Come sono cambiate le protagoniste nel corso degli anni?

Nel corso dei secoli, la condizione sociale e storica della donna in Giappone ha subito numerosi e drastici cambiamenti, influenzati soprattutto dalla situazione politica e religiosa dell’epoca. Infatti, se nell’antichità le tribù sparse sul territorio giapponese potevano avere un contatto con la divinità grazie alle miko (sacerdotesse che fungevano da tramite tra il divino e il mondo terreno) e addirittura ci furono grandi imperatrici a guidarle, con l’avvento del Buddhismo e del ruolo politico che esso assunse, la società prese una direzione patriarcale che, man mano, escluse le donne dai ruoli che fino a quel momento le avevano rese non solo partecipi dell’ambiente sociale ma soprattutto libere di autodeterminarsi. Dal periodo Edo (1600-1868) fino al secondo dopoguerra, alle donne venne sempre detto come comportarsi per rendersi utili alla nazione e all’Imperatore, con limitazioni che andavano dal loro ruolo di mogli e madri fino alla sfera sessuale.

Il concetto di manga nacque proprio nel periodo Edo ed esplose come vera e propria arte nel dopoguerra grazie a colui che viene considerato il dio del manga, Osamu Tezuka, e ad una delle prime mangaka donne, Machiko Hasegawa. Entrambi furono i primi a dar voce alle ragazze e alle donne che ancora non concepivano di aver il diritto di esprimersi, creando opere che aprirono e spianarono la strada a tutti i generi manga che ora conosciamo e nei quali possiamo trovare protagoniste in grado di prendere una posizione riguardo sé stesse e il mondo che le circonda. Si ritiene che Tezuka sia il padre proprio degli shoujo manga (ovvero il manga che più si rivolge alle ragazze), avendo dato vita al personaggio della Principessa Zaffiro in Ribon no kishi: praticamente poco più che una bambina, la Principessa Zaffiro si finge maschio per poter ereditare il trono ed evitare che questo venga ceduto al malvagio Duca Duralomin.

Nella creazione della sua Principessa Zaffiro, Tezuka mescolò il suo amore per le fiabe appartenenti alla cultura occidentale (principalmente quelle tedesche) ai tratti morbidi tipici dello stile Disney che ammirava, senza escludere l’ispirazione nipponica tradizionale del teatro Takarazuka (tipicamente fatto dalle donne per le donne e nel quale le attrici interpretavano anche ruoli maschili). La protagonista dell’opera risulta in bilico tra due realtà, ovvero il suo essere a tutti gli effetti un cavaliere che desidera difendere il proprio regno e la sua indole di fanciulla che presto si approccerà all’amore, pur non riuscendo ancora a capirlo appieno. La conclusione della storia di Zaffiro, tuttavia, è solo l’inizio del cambiamento della figura femminile, ancora “acerba” e la cui evoluzione interiore viene solamente accennata in Zaffiro. Bisognerà aspettare innanzitutto gli anni ’70 per una prima rivoluzione per poi proseguire fino agli anni ’90, passando attraverso i più classici manga shoujo costellati da vicende amorose drammatiche, arrivando infine a raccontare di ragazze che vivono vite scolastiche normali e non, in bilico tra l’amore e la necessità di salvare il mondo, riconoscendosi come paladine dei valori che incarnano.

Continuando dunque sulla linea dei bishojo/bishonen (letteralmente “belle ragazze/bei ragazzi”) vi sono vari rappresentanti di questo particolare character design che ha fatto storia, ad esempio, colei che potremmo considerare la diretta erede della succitata Principessa Zaffiro: Oscar François des Jarjayes, che viene cresciuta come un maschio dal padre. Questo fatto le causerà crisi d’identità, poiché desiderosa di esprimere il suo essere donna e allo stesso tempo di mantenere il proprio ruolo di comandante e protettrice di colore che si gettano tra le sue braccia, come Maria Antonietta e la giovane Rosalie: due donne profondamente diverse ma realizzate nella loro femminilità attraverso la libertà, seppur scontata ma così preziosa, di poter esternare i propri sentimenti e drammi. Altro personaggio degno di nota, sotto quest’aspetto, è Sailor Uranus alias Haruka Ten’ou, dall’aspetto decisamente androgino e atteggiamenti ambigui. Ancora, un riferimento ad una ragazza dall’atteggiamento maschile lo possiamo trovare in Utena, la fillette révolutionnaire, dove la protagonista indossa nuovamente panni maschili come un principe, dando anch’essa l’impressione di essere ispirata all’eroina di Tezuka.

Come dicevamo in precedenza, gli anni ’90 sono stati quelli in cui lo shoujo si è definitivamente affermato grazie a numerose serie caratterizzate da elementi ricorrenti: protagoniste studentesse delle medie o liceali, avventure scolastiche, compagni di classe tra i quali spiccava il protagonista maschile (solitamente bello e intelligente), ecc. Tuttavia, ancor prima di arrivare a queste tematiche più quotidiane e attuali, le protagoniste e i luoghi in cui si svolgevano le loro vicende erano decisamente lontani da quelli del pubblico: basti pensare ad eroine quali Candy Candy, Georgie o Anna dai capelli rossi, disegnati dalla maestra Yumiko Igarashi e tutti ambientati in Paesi stranieri, la cui estetica veniva romanticizzata ancora di più in una visione esotica dell’Occidente dove le ragazze avevano capelli biondi e boccolosi e lineamenti graziosi. I manga shoujo degli anni ’90 e primi 2000, invece, vogliono tornare in terra natia, avvicinandosi nuovamente alle lettrici raccontando storie quotidiane di ragazze normalissime, seppur sfruttando largamente espedienti narrativi piuttosto fantasiosi. Due titoli che vengono in mente a riguardo, tra i tanti disponibili, sono ad esempio Marmalade Boy e Le situazioni di Lui e Lei. In questi due manga, le protagoniste differiscono per carattere e interessi, ma sono accomunate dal sentimento profondo che provano nei confronti dei co-protagonisti, altrettanto non dissimili tra loro per fascino e intelligenza. Qui le ragazze ottengono la loro determinazione proprio tramite i loro sentimenti e le loro emozioni, che ora sono più che mai centrali e divengono il motore delle loro vicende, fra delusioni, batticuori e rivelazioni. In questi due casi particolari, infatti, sia Miki che Yukino dovranno fare i conti non solo con sé stesse ma con segreti che verranno loro svelati solamente dopo essersi esposte emotivamente. Per quanto certe premesse e circostanze non siano sempre convincenti e realistiche, una lettrice non potrebbe fare a meno di sentirsi vicina alla protagonista, vivendo con lei le stesse esperienze amorose del caso, come festività, vita scolastica, situazioni familiari particolari e così via.

Col tempo, tuttavia, si è sentito il bisogno di proporre un’alternativa alla banalità del contesto scolastico. Le ragazze giapponesi, con l’avvento del nuovo millennio, cominciarono a badare sempre di più al proprio aspetto e a “rinnegare” alcuni dettami tradizionali legati ad esso. In particolare, diverse mode che ribaltavano il classico esempio di bellezza giapponese si diffusero in ogni angolo dei quartieri più popolari, come Shinjuku, Harajuku o Ikebukuro. Una di queste era lo stile gyaru, molto appariscente ed eccentrico. Sopravvissuto principalmente tra le pagine dei magazine di moda, riuscì ad affermarsi anche grazie ai manga che rappresentavano queste ragazze fuori dagli schemi, trasgressive e consce di ciò che potevano desiderare e ottenere. Esempi lampanti sono Gals! di Mihona Fuji e Galism di Mayumi Yokoyama, entrambi accomunati da due esuberanti protagoniste capaci di affermarsi per carisma e sicurezza in sé stesse, anche per mezzo del loro amore per la moda. Ovviamente permane l’elemento amoroso o d’amicizia ad animare le loro storie ma le loro personalità prorompenti contribuirono a creare un genere con il quale le lettrici venivano incoraggiate ad esprimersi, e talvolta addirittura ribellarsi, tramite il proprio aspetto, cosa non da poco in una società che, ancora oggi, costringe le donne a sottostare a canoni estetici difficili da sradicare, come capelli neri e pelle candida.

Una menzione speciale, sempre riguardo l’importanza della moda nella vita delle ragazze giapponesi, va fatta anche per Cortili del cuore di Ai Yazawa e Sugar Sugar Rune di Moyoco Anno, poiché queste due autrici, pur scrivendo di altri generi, da sempre vi hanno prestato un occhio di riguardo, comprendendo quanto la moda fosse utile alle ragazze per esternare le proprie qualità. In particolare, proprio con Sugar Sugar Rune possiamo avvicinarci ad un ulteriore bivio da cui si sono diramati altri tipi di manga per ragazze, nei quali anche le più piccole potevano trovare modelli da seguire. Le protagoniste di questo manga, infatti, sono due ragazzine di soli dieci anni, che competono tra loro a colpi di magia per stabilire chi sarà la regina del loro regno, cercando di rimanere amiche nonostante la gara e di essere virtuose nei confronti altrui. È il genere majokko, che anche oggi continua ad avere successo grazie ad alcune delle sue caratteristiche fondamentali: le protagoniste sono eroine a difesa del mondo e dei loro cari; hanno poteri magici ma spesso solo temporanei e rimanendo ragazzine normali consentono alle lettrici di fantasticare sulla doppia vita che conducono; sono accompagnate da mascotte carine che contribuiscono ad alimentare il concetto di kawaii a cui sono assoggettati numerosi aspetti della vita giapponese. Nonostante ciò, nel majokko vengono promossi valori quali amicizia, lealtà e giustizia, temi che anche in altri generi sono molto cari ma che in questo contesto assumono una sfumatura più sentimentale, accentuati dal punto di vista femminile più innocente e puro, ovvero quello delle bambine. Serie come Magica Doremì, perciò, divengono le più amate poiché le bambine protagoniste sono in grado di esercitare notevole influenza su chi le circonda e di approcciarsi ad aspetti del mondo adulto con brio e serietà al tempo stesso.

Ambienti e temi maturi, in effetti, non vengono quasi mai realmente affrontati nei prodotti dedicati esclusivamente al pubblico femminile, a meno che non si parli di josei, nei quali le donne protagoniste sono semplicemente più grandi di età ma nei quali vengono trattati spesso e volentieri temi che si discostano poco dagli shoujo. In compenso, molti autori di shonen e seinen hanno prestato particolare attenzione nel creare degne protagoniste femminili, in grado di fare le scarpe ai co-protagonisti e di rubare loro la scena, tanto da conquistare i cuori dei lettori nelle classifiche di gradimento: ragazze come Asuka di Evangelion o Revy di Black Lagoon, che sanno di doversi far valere in mezzo agli uomini con cui lavorano e combattono, pur avendo le loro insicurezze. Certo, spesso in questo tipo di manga viene sottolineato il loro aspetto fisico ma, dopotutto, la bellezza di alcune, unita alla loro intelligenza, è parte di un fascino a cui è difficile resistere: è il caso di Lupin nei confronti di Fujiko, una donna la cui bellezza è pari alla sua scaltrezza, tratti che hanno dato vita ad un personaggio iconico con una psicologia piuttosto approfondita e spesso in contrasto con gli uomini con cui ha a che fare. Una distanza tra l’altro, quella tra uomo e donna, che ci viene proposta come elemento narrativo in più occasioni, quando proprio la donna viene rappresentata come entità “aliena, altra”: a cominciare dalla Regina Raflesia in Capitan Harlock per poi arrivare a personaggi di opere come le ragazze de La malinconia di Haruhi Suzumiya o Rei Ayanami di Evangelion.

Malgrado tutto, in questi ultimi tempi la fa da padrone il fenomeno idol, scoppiato con Love Live. Nonostante non sia la prima volta che ci viene mostrato questo mondo fatto di luci stroboscopiche, glitter e colori sgargianti, questo nuovo modo di trattare le idol è stato accolto con grande entusiasmo, tanto da invadere l’industria dell’animazione con serie su serie dedicate a queste giovani cantanti e ballerine. Non sono di certo le prime: in passato abbiamo conosciuto Creamy Mami in primis, poi Sana Kurata de Il giocattolo dei bambini e le Mermaid Melody. Tuttavia, nel caso di Love Live, si preferisce dare importanza all’estetica kawaii, proponendo numerosi personaggi diversi tra loro per aspetto e carattere per consentire agli spettatori di scegliere la propria favorita, così come avviene per un vero e proprio gruppo idol. Viene un po’ messa da parte, quindi, la profondità emotiva e psicologica da sempre associata al genere femminile nel mondo anime e manga, alimentando nuovamente lo stereotipo della ragazza carina, allegra e solare, senza affrontare le grandi difficoltà della vita, coronando invece le puntate con canzoni e balli coordinati con i quali coinvolgere immediatamente il pubblico. Il risultato è forse un po’ limitante: pur volendo dare spazio a varie personalità nelle quali riconoscersi, paradossalmente non si fa altro che renderle tutte uguali e prive di unicità, qualità che invece ha sempre portato gli spettatori a ricordare ancora oggi le protagoniste più carismatiche. E forse è anche per questo che ci rifugiamo in quella tiepida sensazione di nostalgia, ritornando alle vecchie glorie come abbiamo fatto in questo articolo: sappiamo che il passato insegna e che vi possiamo trovare modelli con cui condividere non solo i pregi ma anche i difetti, sogni, dolori e tutto ciò che ci permette di crescere e migliorarci come loro. E pensare che in realtà questi non sono altro che personaggi stampati su carta e tuttavia hanno un così alto impatto culturale e sociale, la dice lunga su quanto ancora se ne senta il bisogno.

Alessia Trombini
Torinese, classe '94, vive dal 2014 a Treviso e si è laureata all'università Ca' Foscari di Venezia in lingua e cultura giapponese, con la fatica e il sudore degni di un samurai. Entra in Stay Nerd nel luglio 2018 e dal 2019 è anche host del podcast di Stay Nerd "Japan Wildlife". Spende e spande nella sua fumetteria di fiducia ed è appassionata di giochi da tavolo, tra i quali non manca di provare anche quelli a tema Giappone.