Polemica per il gusto della polemica?

Quando venne annunciato La Terra di Mezzo: l’Ombra di Mordor in pochi credevano che questo titolo potesse dimostrarsi così valido. Si trattava, dopotutto, dell’ennesimo videogioco spremuto da un franchise che sembrava aver dato ormai tutto, e che perciò difficilmente avrebbe potuto proporre qualcosa di originale.

La sorpresa, quando mettemmo mano per la prima volta a questo gioco, fu grande. Rispetto ai molti dei predecessori che si limitavano a prendere frammenti più o meno grandi dell’epopea di Tolkien per riproporli in contesto videoludico, senza vere e proprie innovazioni, quel titolo si dimostrava sorprendente.

Pur prendendo spunto da molti altri giochi del genere, non si può contestare che l’Ombra di Mordor brilli di luce propria grazie all’innovativo sistema Nemesis, grazie al quale la sfida portata avanti dall’Intelligenza Artificiale si è rivelata qualcosa di più di una mera formalità da superare per completare la trama.

Ci siamo trovati di fronte a nemici che, talvolta, ci sono apparsi imbattibili, visto quanto era difficile studiare la loro uccisione, costringendoci alla fuga o a concludere le nostre battaglie esclusivamente grazie a veri e propri colpi di fortuna. Avversari capaci di ricordarsi di noi e provare sincero rancore per il modo in cui li avevamo sconfitti.

La validità del gioco realizzato dallo studio Monolith ha convinto grandi fette di pubblico e la critica specializzata. Eppure non è stato immune da diverse diatribe.

Quello che sorprende è che raramente viene contestata la validità del titolo in sé. Sotto accusa è la sua fedeltà all’opera originale, quel Signore degli Anelli che tanta fortuna ha avuto nella storia della letteratura.

A livello di trama le libertà prese dagli sceneggiatori sono state consistenti, andando spesso a cozzare con il canone tolkieniano e comportando un certo malcontento tra chi considera Verbo quanto scritto dal Professore di Oxford. Ma sarà davvero così?

L’Ombra di Mordor, primo titolo di questa affascinante serie videoludica, già dal principio dimostrava alcune divergenze con gli scritti di Tolkien. Lo sceneggiatore, Christian Cantamessa, ha sfruttato alcune lacune o eventi non narrati dal Professore per poter creare una storia del tutto originale. Sin dal principio non ha fatto mistero del fatto che la storia sarebbe stata avulsa da quella del Signore degli Anelli e dai libri della Terra di Mezzo, eppure questo non sembra aver fermato alcuni dei detrattori peggiori.

Cerchiamo, allora, di riconsiderare gli eventi dell’Ombra di Mordor alla luce di quanto conosciamo del canone di Tolkien. Proviamo a trovare una spiegazione, libri della History of Middle-Earth alla mano, per capire quanto sia andata fuori rotta la trama di questo gioco. E, per contro, quanto le critiche rivolte al gioco dalla fronda dei lettori puristi possano essere consistenti.

Pur trattandosi di un gioco uscito da tempo e di cui molti avranno già visto il finale, invitiamo gli altri lettori a non proseguire la lettura a causa degli spoiler.

Un Anello per Domarli tutti… o no?

Prima di tutto… una piccola nota cronologica. Il momento in cui si possono collocare gli eventi del videogioco, in maniera abbastanza certa, è il 2951 della Terza Era. Sappiamo questo grazie all’appendice B del Signore degli Anelli, la Cronologia della Terra di Mezzo a partire dai primi anni della Seconda Era, dove Tolkien indica quest’anno come quello in cui Sauron avrebbe fatto ritorno a Mordor, ricominciando a costruire il suo potere. Gli eventi narrati nell’Ombra della Guerra, invece, potrebbero collocarsi a cavallo tra il 2953-2954, quando il Monte Fato torna a eruttare, costringendo molti abitanti dell’Ithilien a scappare.

Quando inizia il gioco facciamo la conoscenza del protagonista, Talion, e di quello che diverrà il suo principale alleato, lo Spettro. Superando alcune sidequest scopriremo che il fantasma elfico altri non è che Celebrimbor, il leggendario artefice dell’Eregion che forgiò gli Anelli del Potere. A richiamarlo dalla morte è stato un generale di Sauron, la Mano Nera. Il sacrificio di Talion e della sua famiglia doveva servire a richiamare lo spirito dell’elfo dalla morte e sfruttare le sue conoscenze.

Questo, in effetti, è stato uno dei primi motivi di critica. Il destino successivo alla morte non è un mistero per gli elfi. I Primogeniti di Eru, infatti, dopo la loro dipartita vanno nelle Aule di Mandos, il Vala della Morte e del Destino, ovvero una delle “divinità” di Arda. Il loro spirito deve soggiornare per un certo periodo nelle sale, in attesa del loro destino successivo. Si potrebbe pensare a un caso simile a quello di Glorfindel, il quale sarebbe una reincarnazione vera e propria del Glorfindel caduto a Gondolin nella Prima Era, anche se lo stesso Tolkien si era mostrato molto restio a rendere la cosa esattamente come un ritorno dall’oltretomba. Più volte il Professore pensò di modificare il passaggio per distinguere in maniera netta i due personaggi, ma in concreto non venne poi fatto nulla per alterare questo passaggio.

Se gli spettri sembrano essere una presenza costante nelle storie di Tolkien (esclusi i Nazgùl, potremmo pensare allo Spettro dei Tumuli esorcizzato da Tom Bombadil) il caso di un’anima richiamata dalle Aule di Mandos è in effetti un caso che ha un solo precedente nella storia, quando il Vala, prima e unica volta nella sua millenaria esistenza, si commosse di fronte alle suppliche di Luthien, concedendo a lei e all’amato Beren di fare ritorno nella Terra di Mezzo. Certo qui il caso è un po’ diverso.

Un secondo punto interessante, e che ha portato diversi lettori a interrogarsi della validità di questa scelta, riguarda l’identità della Mano Nera. Solo alla fine della storia scopriremo la realtà su questo nemico: egli è Sauron in persona, il quale ha posseduto il corpo di un suo servitore. Sauron, in effetti, privato dell’Anello del Potere non può assumere forma fisica, ma è ancora in grado di toccare le menti e soggiogare le persone (basti pensare a Saruman, che entrato in contatto con lo spirito dell’Oscuro Signore grazie al Palantir è stato sottomesso alla sua volontà).

Tralasciamo per il momento il fatto che Sauron sarebbe tornato a muovere guerra alla Terra di Mezzo circa sessant’anni prima di quanto narrato ne Il Signore degli Anelli senza che della cosa si faccia menzione (questo tipo di “retcon” potrebbe essere ancora spiegato successivamente). Casi di possessione, nella Terra di Mezzo, ne abbiamo già visti, almeno per quanto riguarda le trasposizioni cinematografiche, anche se il caso qui è decisamente diverso. La Mano Nera sacrifica se stesso per permettere a Sauron di assumere una forma fisica, non siamo di fronte alla possessione che Saruman opera ai danni di Theoden di Rohan.

Il paragone più interessante potrebbe venire da un confronto tra questa situazione con quella degli Istari, i cinque stregoni inviati dai Valar nella Terra di Mezzo.

Nei Racconti Incompiuti troviamo un breve estratto in cui i Valar sono riuniti a concilio per discutere della situazione di Sauron. Sono consapevoli che il servo di Morgoth un giorno tornerà e decidono, per contrastarlo, di inviare nella Terra di Mezzo degli emissari che possano combatterlo. Si tratta di cinque Maiar, ovvero entità che come i Valar hanno assistito alla Musica degli Ainur, la creazione stessa di Arda per mano di Eru Ilúvatar. I cinque, di cui faranno parte anche Saruman, Gandalf e Radagast, dovranno però vestirsi di carne, in modo da provare quello che provano gli abitanti della Terra di Mezzo. Un modo, insomma, per creare empatia tra gli inviati dei Valar e i figli di Ilùvatar, i Primogeniti Elfi, i Secondi Nati Uomini e gli Adottati Nani.

Sotto questo punto di vista dobbiamo ricordare che anche Sauron è un Maia. Alla separazione dall’Anello il suo spirito è sopravvissuto, per quanto debole. Non è quindi impossibile credere che, al pari degli altri Maiar inviati dai Valar, egli sia stato in grado di possedere un corpo, vestendosi di carne per poter portare avanti i propri piani di conquista.

Più complessa e, per molti, difficile da accettare è la parte relativa alla duplicazione dell’Anello del Potere.

Qui la storia ha iniziato a cambiare radicalmente, prendendo una piega decisamente inaspettata. Secondo quanto narrato nelle fasi finali del gioco, Celebrimbor sarebbe stato costretto da Sauron a perfezionare l’Unico Anello. Questa azione sconsiderata da parte dell’Oscuro Signore avrebbe quindi permesso a Celebrimbor di modificare la natura stessa dell’Anello, permettendogli si sottrarlo a Sauron per rivoltarlo contro di lui. Solo dopo un’aspra lotta il signore Oscuro sarebbe riuscito a sconfiggere di nuovo l’artigiano elfico, riprendendo possesso dell’Anello.

Questi cambiamenti, di per sé, non vanno a intaccare o cambiare quanto narrato dalle pagine finali del Silmarillion. Di certo immagina una fine ben più epica per Celebrimbor che, nel momento in cui Sauron indossò l’Unico, si diede alla fuga, portando con sé i tre anelli degli elfi; catturato, fu costretto sotto tortura a rivelare dove avesse nascosti i sette anelli dei nani e i nove degli uomini. Sempre grazie alla cronologia, potremmo collocare questo evento tra il 1600 della Seconda Era, anno in cui Sauron forgiò l’Unico, e il 1697, anno in cui Celebrimbor fu ucciso e il suo corpo venne crudelmente esposto dagli orchi come vessillo di guerra. Un secolo intero, di cui conosciamo solo un evento, ovvero di quando, pochi anni prima della sua morte, il fabbro nipote del grande Feanor avrebbe consegnato a Galadriel e Gil-Galad i Tre Anelli Elfici (1693).

In questo caso gli sceneggiatori del videogioco hanno sfruttato un lasso di tempo abbastanza lungo e con così poche informazioni da poter permettere di inventare una storia (si collocherebbero in questo periodo gli eventi del DLC “Il Lucente Signore”).

Ma non è stato tanto questo ad aprire una piccola diatriba tra i lettori di Tolkien. Il gioco si chiude con una frase, qualcosa che per i lettori di Tolkien puristi non può essere facilmente accettata: “è tempo di forgiare un nuovo Anello”.

L’effettivo numero dei Grandi Anelli è cosa nota. Come narra la canzone:

Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra…

Sauron, dopo la sconfitta di Morgoth, rimase per quasi cinquecento anni disperso. Solo dopo quel periodo iniziò a comparire nella Terra di Mezzo, presentandosi come un Annatar, il Signore dei Doni, millantando di essere un messaggero dei Valar. Fu in questo periodo che cominciò a dispensare artefatti da lui creati tra gli elfi, entrando particolarmente nelle grazie dei Noldor e stringendo amicizia con Celebrimbor, ultimo discendente di Feanor nella Terra di Mezzo.

In questo periodo potrebbe collocarsi la creazione anche di un certo numero di anelli magici. Gandalf, nel secondo capitolo del Signore degli Anelli, sottolinea come i Gwaith-i-Mirdain, i fabbri Noldor dell’Eregion, abbiano forgiato diversi anelli del potere, riferendosi a versioni minori di quegli stessi oggetti tanto bramati da Sauron. Questo, quindi, non pone limiti al numero di anelli presenti nella Terra di Mezzo, né impedisce che qualcuno con le conoscenze necessarie possa crearne di nuovi.

Sauron avrebbe realizzato con i Noldor i Nove anelli destinati agli uomini e almeno sei dei Sette anelli dei nani (secondo alcuni scritti il Settimo, l’Anello di Durin, amico personale di Celebrimbor, pur realizzato secondo le indicazioni di Sauron non sarebbe mai stato toccato dalla sua mano); i Tre, l’Anello d’Acqua Nenya, l’Anello di Fuoco Narya e l’Anello d’Aria Vylia, furono un’opera personale di Celebrimbor, su cui Sauron non ebbe mai influenza. L’Unico Anello venne creato da Sauron in gran segreto, nelle profondità del Monte Fato.

La creazione di un “secondo Unico” appare quindi abbastanza strana. Pur accettando l’idea che Celebrimbor abbia le conoscenze necessarie per creare un nuovo Anello del Potere, più complesso è cercare di determinare l’entità dei suoi poteri e quali effetti esso possa avere nei confronti degli altri Anelli. Se consideriamo valido quanto narrato dal primo capitolo del gioco, dobbiamo anche credere che questo nuovo Anello abbia poteri del tutto simili all’Unico forgiato nel Monte Fato. Ma questo, ovviamente, comporta anche una capacità di soggiogare gli altri Anelli del Potere, inclusi i Tre, gli esemplari sopravvissuti dei Sette e, soprattutto, i Nove.

Le implicazioni in quest’ultima cosa sono abbastanza vaste: Talion, in possesso di questo Anello, potrebbe per assurdo far rivoltare contro Sauron i suoi più fidati servitori, i Nazgùl, i quali devono il proprio potere proprio grazie all’influenza degli Anelli.

Dobbiamo a questo punto però fare una distinzione: Sauron, nel creare l’Unico, vi riversò gran parte del proprio potere e della propria essenza vitale. Motivo per cui Sauron viene separato dal proprio corpo quando viene separato dall’Anello e per cui il suo spirito continua a esiste finché esso non viene distrutto.

Non bisogna dimenticare che l’Oscuro Signore è un Maiar, per giunta nella sua forma originale al momento della forgiatura dell’Unico, ed è quindi un essere di potenza incredibile, con pochi eguali nella Terra di Mezzo (Gandalf e Saruman, entrambi Maiar alla pari di Sauron, essendosi incarnati in corpi mortali, cosa che ne ha ridotto drasticamente i poteri). L’Anello forgiato da Celebrimbor, mostrato nel trailer dell’Ombra della Guerra, difficilmente potrà avere poteri eguagliabili all’Unico. Più facile è che esso conferisca a Talion un vantaggio dovuto anche alla condizione di Sauron che, incarnatosi momentaneamente nel corpo del suo servitore, è costretto a provarne anche le debolezze.

Difficile, quindi, che l’Anello di Celebrimbor possa realmente rivaleggiare con l’Unico Anello. Più facile che si tratti di un oggetto potente, simile agli Anelli Elfici, ma che a dare un vantaggio sia soprattutto la momentanea incarnazione di Sauron.

E veniamo a l’ultimo piccolo contenzioso che si è venuto a creare tra i puristi e i fan del gioco: la presenza di un personaggio dalla pelle nera.

Abbiamo lasciato volutamente per ultima questa diatriba proprio perché, tra tutte, sembra essere quella meno consistente, sotto diversi punti di vista. Tralasciando le tematiche ben più scottanti che essa potrebbe toccare, dobbiamo iniziare a concentrarci su altre questioni: possono esistere uomini dalla pelle scura in Arda?

La domanda da porsi è esclusivamente questa. Semplicemente perché del personaggio in questione al momento non sappiamo niente, salvo che si tratterebbe di un nuovo soldato di Gondor. Non conoscendo alcun particolare della sua storia personale, non possiamo certo saltare alla conclusione che Monolith abbia deciso di dare più diversità etnica al popolo di Gondor. Più probabile è che si tratti di un esponente di un’altra popolazione, integrato nei ranghi dei soldati di Minas Tirith. Perciò, si torna alla domanda iniziale, dobbiamo chiederci se possano esserci anche etnie di pelle nera in Arda.

La risposta è che nulla lo vieta. Le popolazioni che noi vediamo all’interno dell’epopea del Signore degli Anelli non sono che una minima parte di quelle presenti nell’universo creato da Tolkien. Nel corso del concilio di Elrond Aragorn parla dei suoi innumerevoli viaggi. Forte della longevità dei numenoreani, il futuro re Elessar ha potuto compiere avventure fino a luoghi non segnati sulla mappa della Terra di Mezzo che siamo soliti conoscere. Nelle sue parole sostiene di aver percorso “[…] molte pianure, fin nei paesi lontani di Rhûn e Harad, dove le stelle sono estranee”.

Insomma, un vero e proprio emisfero sud, dove le costellazioni note agli abitanti di Gondor e dell’Eregion non sono note. Davanti a questo fatto non è difficile credere che gli sceneggiatori de L’Ombra della Guerra abbiano voluto inserire una nuova popolazione che, in qualche modo, potrebbe aver avuto contatti con i gondoriani, spingendo alcuni dei propri esponenti verso nord per esplorare queste nuove regioni. Dopotutto già Graug e Caragor erano stati inseriti nel primo gioco, e nessuno ha fatto fatica ad accettarli, rispettivamente, come specie di troll e di warg tipici di Mordor.

Da quanto possiamo vedere, quasi tutte le grandi e piccole controversie nate attorno a questa coppia di titoli sembra essere determinata da una precisa scelta di sceneggiatura: interpretare alcune lacune negli scritti di Tolkien in maniera molto libera, reinterpretando altri passaggi della Storia della Terra di Mezzo per poter realizzare una trama originale.

Le scelte compiute dal team creativo dopotutto non sembrano compromettere minimamente la qualità del gioco in sé. Dobbiamo iniziare a domandarci, quindi, se quanto si è detto attorno a questo titolo sia una valida presa di posizione da parte dei lettori, o una polemica sterile. Considerato che molti dei punti dolenti riguardanti il gioco potrebbero essere chiariti con la sua imminente uscita, non possiamo fare altro che attendere e goderci questo titolo che, al pari del precedente, promettere di regalare ai videogiocatori un’esperienza coinvolgente e appassionante. Pur prendendosi diverse libertà interpretative.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.