantemente all’anticapitalismo e alla lotta armata proletaria in favore dei deboli.

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Altrettanto affascinante è il richiamo continuo al mondo biker a stelle e strisce. Il personaggio di C-Harley Davidson ne è un esempio lampante, ma gli easter egg d’estrazione motociclistica sono una costante all’interno della serie. Uno dei gruppi musicali più ascoltati nella radio di Chicago sono i Guns ‘n’ Noses! Anche i modi di dire dei tre protagonisti omaggiano il mondo dei centauri americani. Non a caso Rick Ungar ha definito la serie: “Il primo cartone Heavy-Metal della storia”.

La sveglia a forma di mulino bianco trilla. È tempo di andare. A lavoro, all’università. Oppure in soffitta, a rispolverare il minivan delle Micro Machines, contando i Kombattini sopravvissuti alle battaglie del tempo, rimontando gli sbullonati e riaccendendo il Gig Tiger di Double Dragon. All’ombra del Tecnodromo.

Leone Auciello
Secondo la sua pagina Wikipedia mai accettata è nato a Roma, classe 1983. Come Zerocalcare e Coez, ma non sa disegnare né cantare. Dopo aver imparato a scrivere il proprio nome, non si è mai fermato, preferendo i giri di parole a quelli in tondo. Ha studiato Lettere, dopo averne scritte tante, soprattutto a mano, senza mai spedirle. Iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2006, ha collaborato con più di dieci testate giornalistiche. Parlando di cinema, arte, calcio, musica, politica e cinema. Praticamente uno Scanzi che non ci ha mai creduto abbastanza. Pigro come Antonio Cassano, cinico come Mr Pink, autoreferenziale come Magritte, frizzante come una bottiglia d'acqua Guizza. Se cercate un animale fantastico, ora sapete dove trovarlo.