Welcome to the jungle, We got fun and games

Siamo onesti: in quanti abbiamo storto la bocca all’idea di un nuovo Jumanji, prima ancora di saperne di più, prima ancora di capire di cosa si trattasse, se fosse un sequel o un reboot, ma alla sola idea di veder modificato o magari storpiato il cult di Joe Johnston col compianto Robin Williams? O anche solamente perché ormai viviamo nell’epoca in cui tutto ciò che è passato deve per forza esser meglio del presente. Non che il presente ci aiuti, il più delle volte, a farci cambiare direzione, ma “più delle volte” non vuol dire sempre.
Ad ogni modo, abbiamo poi scoperto di più di questo Jumanji – Benvenuti nella Giungla. Abbiamo saputo che la regia era stata affidata a Jacob Kasdan, e abbiamo quindi appreso che ci saremmo dovuti confrontare con un prodotto che non si sarebbe preso per nulla sul serio, il che di base poteva esser un bene. Veniamo ai protagonisti: Dwayne Johnson, ovvero The Rock; Jack Black; Kevin Hart; Karen Gillan, più 2-3 nomi magari un po’ meno noti ma che abbiamo già visto su questi schermi, per un calderone che ha catturato da subito la nostra curiosità.
Senza troppe pretese ma privi di pregiudizi (come dovrebbe sempre essere), ci siamo pertanto approcciati alla visione del film (che sarà accolto dalle nostre sale il 1° gennaio 2018).

Partiamo da una comunicazione di servizio: Jumanji – Benvenuti nella Giungla è un sequel-non sequel; nel senso che è considerato tale, ma nei fatti non vi sono accenni al primo film, se non il fattore temporale, la scatola del gioco da tavolo, e un elemento che scoprirete da soli perché non possiamo spoilerarlo.
L’idea di base è la medesima del film del 1995, ma parte da un assunto diverso, perché ormai “chi gioca più coi giochi da tavolo?”. Meglio allora lanciare l’idea del videogame, che appare più plausibile ai giorni nostri.

Quattro ragazzi si trovano in punizione a scuola, e devono sistemare un’aula piena di cianfrusaglie.
Qui facciamo la conoscenza di Spencer (Alex Wolf), un nerd all’ennesima potenza; Fridge (Ser’Darius Blain), giocatore di football e amico di infanzia di Spencer, che però ora evita come la peste, per via della totale diversità di interessi e stile di vita; Martha (Morgan Turner), una ragazza molto solitaria che odia l’attività fisica e la considera una perdita di tempo; Bethany (Madison Iseman), la più carina della scuola, presa solamente dal suo telefono e dai social network.
Questo strampalato gruppetto, costretto a stare nella stessa stanza per parecchio tempo, scopre – rovistando nel marasma generale – un vecchio videogame dal nome Jumanji.
Spencer, da vero nerd, lancia subito l’idea di giocarci un po’ tutti insieme, prima di riprendere a lavorare, e i tre compagni si fanno convincere poiché tremendamente annoiati.
Una volta avviato il gioco e scelti i propri avatar videoludici però, i quattro vengono letteralmente risucchiati dalla console e finiscono nell’incontaminato mondo di Jumanji.

Sarà ancora più assurdo per loro scoprire che non solo si trovano all’interno di un videogame, ma hanno anche assunto le sembianze dei propri avatar, e se Spencer è stato fortunato ed è finito nei panni del Dr. Smolder Bravestone (The Rock), e tutto sommato anche Martha non può lamentarsi, trovandosi ora nel corpo di Ruby Roundhouse (Karen Gillan), un’atletica e pericolosa avventuriera, non possono dirsi altrettanto felici Fridge, che qui diventa Franklin “Moose” Finbar, uno zoologo piuttosto basso che è a tutti gli effetti il portaborse del dr. Bravestone, e men che meno Bethany, che si è trasformata in “un uomo di mezza età, oltretutto in sovrappeso”, ovvero il Professor Shelly Oberon (Jack Black).

Fatte queste premesse, ci avventuriamo nel particolare mondo di Jumanji insieme ai nostri protagonisti, e dobbiamo ammettere che fin da subito l’esperienza è coinvolgente. Per lunghi tratti sembra davvero di trovarsi all’interno di un videogame, con la struttura in livelli, il computo delle vite che si perdono quando si “muore” e altri elementi come i personaggi non giocanti che danno risposte standard.
Ciò che diverte di più lo spettatore, quantomeno in prima battuta, è l’approccio dei protagonisti a questa particolare realtà e ai fattori sopra enunciati, di cui si renderanno conto strada facendo.
La comicità emerge con forza in questo Jumanji, e non saranno rari i momenti in cui la nostra bocca passerà dai denti stretti ad una vera e propria risata, per merito senza dubbio della vena comica di alcuni elementi, come ad esempio Dwayne Johnson, che diviene un po’ la caricatura di se stesso e ciò è incredibilmente apprezzabile, e ci dimostra ancora una volta quanto dietro quella montagna di muscoli si nasconda in realtà un attore comico ormai rodato, la cui struttura fisica qui aumenta il tasso di comicità delle sue battute e del suo modo di fare. All’interno di The Rock infatti vive Spencer, un nerd che ha paura di tutto e deve confrontarsi con il corpo e le attitudini del Dottor Bravestone, un archeologo potente e coraggioso, la qual cosa da una parte emoziona ed incuriosisce il giovane Spencer, ma dall’altra lo terrorizza.
In questo sono fantastici i dialoghi con Kevin Hart, cioè Fridge, che ha vissuto un po’ il processo inverso di Spencer e con il quale passerà dalle schermaglie iniziali ad un naturale riavvicinamento.
E poi soprattutto Jack Black, ovvero Bethany alle prese con un corpo da uomo, una situazione che porterà la ragazza a rivedere anche parecchi lati del suo carattere, come la sua superficialità. Si tratta di morale spicciola, lo sappiamo, ma ciò che ci diverte è Jack Black in sé, il suo modo di stare sulla scena e di farci vivere questa sorta di doppia personalità del suo ruolo.


Il modo goffo di rapportarsi a questo mondo e ai propri avatar darà vita a molte gag spassose, che il regista Jacob Kasdan dimostra ben presto di saper mescolare abilmente all’action, elemento di punta di questa pellicola.
Jumanji infatti è in pericolo, e per rompere l’incantesimo ordito dal temibile John Hardin (Bobby Cannavale) i quattro dovranno addentrarsi nella natura selvaggia ed aggressiva del luogo, facendo i conti con ippopotami aggressivi, pericolosi ghepardi, e spietati rinoceronti albini.
Come ogni videogame che si rispetti, ognuno di loro avrà dei punti di forza e delle debolezze, e l’idea e il modo in cui vengono gestiti all’interno della storia è assolutamente fantastico. Non vi diciamo oltre per non rovinarvi la sorpresa, ma ovviamente tutte queste qualità aiuteranno i protagonisti a superare i livelli ed andare avanti nella storia.

Una storia che – come detto – sprizza action da tutti i pori. Se qualche mese fa avete visto Kong: Skull Island, è un buon termine di paragone per parlarvi dell’azione presente in questo Jumanji.
Come l’Isola del Teschio, anche il mondo di Jumanji è popolato di fameliche e spietate creature, seppur non alte come palazzi, ma pure qui si respira quella medesima atmosfera che abbiamo trovato nel film di Jordan Vogt-Roberts, con i protagonisti sempre in fermento e pronti a scappare o ad affrontare i pericoli del luogo, di una natura incontaminata che li vedrà però anche anche alle prese con location tipicamente videoludiche, come il bazaar, luogo di rifornimento che tuttavia nasconde sempre delle insidie.

Il ritmo incalzante è comunque a tutti gli effetti uno dei punti di forza dell’opera di Kasdan, che intrattiene lo spettatore con un frizzante succedersi di eventi che non lasciano spazio alla noia per le quasi 2 ore di visione, e fa esattamente quello che gli si chiedeva.
Tutto quello che circonda Jumanji – Benvenuti nella Giungla è mero collante, che va utilizzato per confezionare un pacchetto godibile e che abbracci il pubblico nella sua (quasi) totalità, come un film di questo genere deve fare.
L’etica ordinaria e un po’ banalotta, come l’accusa ai giovani che badano esclusivamente all’apparenza, in un epoca fatta di smartphone e tecnologia, anche videoludica, con console sempre più all’avanguardia e la perdita delle tradizioni, che ha portato il concetto di gioco da tavolo a un qualcosa di ormai desueto, è una licenza che perdoniamo tranquillamente a Kasdan e allo script di Chris McKenna & co., poiché tutto il resto, l’atmosfera da videogame che permea l’intera opera, l’azione febbrile e continuata, e sopratutto le gag sempre divertenti e, quelle sì, mai banali, tirano su un prodotto realmente convincente, come – ora possiamo dirlo – non ci aspettavamo davvero.


Verdetto:

Mettete da parte la nostalgia e tuffatevi in questa avventura dal nome Jumanji – Benvenuti nella Giungla. Jake Kasdan mette su un’opera davvero divertente, ricca di action, rendendo omaggio al film di Johnston nonché al racconto di Van Allsburg, ma presentandoci un prodotto nuovo e frizzante, con dei protagonisti davvero in grande spolvero.

Tiziano Costantini
Nato e cresciuto a Roma, sono il Vice Direttore di Stay Nerd, di cui faccio parte quasi dalla sua fondazione. Sono giornalista pubblicista dal 2009 e mi sono laureato in Lettere moderne nel 2011, resistendo alla tentazione di fare come Brad Pitt e abbandonare tutto a pochi esami dalla fine, per andare a fare l'uomo-sandwich a Los Angeles. È anche il motivo per cui non ho avuto la sua stessa carriera. Ho iniziato a fare della passione per la scrittura una professione già dai tempi dell'Università, passando da riviste online, a lavorare per redazioni ministeriali, fino a qui: Stay Nerd. Da poco tempo mi occupo anche della comunicazione di un Dipartimento ASL. Oltre al cinema e a Scarlett Johansson, amo il calcio, l'Inghilterra, la musica britpop, Christopher Nolan, la malinconia dei film coreani (ma pure la malinconia e basta), i Castelli Romani, Francesco Totti, la pizza e soprattutto la carbonara. I miei film preferiti sono: C'era una volta in America, La dolce vita, Inception, Dunkirk, The Prestige, Time di Kim Ki-Duk, Fight Club, Papillon (quello vero), Arancia Meccanica, Coffee and cigarettes, e adesso smetto sennò non mi fermo più. Nel tempo libero sono il sosia ufficiale di Ryan Gosling, grazie ad una somiglianza che continuano inspiegabilmente a vedere tutti tranne mia madre e le mie ex ragazze. Per fortuna mia moglie sì, ma credo soltanto perché voglia assecondare la mia pazzia.