L’ultima fatica di Junji Ito

Parlando di pubblicazioni manga in Italia, il protagonista indiscusso dell’anno appena passato è stato sicuramente Junji Ito. Rimaste in sordina per anni, le sue opere stanno ormai spopolando nelle librerie nostrane grazie soprattutto alla partecipazione del mangaka al Lucca Comics and Games 2018, dove gli è stata dedicata una mostra dal titolo “La spirale della mente, l’inferno della carne”. Per chi se la fosse persa e volesse recuperare: non temete! L’esposizione sarà riproposta dal WOW Spazio Fumetto di Milano dal 12 gennaio al 10 febbraio 2019. Al suo interno saranno presenti oltre 70 tavole originali delle opere più famose di Ito (quali Tomie, Uzumaki e Dissolving Classroom) insieme a una selezione di riproduzioni tratte dalla sua ultima fatica: Lo squalificato, adattamento manga dell’omonimo romanzo di Dazai Osamu.

Questo recentissimo lavoro, realizzato completamente in digitale, rappresenta un unicum nella carriera dell’artista, trattandosi della sua prima trasposizione di un’opera letteraria. E non di un’opera letteraria qualunque, ma di un pilastro della letteratura nipponica.

 lo squalificato

Settant’anni di successo

1948: al culmine della sua carriera letteraria, Dazai Osamu consegna alle stampe il suo secondo romanzo, Lo squalificato (Ningen shikkaku) e, pochi mesi dopo, si toglie la vita, gettandosi nel bacino del Tamagawa insieme alla sua amante Tomie Yamazaki. Per Osamu, questo gesto ha segnato la fine di una vita tormentata e dissoluta, segnata dall’alcool e dalle droghe, dai fallimenti professionali e sentimentali. Per gli studiosi, sancisce la consacrazione dell’autore a massimo rappresentante della crisi di valori nel dopoguerra giapponese.
Egli ha infatti sofferto sulla propria pelle il declino della classe aristocratica, l’umiliazione della sconfitta e infine la perdita di identità e di punti di riferimento conseguenti al crollo del regime nazionalista.

2018: Dazai Osamu fa ancora molto parlare di sé. In patria, rimane uno degli autori più letti di sempre e Lo squalificato è il secondo libro più venduto in Giappone, dopo Kokoro di Natsume Soseki. Ad esso si sono ispirati, nel corso degli anni, una serie di rielaborazioni di diverso tipo, tra cui film, anime (ricordiamo la trasposizione nata all’interno della serie animata Aoi Bungaku, che ha vantato il character design di Takeshi Obata, autore di Death Note) e manga.

L’ultimo adattamento a fumetti di questo romanzo è proprio quello del Maestro dell’orrore Junji Ito. Approdato in Italia a settant’anni dalla morte di Osamu, Lo squalificato di Ito verrà pubblicato in tre volumi, seguendo la divisione in tre parti del romanzo originale. I primi due, usciti rispettivamente a ottobre e dicembre 2018, sono già acquistabili; per l’ultima uscita dovremo invece attendere fino a marzo.

Tragedia e commedia

Il manga si apre con lo shinjū (ovvero il “doppio suicidio amoroso”) di Dazai Osamu, portando nelle primissime pagine un omaggio alla vita dell’autore tramite il famosissimo episodio che ne ha segnato la fine. Poi la scena si sposta e subito ci immergiamo nella quotidianità di quello che sarà il nostro giovane protagonista, Yōzō Ōba.

Yōzō è il rampollo di una famiglia agiata. Vive in una grande casa con i suoi numerosi fratelli, i genitori esigenti e la servitù, che si preoccupa di non lasciarlo mai solo. Circondato da così tante persone, cerca di attirare l’attenzione degli altri e di suscitarne l’ilarità impegnandosi costantemente in buffe esibizioni e pagliacciate di ogni genere. Dietro questo atteggiamento eccentrico, si nasconde però un senso di vuoto; una profonda sofferenza nata dall’incapacità di relazionarsi con le altre persone e dalla paura di mostrare al mondo il proprio vero carattere. Quella del buffone diventa ben presto una maschera dietro alla quale Yōzō si cela e si sente al sicuro… almeno finché Takeichi, un compagno di classe lunatico ed emarginato, non lo smaschera a fingersi un imbranato durante una lezione di educazione fisica.

“L’hai fatto apposta”. Parole che colpiscono Yōzō come un pugno in piena faccia e che lo costringono ad uscire allo scoperto con almeno questo suo strano compagno di classe. Per lui sviluppa sentimenti contrastanti: da una parte teme che Takeichi possa svelare a tutti il suo segreto; dall’altra lo percepisce come la persona più simile a lui, l’unico che riesce davvero a comprendere la sua natura. Ed è proprio attraverso la breve vicinanza con questo ragazzo che Yōzō scoprirà un rifugio al suo disagio interiore: l’arte.

 Una mente affollata di spettri

 “Tu diventerai un grande pittore. Avrai tutte le donne ai tuoi piedi”: col passare del tempo, tutte le profezie di Takeichi sembrano avverarsi come terribili maledizioni. Crescendo, il suo fascino da “bello e dannato” permette a Yōzō di circondarsi di donne; inizia a frequentare circoli d’arte e si lascia trascinare all’interno di un movimento marxista. Ma niente di tutto questo gli interessa davvero. Nessuna delle attività intraprese sembra soddisfarlo e la sua vita continua ad andare avanti tra la convinzione di essere un fallito e la costante sensazione di voler morire. Finisce così in un vortice di autodistruzione e di annientamento di tutto ciò che lo circonda.

L’alienazione e lo smarrimento del ragazzo vengono presentati da Junji Ito attraverso il suo tipico tratto raffinato ed elegante, con un sapiente utilizzo delle inchiostrature, che vengono sempre preferite ai retini per evidenziare le immagini più crude e le scene di maggior coinvolgimento emotivo.
Inoltre, l’impatto visivo risulta ancor più straordinario grazie all’abilità di inserire omaggi ad artisti come Vincent Van Gogh, Francisco Goya e Amedeo Modigliani. Gli elementi di arte moderna europea (che Ito aveva già dimostrato di conoscere e apprezzare, ad esempio, con la rivisitazione del celebre Urlo di Munch utilizzata come copertina per la raccolta Fragments of horror) non stonano assolutamente, ma si fondono in maniera armoniosa al disegno in stile manga e alle rappresentazioni grottesche dei demoni e degli spettri che affollano la mente del giovane Yōzō.

Raccontare e raccontarsi

L’abuso di sostanze, la ricerca di sesso sfrenato, i continui tentativi di suicidio: Lo squalificato nasce, senza ombra di dubbio, come un’opera semi-autobografica, in cui la figura di Yōzō altro non è che un alter ego dello stesso Osamu e in cui molte delle vicende narrate corrispondono a episodi realmente accaduti all’autore. A un livello più profondo, però, ad essere rappresentata è tutta la società giapponese del periodo post-bellico, rispecchiando in particolare la condizione dei giovani e degli artisti di quel periodo, costretti a confrontarsi con una situazione di profondo disagio e smarrimento spirituale.

Per Ito, adattare questo titolo ha sicuramente rappresentato una sfida. La trama lo ha portato a stravolgere il topos (a lui carissimo) dei personaggi maschili impotenti di fronte a donne misteriose e crudeli, mostrandoci per la prima volta ragazze fragili, vittime di un uomo incapace di prendersi cura di loro. I temi presentati non si limitano più alla sola ricerca di elementi orrorifici annidati nel quotidiano, ma si allargano verso riflessioni politiche e sociali, permettendo così all’autore di abbracciare un pubblico più ampio rispetto a quello a cui è abituato. D’altra parte, come lui stesso ha dichiarato a Lucca, il Maestro si è immedesimato nel racconto, riconoscendo nelle ossessioni del protagonista un riflesso della sociopatia di cui ha sofferto da ragazzo. È riuscito a fare sua quella storia, rielaborarla nella sua cifra stilistica e offrirci un prodotto di altissimo livello, che merita assolutamente di essere letto.

Sara Zarro
Non sono mai stata brava con le presentazioni, di solito mi limito a elencare una serie di assurdità finché il mio interlocutore non ne ha abbastanza: il mio animale preferito è l’ippopotamo; se potessi incontrare un personaggio letterario a mia scelta questi sarebbe senz’altro Capitan Uncino; ho un’ossessione per la Scozia, l’accento scozzese e i kilt, derivata probabilmente da una infatuazione infantile per il principe della collina di Candy Candy; non ho mai visto Harry Potter e i doni della morte per paura di dover chiudere per sempre il capitolo della mia vita legato alla saga… Ah, ho anche un pony.