La recensione della seconda stagione di Jessica Jones

Dicono che il cambiamento sia inevitabile, necessario per sopravvivere, ma nel mondo dei supereroi, ogni cambiamento equivale ad un passo su un campo minato. Forse la seconda stagione di Jessica Jones è proprio questo: un passo in un campo minato. Rischioso, ma probabilmente doveroso, atto a raggiungere una meta. Non ci riferiamo soltanto alla trama in sé, ma anche a ciò che ci trasmette e mostra lo show. Il cambiamento, l’evoluzione è ciò che permea tutte e 13 le puntate (disponibili su Netflix), ognuna diretta da una regista diversa. Ognuna con delle leggere differenze, ma con un filo conduttore comune.
Se la prima stagione abbracciava e pescava a piene mani dal genere noir, con un’investigatrice tormentata, divora uomini, dedita all’alcol e fondamentalmente una “outsider” del sistema, la seconda stagione non mantiene appieno la linea intrapresa dalla prima.
Se la prima stagione era vendetta e sopportazione (per ciò che Killgrave le aveva fatto, per ciò che le succedeva), la seconda stagione diventa cambiamento e scoperta. Questo cambio di rotta, forse non lapalissiano nell’immediato, ma comunque evidente se si guarda ai dettagli e si analizza bene il quadro generale, dove ha portato i nostri protagonisti e tutto lo show?

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Una nuova Jessica

Jessica è incredibilmente tormentata, e sarebbe facile addossare tutte le colpe su Killgrave (David Tennant). La sua morte nella prima stagione, paradossalmente, non fa che precipitare le cose, con i cittadini di New York e in special modo quelli di Hell’s Kitchen che percepiscono Jessica come un giustiziere mascherato, un’anti-eroina. Più simile a Frank Castle che Luke Cage, per intenderci. Ma Jessica non è Frank e la sua psiche, già deteriorata dalla morte di chi amava (e vedremo altri nomi aggiungersi alla lista) viene tartassata dal sentimento di essere solamente un’assassina. A volte potrebbe sembrare eccessivo, d’altronde ha ucciso un meta-umano con un potere talmente forte e pericoloso da risultare quasi ridicolo. Come sia sia, se non l’avesse fermato lei Killgrave, pochi altri ce l’avrebbero fatta.

Eppure come dicevano, è tormentata. Un senso di colpa che la fa precipitare ancora di più nella buia prigione che è l’armatura che ha creato per proteggersi. Il suo viaggio nell’oscurità e nella follia è preannunciato dal suo esser molto meno ironica e tagliente, preferendo cinismo e cattiveria nei confronti del prossimo. Sta cambiando, come conseguenza delle sue azioni e anche degli altri. E il suo mutamento la porta anche ad indagare nel suo passato, forse per capire chi è davvero, o solo perché anche lei alla pari di altri famosi personaggi (Gregory House, su tutti) si sente meno addolorata quando è su di un caso. Lavora controvoglia, ma in realtà è una delle cose che la tiene viva, e che le permette di comprare anche l’alcol.

Nella seconda stagione vediamo Jessica per come è davvero. La sua figura disillusa, arrabbiata e cinica non è che un pretesto per chiedere aiuto. È stanca, ferita e dolorante, ma per colpa sua e degli altri è quasi impossibile aiutarla. Magistrale sotto questo aspetto la caratterizzazione del suo personaggio, con tanti meriti a Krysten Ritter.
Se quindi già nella prima stagione avevamo avuto un’ottima protagonista, nella seconda questo senso di apprezzamento per la sua immedesimazione aumenta non poco. Ci troviamo di fronte ad una protagonista vera, non stereotipata, con una forza incredibile (non solo fisica) ma resa debole da se stessa. È un meta-umano sì, però il suo animo è forse il più umano del quintetto di casa Netflix. Ad aumentare la profondità del personaggio aiutano sicuramente i flashback, che risultano scorrevoli e preferibili ai cosiddetti “spiegoni”.

Il cambiamento degli altri

Jessica non è la sola a mutare, ma tutti i vari personaggi comprimari lo fanno. Jari, Patricia e Malcolm su tutti. Jari si trova di fronte ad un baratro, e vedremo la sua evoluzione in questo senso e come questa influenzi gli altri. Malcolm da drogato disperato tenta un’ascensione a membro “produttivo della società” con tutti i benefici e tutti gli svantaggi che questo comporta. Infine c’è la sorellastra, la migliore amica di Jess: Patricia Walker; la star, il lato apparentemente chiaro della medaglia Jessica Jones. È lei l’indiscussa protagonista insieme a Jessica di questa seconda stagione, passando da comprimario ad elemento fondamentale.

Le sue azioni sono fortemente dettate dalla protagonista, ma il suo sviluppo la porta ad avere un’importanza primaria in tutta la storia, sopratutto nella seconda parte dello show. Anche questa volta ci troviamo dinanzi a personaggi ben caratterizzati, credibili (pur ricordandoci che siamo dentro il Marvel Universe), andando ad aggiungere dettagli preziosi per avere a che fare con un mondo vivo e pensante. In qualche modo, potremmo dire che questa seconda stagione è determinante per molti di loro (non solo Jessica), mettendo in evidenza il vero volto di tutti, l’io più vero ed interiore.

jessica jones 2 recensione

L’origine dell’eroina

Al contrario degli altri serial, è la seconda stagione ad andare a scoprire le origini della “supereoina” Jessica Jones. Virgolettato, come nel titolo, perché sia la protagonista che noi facciamo fatica ad identificarla come supereroina a tutti gli effetti. Lo show ha il leggero difetto di risultare comunque molto lento in alcuni momenti, ma ha il pregio di far precipitare gli eventi con un ritmo incredibilmente alto, con trame e sottotrame che si intrecciano sempre molto, ma molto bene. A volte pensiamo di avere di fronte un cattivo, salvo poi ricrederci e così via. Il che controbilancia il lento scorrere delle vicende (sopratutto nella prima parte della stagione), che tuttavia potrebbe non essere gradito a tutti. Ma d’altronde non si tratta di un prodotto tutto luminoso e caciarone, bensì di un neo thriller investigativo. Certo, le sequenze d’azione non mancano, però non sono il motivo per cui si guarda Jessica Jones. Non abbiamo gli Avengers di fronte che risolvono la questione a cazzotti ed Hulk che “spacca”: qui c’è da capire chi spaccare, perché farlo e sopratutto se farlo. Insomma, il torpore della narrazione e l’attenzione al dettaglio può risultare a volte noiosa. Un pregio o un difetto, a seconda dei punti di vista.

In sostanza possiamo dire che, sebbene si discosti per certi versi dai toni e dai modi della prima stagione, il prosieguo della vicenda risulta comunque perfettamente godibile e spinge lo spettatore ad affezionarsi ai personaggi. Ma ancora più fondamentale, dà un’importante caratura psicologica a tutti, permettendoci di odiare o amare ogni singolo protagonista della storia, fattore molto importante, non limitandosi a mostrarci un personaggio anonimo che compie un determinato gesto.
Sicuramente una grossa mano la dà anche la realizzazione tecnica nel suo insieme. Con make up impeccabili e stunt all’altezza (vade retro Iron Fist!) e una fotografia sempre adatta.

Una serie che parte piano e che arriva ad un finale inaspettato. Un cambiamento radicale in quella che sembrava una vita tutto sommata tranquilla dopo la dipartita di Killgrave. Insomma un’evoluzione. Totale, violenta per molti versi. Apprezzata sì, ma con qualche riserva. L’eccessiva lentezza in alcune parti e alcuni paradossi che non specificheremo per non spoilerare niente, rovinano un po’ l’atmosfera complessiva. Senza andare nel dettaglio: è davvero possibile che un meta umano crei problemi a New York e né lo SHIELD né qualche grossa agenzia se ne occupi?

Comunque, a parte queste problematiche, Jessica Jones 2 è uno show nel complesso buono, con un’ottima caratterizzazione ed evoluzione dei personaggi, minata però da quella scarsa fluidità di cui abbiamo detto a sufficienza. Il pedale dell’acceleratore viene premuto (come al solito) verso la fine della stagione, ma forse si poteva tenere un ritmo generale più alto.
Resta comunque una serie consigliatissima a chi ha adorato la prima stagione, a chi ama il poliziesco/noir e chi apprezza le atmosfere cupe e le evoluzioni ricche di cinismo. Se cercate un classico prodotto caciarone e brillante sui supereroi, allora restate alla larga, perché tanto non fa per voi.