N di meNare – La bellezza del meNare

Riuscire a spiegare cosa si celi dietro la “filosofia” del meNare non è qualcosa di semplice. E ancor meno semplice è afferrare e considerare valida una spiegazione che, a conti fatti, potrebbe sembrare poco valida per molti lettori. Forse sono pochi gli “eletti” in grado di comprendere. E, quegli eletti, sono gli stessi in grado di trovare la bellezza in una gag che faccia leva sul servilismo di una persona, in un cazzottone ben assestato, oppure nelle battute di un donnaiolo della riviera.

Questo per una semplice questione di prospettiva. Per la maggior delle persone genio e follia sono due cose distinte. Al contrario un lettore forte sa che esiste un confine molto sottile tra questi due aspetti. Infine, una nicchia di queste persone, penserà che questo confine non esiste affatto, che il genio sta tutto nel saper elevare ad arte qualcosa che la maggior parte delle persone non esiterebbe a etichettare negativamente. Il trash e il meraviglioso che si fondono e diventano qualcosa di superiore alla somma delle parti.

Trovare quella zona grigia in cui il genio e la bellezza vanno a braccetto con la follia e lo squallore. Questa sembra essere la linea di pensiero dietro a N di meNare e L’amore ai tempi del meNare, le due antologie nate dall’etichetta Ignoranza Eroica.

n di menare

Per raccontare cosa sia il meNare la cosa più semplice è far andare la mente alla cultura pop italiana. Nello specifico quella degli anni ’80 e dei primi anni ’90, quella di Fantozzi e dai suoi timidi tentativi di compiacere i superiori, oppure di Piedone e Trinità intenti a mollare sberle. Ma anche a quella del cinema d’azione d’oltreoceano. Un cinema dove gli eroi hanno il grilletto facile e personalità tagliate con l’accetta, capaci di cavarsela nelle situazioni più disperate, tra una battuta salace e un “yippee-ki-yay”.

Date ad alcuni nomi del fantastico italiano la possibilità di narrare storie del genere. Mettete insieme tanti autori di pregio tra cui personalità come Mala Spina e Livio Gambarini; istituzioni del fantasy nostrano come Angelo Berti; personaggi come Jack Sensolini, Luca Mazza, Alessandro Forlani e Mario Pacchiarotti, i guru dello spaghetti fantasy di Nerdheim e il risultato non può che essere esplosivo.

Due antologie di racconti brutti, sporchi e cattivi, con protagonisti eroi ancor più brutti, sporchi e cattivi, spesso accompagnati da nudità non necessaria e scene al limite del politicamente corretto. Ma tutto senza mai mancare di suscitare una sana risata e una bella dose di emozioni ai lettori. Tutto questo è N di meNare, firmato da Ignoranza Eroica e Lethal Books.

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Leggere queste due antologie vuol dire anche leggere un tributo a un certo tipo di narrativa. Quella che non si cura di piacere per forza, quella che vuole intrattenere e raccontare in barba alle mode e al “mainstream“.

La prima cosa da segnalare per quei lettori che vorranno cimentarsi con il meNare è proprio l’essere pronti a qualsiasi cosa, tranne agli archetipi fantasy a cui siamo stati abituati dagli epigoni di Tolkien. Non ci troveremo di fronte ad ambientazioni riprese da D&D, come troppi scrittori scelgono di fare, ma a prevalere sarà l’italianità, il fantasy pensato e realizzato nel Belpaese, ispirato non solo alla sua storia e alle sue tradizioni, ma soprattutto alla sua cultura pop, a quel calderone di personaggi colorati e sopra le righe che hanno popolato i nostri cinema e i nostri albi a fumetti. Questo, come già detto, senza rinunciare a qualche piccolo riferimento a produzioni straniere, senza che esse tuttavia prendano mai il sopravvento.

La capacità di non prendersi sul serio e far diventare questa qualità qualcosa di maledettamente serio. Questo è il meNare, quella capacità di rendere la pazzia un’arte. Far diventare l’ignoranza, la stessa di cui era armato Bud Spencer in tutti i suoi film, la stella polare dei propri racconti. 

Perché l’Ignoranza non è solo uno stile di scrittura, ma una vera e propria filosofia letteraria. È quella che ti spinge a omaggiare in maniera singolare la lettera di Totò e Peppino. Quella che ti convince a raccontare la tua storia a un boia nella speranza di essere graziato. Quella che ti dà l’ispirazione per usare l’appendice di un santo come arma. O ancora quella che ti guida e di consiglia mentre sei in cerca di “avventure” in una bettola della riviera romagnola.

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In parole povere siete avvisati: se non amate deviazioni dal classico e siete amanti del mainstream puro e semplice, il meNare non fa per voi. Se siete disposti a lasciarvi trascinare da una buona dose di follia, se amate gli eroi che eroi non sono, scene di azione improbabili ed esagerate, allora sarà bene che mettiate subito mano alle opere curate da Ignoranza Eroica. Fosse anche solo per dare una possibilità a degli autori fantasy italiani, fieri di portare questa loro caratteristica all’interno dei propri racconti. Oppure per godervi qualche scena d’azione improbabile e qualche pestaggio, dove l’Ignoranza non è un semplice mezzo, ma il fine ultimo dell’intrattenimento.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.