Un grande ritorno alla regia

Che l’Italia sia un paese di misteri è una cosa ormai tristemente assodata. Tra questi tanti misteri c’è la chiusura, nell’ormai lontano 2012, di una fiction televisiva che aveva tenuto con gli occhi incollati sullo schermo spettatori provenienti da tutte le fasce di età. Il perché Libeccio sia stato accantonato non è ancora del tutto noto.

All’epoca si era vociferato che la motivazione della chiusura della serie fosse l’abbandono del regista dell’ultima stagione Albino Corradi, sostituito nelle ultime puntate dal direttore della fotografia Glauco Benetti, per dedicarsi all’incompiuto progetto “Macchiavelli”.

Oggi però Libeccio ritorna e lo fa in grande stile. Dietro la macchina da prese siede nientemeno che il grande Renato Ferretti, tornato alla regia dopo anni di ritiro dalle scene in seguito a “Il giovane Ratzinger”. Intervistato su questa nuova esperienza Renè ha detto di essersi dedicato per quasi sette anni alla lettura, prima di cedere alle richieste della rete di tornare a dirigere per dare a Libeccio quel tocco di “autorialità” che doveva essere dato dal Corradi. Il ritorno del Roberto Saviano della fiction è stata la notizia bomba dell’estate 2017. Per molto tempo ci si è domandati cosa avrebbe comportato tutto ciò per la televisione italiana.

Libeccio

Siamo forse di fronte a una nuova era dell’oro per la fiction italiana? Difficile dirlo dalla prima puntata. Ma tutto sembra suggerire che sia così. Andiamo a scoprire meglio cosa ci ha donato questa nuova stagione.

Assicurarsi non basta

Inaspettatamente la serie riprende esattamente dove si era interrotta, con la rivelazione che il Conte (Mariano Giusti) ha rilevato l’intera quota delle Assicurazioni Levante. Il cliffhanger all’epoca aveva lasciato tutti di stucco: oltre a scoprire che Libeccio e Gli Occhi del Cuore erano ambientati nello stesso universo narrativo, ci aveva svelato che il Conte visto negli ultimi episodi della serie di Ferretti era in realtà il gemello buono, tenuto segregato per molti anni e tornato alla libertà, giusto in tempo per essere vittima di un attentato da parte dei terroristi atei del Burmini.

La morte del gemello buono spiana la strada al Conte malvagio, il quale dopo aver chiuso Villa Orchidea per costruirci sopra un agriturismo gestito da cinesi fabbricatori di scarpe, ha deciso di estendere la sua influenza anche altrove.

Dopo una rapida spiegazione per mano dell’avvocato, scopriamo che il Conte ha utilizzato i fondi delle Assicurazioni Levante per finanziare numerose attività illecite. Ad arginare questo scempio è rimasto solo Nonno Santo (Remo Arcangeli). Per riuscire a sconfiggere il Conte, il Nonno chiede aiuto all’unica persona di cui abbia veramente fiducia. Sarà il commissario capo Sandra Gusberti a intervenire, iniziando un’indagine per scoprire quali siano i veri piani del Conte.

Ma è solo a fine puntata che arriva il vero colpo di scena, qualcosa che solo un trio di grandi sceneggiatori potrebbero concepire: l’ingresso nel cast di Libeccio del dottor Giorgio Corelli, interpretato sempre dal mitico Stanis La Rochelle. Dopo la chiusura di Villa Orchidea ha operato per anni come volontario nella Grecia devastata dal deficit. Ma ritorna qui, confessando tutto il suo amore a Sandra e dichiarando di avere un solo scopo: distruggere Nonno Santo!

Il cliffhanger di questo primo doppio episodio ci lascia col fiato sospeso, dato che tutto sembra suggerire che davanti a noi potrebbe non esserci l’affabile Giorgio, ma il gemello malvagio Erik, come testimoniato dall’anello che porta al dito. Lo stesso del Conte.

Solo guardando potremo scoprire se sia davvero Erik, sopravvissuto alla pandemia di aviaria. Il tutto mentre un personaggio misterioso trama nell’ombra per impossessarsi del pacchetto azionario del Nonno.

Libeccio

La novità ci ha rotto…

La bellezza di Libeccio sta tutta nella sua semplicità. La trama, apparentemente complessa, si rivela subito semplice. Anche nel peggiore dei casi è sempre presente un personaggio disposto a spiegarci con pazienza e dedizione quello che sta succedendo. In Libeccio lo spiegone è una pratica elevata ad arte. Perché confondere la mente dello spettatore con inutili misteri? La scelta migliore è dargli quello che vuole, servigli un intrattenimento alla sua portata, qualcosa che anche il cane di casa conosce e apprezza. Questa semplicità si riflette anche nel modo di recitare dei personaggi, un po’ così, un po’ perso, un po’ alla… un po’ come viene.

Vedere un grande dello spettacolo italiano come Arcangeli buttare via le battute senza pensarci troppo, dando l’idea di essere decisamente ignaro di quello che succede attorno a lui, chiaramente è un tocco di genio di un attore consumato.

Ma è impossibile non lodare la nuova grande interpretazione di Stanis, in grado ancora una volta di recitare sullo stesso piano del grande maestro. A un attore di razza come lui basta pochissimo, basta mostrare una faccia basita o spensierata per creare quella suspense che tutti gli spettatori attendono.

Il tutto viene stemperato dalla presenza del commissario Gusberti, semplicemente seducente nella scena della spiaggia e della doccia. Il “visto non visto”, ciò che la regia suggerisce e lascia intravedere basta a colmare i cuori degli spettatori.

Perché è nella tradizione che si nasconde il grande successo di Libeccio, una tradizione che si unisce a una consolidata linea comica, ancora una volta gestita dall’eterno Nando Martellone, in grado col suo personaggio dell’Onorevole di mostrarsi tanto capace di inscenare momenti tragici quanto di dare a tutto ciò che vediamo in scena una leggerezza e una simpatia senza pari.

Libeccio

Questa è la locura

Il ritorno di Libeccio sembra segnare un progresso mai visto nella televisione italiana, un perfetto connubio di tradizione e innovazione che si rivela migliore della somma delle parti, anche grazie a quella spruzzata di follia a cui i lavori del Ferretti ci hanno abituato.

Come aveva annunciato la nuova direttrice della rete, la Dottoressa Lucrezia Cane, lo scopo era quello non solo di consolidare la propria posizione tra le fasce di pubblico più anziane e gli AA, ma anche quello di rivolgersi ai giovani e ai BB. E il nuovo corso di Libeccio riesce perfettamente in questa impresa.

E lo fa prendendo a piene mani da Gli Occhi del Cuore 3, mettendo in scena dei deliziosi numeri musicali. Certo, l’idea di vedere il maestro Arcangeli recitare un pezzo trap sul momento può sembrare bislacca, ma basta lasciarsi trascinare nella locura di questo nuovo corso di Libeccio per scoprire quanto sia intossicante, come un limoncello fatto in casa.

Un plauso va a tutte le scene di Nonno Salvo che si traveste per andare a recuperare la piccola Natalia in discoteca. Semplicemente l’apice dell’intera puntata.

Apertura totale

La regia di Ferretti ci regala alcune raffinatissime trovate tecniche, espedienti che sembrano suggerire l’impegno e la volontà di mettere la qualità a ogni costo nella sua lavorazione.

L’uso del dolly e i lunghi piani sequenza suggeriscono la scelta di seguire in maniera molto precisa le direttive della rete. E la cosa funziona, con il vecchio René che dimostra tutta la sua grande abilità, innovandosi ma senza rinunciare a qualche piccolo ritorno al passato.

Ne sono un esempio le scene girate in campo aperto, dove il Ferretti non si fa scrupolo a citare alcune delle sue opere migliori, come Caprera. La scena della spiaggia, dove Giorgio (o forse Erik…) seppellisce nella sabbia l’anello del Conte, dimostra la grandezza di questo sottovalutato Maestro.

Ma è nella fotografia il punto focale di Libeccio. Il ritorno di Duccio Patanè alla guida della fotografia ci consegna una tradizione amata, un vero classico. La luce aperta trasporta tutto ciò che vediamo in una dimensione onirica, un mondo magico dove ogni cosa sembra fatta di luce.

Insomma, tutto in Libeccio sembra essere studiato alla perfezione. Qualcosa di ipnotico per gli spettatori, per tenerli davanti alla televisione, donandogli un prodotto alla loro portata e alla loro altezza. Una vera svolta per la fiction italiana, che d’ora in poi non guarderà più alle altisonanti produzioni straniere per intrattenere la propria gente.

Il messaggio di Libeccio è chiaro: non abbiamo bisogno della vostra robaccia. In Italia possiamo farcela benissimo da soli.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.