Intervista a Savino e Simeone, gli autori di “Vivi e Vegeta: un noir vegetariano”

Al Lucca Comics and Games del 2018 Stay Nerd ha avuto l’onore di scambiare due chiacchiere con gli autori di Vivi e Vegeta, fumetto rivelazione del 2016 vincitore del premio Attilio Micheluzzi come miglior webcomic e pubblicato in seguito da Bao Publishing. Poche settimane fa, è uscito il secondo capitolo Vivi e Vegeta 2: Odio di Palma che abbiamo recensito in antemprima e durante la manifestazione lucchese abbiamo approfondito direttamente con Savino e Simeone i retroscena della loro opera.

intervista a francesco savino e stefano simeone

Cominciamo subito con una domanda tostissima: quante piante avete in casa?

Savino: La risposta è molto sintetica: nessuna. Vive e Vegeta è nato proprio perché mio padre, che al contrario di me ha un gran pollice verde, durante l’estate partì per una vacanza e mi chiese di annaffiare le piante che aveva curato con grande amore. Io me ne sono bellamente dimenticato e una volta tornato le ha trovate tutte morte. E da lì, diciamo così, è nato un seme dentro di me che mi ha fatto venire il desiderio di scrivere di piante.

Quindi tuo padre sarà stato felicissimo quando gli hai fatto vedere questo fumetto…

Savino: Era commosso. Il primo volume di Vivi e Vegera è dedicato proprio a questo incidente qui.

Simeone: Allora, io ho… Un basilico, una salvia maxima di nome Matteo, che è molto resistente, “populista”, poi ho una pianta himalayana a nastrino, una grassa all’ingresso, una finta fuori dal balcone e il filodendro, che sarebbe praticamente una pianta a foglie con dei buchi molto carina.

Ho quasi il sospetto che casa tua sia una sorta di serra…

Simeone: In realtà ho diverse piante, perché recentemente ho scoperto il pollice verde…

Savino: Al contrario dello sceneggiatore…

Visto che siamo in tema “verde”: avevate già deciso di dotare questi personaggi vegetali di una forma antropomorfa o all’inizio avevate pensato a qualcosa di diverso?

Simeone: Ho iniziato con l’idea molto precisa di renderli da subito realistici in modo che poi potessi farli recitare con efficacia. Non volevo i pupazzoni. Ovviamente, se disegni con un tratto sintetico hai una certa gamma minima di emozioni che puoi trasmettere, mentre se fai qualcosa di più complesso hai la possibilità di mostrare varie sfumature, naturalmente il tutto sempre integrato con il testo.

Savino: Vorrei aggiungere che Stefano è riuscito benissimo a dare la giusta espressività, la giusta dinamicità a dei fiori e a delle piante, questo poi ha permesso a me di raccontare la storia nel migliore dei modi. Anche perché spesso quando uno pensa a dei fiori, o a degli animali, antropomorfi pensa ad una vena più umoristica che in questo caso non c’è. Ma è stata proprio la caratterizzazione operata da Stefano a permettermi di sviluppare la trama come meritava ed evitare di sfociare nell’umoristico.

Hai menzionato lo humour, che in realtà è in una mimina parte presente anche se non è da solo. Infatti, fin dal primo volume Vivi e Vegeta ha dato la sensazione di essere un caleidoscopio di diversi generi narrativi, come il noir, il paranormale, la parodia sociale, senza dimenticare i costanti riferimenti alla cultura pop. Da dove nasce la scelta di creare un mosaico così ricco?

Savino: La scelta nasce dal nostro sguardo, dalla nostra prospettiva, sia alla società contemporanea e sia a ciò che ci circonda. Nel momento in cui abbiamo buttato giù il progetto ci siamo resi conto che avevamo tantissime tante idee e che la storia poteva contenerle tutte, ma che per farlo doveva essere veicolata nel migliore dei modi. Abbiamo cercato di farlo, mantenendo una certa originalità e una buona dose di divertimento nel realizzare questo vasto affresco, nell’inserire citazioni e riferimenti a quello che ci piace e amiamo di più.

Quindi a questo punto la scelta del “veganismo” è stata conseguenziale…

Savino: A dirla tutta, forse è venuta prima quella.

Simeone: Non a caso, io sono un famosissimo vegano. Riesco perfino a resuscitare i maiali.

Savino: Ora, io non mi spingerei a tanto…

Simeone: Che, non mi credi? Te lo dimostro subito: trovami un maiale morto e te lo faccio. Inoltre, visto che ogni volta che esce un fumetto saltano fuori tanti gadget a tema, il prossimo libro lo chiamiamo “Il maiale in Calabria” e lo vendiamo con un po’ di pancetta.

Del resto, il marketing è fondamentale nell’editoria moderna…
Cambiando per un attimo discorso, un altro degli aspetti fondamentali della saga di Vivi e Vegeta è che getta uno sguardo sulla contemporaneità. Da dove nasce questa scelta? Pensate di aver dato ai vostri lettori uno strumento per comprendere meglio il mondo di oggi?

Savino: L’idea di dare una prospettiva sulla realtà che ci circonda è insita nell’idea stessa di Vivi e Vegeta. Nel momento in cui io e Stefano abbiamo creato questo progetto, ci siamo detti: “Dev’essere un punto di vista diverso, un’angolazione totalmente differente su quella che è la nostra società”. Se nel primo volume ci siamo indirizzati di più verso il lato parodistico dell’aspetto vegano, nel secondo abbiamo spinto sull’acceleratore perché, in maniera poi profetica, ci siamo accorti che il vento stava cambiando in Italia. Quando abbiamo cominciato a lavorare a “Odio di Palma” si respirava già una brutta atmosfera, non così tanto brutta come in questi giorni perché purtroppo le nostre previsioni sono diventate realtà, dunque è stato naturale inserire le scene delle piante di Palma che nel mondo di Vivi e Vegeta vengono trattate come dei clandestini e tutte le tensioni che derivano da questa situazione. Non so se i nostri lettori riusciranno a riflettere attraverso il nostro lavoro, a noi piace pensare di sì e riteniamo  di aver posto delle domande e sicuramente di aver fatto venire dei dubbi. E far sorgere delle domande è certamente un ottimo punto di partenza.

Simeone: Inoltre vorrei aggiungere che se uno fa il suo mestiere con onestà intellettuale e sincerità finisce sempre per parlare del contemporaneo. Anche se parli di qualcosa ambientato nel Medievo o in futuro prossimo se lo fai bene finisci per menzionare ciò che ti circorda. E per mettere le mani avanti con chiunque ci chiami “buonisti”: noi abbiamo messo un protagonista che è pelato ed è appeso a testa in giù già in copertina.

Nonostante il successo e la pubblicazione con Bao, non avete mai deciso di tradire l’anima essenzialmente digitale della vostra creazione. Vi chiedo perché e, allargando la questione, vi domando: come vedete il rapporto tra fumetto e web?

Simeone: Perché siamo delle persone buone e fantastiche… A parte gli scherzi, nel mio intento iniziale, e anche in quello di Francesco, c’era quello di far leggere a tutti una storia completa gratuitamente sulla rete, con un inizio e una fine, realizzata da una coppia di professionisti che si impegnano come se li stessero pagando. Poi è venuta la pubblicazione, però quando abbiamo deciso di fare la seconda stagione è stato naturale continuare a farla completamente gratis sul web e chi vuole si prende il volume. Inoltre, ci siamo accorti che questo rapporto non condiziona per nulla le vendite. C’è chi lo legge online, lo conosce e poi va a comprarsi il volume, e soprattutto mi è capitato spesso durante la sessione dediche d’incontrare persone che sulla rete lo hanno letto a metà e poi si sono fermati per poterlo continuare sulla ristampa cartacea. Quindi, le due forme si completano e si sovrappongono.

Savino: Sì, sono d’accordissimo. In particolare, per la prima stagione eravamo partiti col web e il formato cartaceo è arrivato dopo. Non a caso abbiamo adattato qualcosa, rivisto i dialoghi, pubblicato un racconto inedito e rivisto la colorazione, proprio perché si trattava di due vesti molto diverse. Volevamo valorizzare al meglio il supporto cartaceo che gode di un pubblico differente da quello della rete. Per me il rapporto tra il web e la carta è complementare e noi ci siamo divertiti tanto a creare un webcomic che avesse fin da subito dei paletti “professionali”, per creare un prodotto di valore. Quindi, se ci si interfaccia con la rete in una prospettiva professionale questo ha poi dei risvolti così positivi da sfociare in maniera naturale su un supporto fatto di carta.

Cosa ha significato per voi nel dettaglio questo lavoro? Una svolta? Una sfida particolare? Una conversione al veganismo?

Savino: Per me è stato importantissimo, perché si è trattato del mio primo progetto come creatore. Anzi, come co-creatore visto che Stefano non si è limitato ai disegni e ai colori ma ha partecipato attivamente alla storia. Inoltre, per me è stato fondamentale perché mi ha permesso di farmi conoscere al grande pubblico, mi ha fatto vincere il premio Micheluzzi nel 2016 ed è un fumetto a cui sono molto, molto affezionato.

Simeone: Io fondamentalmente anche dopo tanti anni che lavoro rimango sempre il “simpatico cazzone”, quindi se faccio un progetto è soprattutto per divertirmi. All’origine di Vivi e Vegeta c’era soprattutto questo e si è poi trasformata in una sfida perché in genere mi scrivo le storie, specialmente per la Bao, quindi per me è stato importante cercare di realizzare qualcosa scritto da un altro. Anche perché Francesco ha un altro ritmo più “studiato”, se mi passi il termine, è uno sceneggiatore molto più solido di me e se io avessi fatto Vivi e Vegeta da solo probabilmente avrei cercato degli escamotage diversi. Quindi è venuto fuori un prodotto che non sarei stato in grado di fare da solo…

Savino: E viceversa…

Simeone: E viceversa, per cui mi sono divertito molto a farlo. Inoltre in questo lavoro è sempre importante cercare di fare qualcosa di nuovo. Se fai un libro, che ha successo e poi riproponi la stessa ricetta, non stai facendo qualcosa di buono per il tuo pubblico e per il fumetto in generale. Poi, se mi passi l’intervento, noi dovremmo spingere molto di più sulla grammatica del fumetto e non cercare di scimmiottare le altre forme d’arte come il cinema e la televisione, anche perché se poi il pubblico che ti segue è quello dei film e delle serie TV, il fumetto diventa solo una riduzione su carta di queste due cose.

Quali sono i vostri prossimi progetti? Se non sbaglio inizialmente dovevano essere tre le stagioni di Vivi e Vegeta…

Savino: In realtà all’inizio, per scherzare, dicevo in giro che volevamo farne quattro, una per ogni stagione… Ma giustamente Simeone mi ha bloccato, dicendo che non ci sono più le mezze stagioni. Ad essere onesti, penso di aver finito la saga con Odio di Palma. È chiaro che Vivi e Vegeta è un universo narrativo talmente ampio e talmente strutturato, che io e Stefano abbiamo creato ben prima di realizzare le storie, che può essere declinato in tante altre modalità, quindi mai dire mai. Ripeto, personalmente penso che con Odio di Palma si sia chiuso un ciclo, ma chi lo sa.

Simeone: Io onestamente la terza la farei.

Savino: Ecco, appunto.

Simeone: Comunque, a livello personale sto realizzando un Color Fest per Dylan Dog che scrivo, disegno e coloro… No, coloro ancora no ma dovrei cominciare a farlo e poi sto facendo Cars per la Disney. In seguito, ricomincerò a fare cose mie e se Francesco si muove a scrivere Vivi e Vegeta 3…

Fate vedere i pollici.

Savino: Direi che Stefano ce l’ha decisamente più verde di me…

Simeone: Tu invece ce l’hai proprio di un bel rosa maiale.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!