Paco Roca, l’artista del tempo che passa

Paco Roca, l’artista del tempo che passa

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Per omaggiare il fumettista spagnolo, Arf! Festival gli dedica una mostra personale per l’edizione 2022

Reso celebre dal suo Rughe, Paco Roca è un artista con all’attivo una bibliografia lunga e variegata che lo rende uno dei nomi più importanti della Nona Arte iberica. La sua produzione incarna l’equilibrio tra l’accoglienza mainstream, apprezzata da un largo pubblico, e l’impronta “indipendente”, autoriale. Un’impronta che Roca esercita su ogni sua opera, come timone in un viaggio fatto di frequenti cambi di registro, sfide professionali, chiarezza d’intenti e una poetica ben riconoscibile. Partendo proprio dal suo capolavoro riconosciuto, Rughe (2008), si possono isolare gli aspetti salienti, per orientarsi nella lettura di questo artista così denso di stimoli.

Ovviamente, l’aspetto contenutistico va di pari passo alla sua estetica altrettanto in grado di tener dentro esigenze opposte e ben sostenuta da un uso consapevole della gabbia. Una cultura a tutto tondo, infine, quella di Roca, che abbraccia spunti provenienti dal cinema, dalla letteratura comprendendone il linguaggio per tradurlo in una visione del tutto personale.

Un prezioso mondo privato – l’arte di Paco Roca

Pochi artisti in Spagna possono vantare un successo come quello di Paco Roca. Ormai in due occasioni, le sue opere hanno vissuto la trasposizione al cinema sia in versione animata (Rughe) sia in live action (è stato annunciata la trasposizione de Il tesoro del cigno nero diretta da Alejandro Amenábar). Il motivo di tanto successo, la rottura della nicchia in cui un fumettista – per quanto amato – rischia di stabilirsi per sempre, deriva dalla forte indipendenza di Roca nel portare avanti i propri progetti. Quello che ha contribuito alla fortuna dell’autore è proprio la scommessa di proporre temi privati, poco commerciali, che nascono nel proprio prezioso piccolo mondo, raccontati con una sincerità tale da creare immediatamente un legame empatico col lettore.

Classe 1969, Valenciano, Roca è una voce di quello spirito mediterraneo che sa essere malinconico, ma anche sferzante all’occorrenza.

Inoltre rende bene l’aria contemplativa del racconto del ricordo, della rievocazione di tempi andati, tipica di una certa letteratura del Sud dell’Europa, memore di età dell’oro e di grandi battaglie concluse. Questo è tanto vero per i grandi eventi storici quanto per le vicende personali dei personaggi narrati da Roca, che in due dei suoi graphic novel più apprezzati (oltre Rughe, anche La casa del 2016) basano le loro “avventure” proprio sul rapporto col tempo che passa. Se in Rughe Emilio fa i conti con un grande cambiamento sia interiore che esteriore e lo vive anche attraverso un parallelismo con la propria infanzia, ne La casa è tutta una famiglia a dover fare i conti col passato. Il luogo d’affezione diventa una sorta di protagonista silente, che osserva i personaggi (dei fratelli alle prese con la scomparsa del padre) vivere il proprio rapporto con ciò che è stato, ed è finito.

Guardarsi dentro, guardare fuori

Grazie al suo linguaggio solido, e a un sincero spirito di ricerca che antepone la propria esigenza comunicativa al diktat del commerciale, Paco Roca si è cimentato in produzioni molto diverse tra loro. Forse con una risposta del pubblico e della critica più tiepida, ma neanche troppo. Il già citato Il tesoro del cigno nero parte come un racconto di avventura, una grande narrazione internazionale che vede uno “scontro” culturale tra la “piccola” Spagna e i “grandi” Stati Uniti. Tuttavia è interessante vedere come Paco Roca ha saputo declinare questo tipo di storia apparentemente lontano dai suoi registri evitando strade già battute dal genere. Il rapporto consolidato con la casa editrice Astiberri, che pubblica la maggior parte delle sue opere (in Italia portate da Tunuè) gli permette di gestire le collaborazioni guidando l’opera anche quando la storia non nasce affatto dalla sua esperienza.

Nel caso de Il tesoro del cigno nero, infatti, lo sguardo è meno introspettivo del solito e si basa sulla vicenda reale vissuta dallo sceneggiatore Guillermo Corral, Direttore di gabinetto della Secretaria de Estado spagnola. Tuttavia, alla traccia che si ispirava alle avventure “alla italiana” di Corto Maltese o “alla belga” di Tintin, Paco Roca contrappone la visione “alla Roca” di un racconto molto ancorato alla realtà e alla descrizione dei protagonisti, quasi documentaristico. Una visione analoga la ritroviamo in Il bivio, scritto con la collaborazione di José Manuel Casañ del gruppo spagnolo Seguridad Social. Una chiacchierata artistica tra due amici, e il racconto della genesi del nuovo album del gruppo (il fumetto è uscito nel 2018) attraverso il fumetto. A differenza della struttura più classica de Il tesoro del cigno nero, ne Il bivio – così come nella raccolta di strisce Memorie di un uomo in pigiama – è lo stesso Paco Roca a interpretare il personaggio principale. La prospettiva si rivolge dunque a sé, guardando il lettore dritto negli occhi e riflettendo apertamente sul suo ruolo artistico e umano, arrivato allo status di punto di riferimento per il fumetto spagnolo.

La sintesi di Paco Roca

Ogni tavola di Paco Roca è un piccolo capolavoro di sintesi visiva e di recitazione dei personaggi. Il lavoro che l’artista fa su di sé è direzionato nel rendere con un tratto semplice, lineare, un’infinita gamma di piccole sfumature espressive e sentimentali. In questo Roca è magistralmente coerente con il tono lieve delle sue opere, che affronta i drammi più profondi e reali (e profondi proprio perché reali) senza trascurare il disincanto e l’ironia – tra le poche armi per sopravvivere al quotidiano. Sia la scelta delle gabbie, spesso classiche, che dividono la tavola in sei o in nove, sia la loro effrazione parlano di una ricerca della buona storia, mai sacrificata alle leggi della spettacolarizzazione.

E, inoltre, la resa del cambiamento minimo, che si prende tutto lo spazio e il tempo per evolvere. Anche le palette di colore raccontano la stessa esigenza: la realtà non necessita di grandi capriole per essere interessante, bensì di un narratore rispettoso e autentico. Questa è la poetica di Roca, che l’ha consacrato nel milieu dell’arte spagnola ed europea in generale. La capacità di rendere avvincenti le esperienze che tendiamo a rifuggire, a metterci di fronte a una realtà cruda e delicata allo stesso tempo, – sì – triste, ma anche dolcissima e commovente.

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