Sembra talco ma non è!

C’era un periodo in cui Microsoft provava seriamente a conquistare il mercato giapponese. La prima Xbox, ad esempio, aveva una buona quantità di esclusive made in Sega che le altre piattaforme non potevano che invidiare. Ma il tentativo di penetrazione nei cuori dei giapponesi operato da Microsoft non si limitava a prodotti sviluppati da Sega, e molti altri titoli vennero pensati proprio per soddisfare i gusti dei sudditi dell’Imperatore. Uno di questi giochi era Phantom Dust, che mai vide la luce in Europa, e che ora Microsoft ha redistribuito gratuitamente su Xbox One e PC, all’interno del programma Play Anywhere, rendendo un bel servizio ai tantissimi che mai avevano messo le zampe su questa particolare commistione tra trading card game e action game. Dopo la promessa di un reboot fatta qualche anno fa, a Redmond si è fatta marcia indietro e si è ben pensato di riproporre il gioco originale, senza particolari modifiche se non il supporto all’infrastruttura online di Xbox, i 1080p e il formato 16:9. Stando alle ultime dichiarazioni, pare che quest’operazione sia volta a tastare il terreno per vedere se c’è interesse del pubblico nei confronti di un titolo peculiare come Phantom Dust. Vediamo insieme perché, effettivamente, sarebbe bellissimo avere un nuovo Phantom Dust, e soprattutto perché la strada scelta da Microsoft non ci ha convinto a pieno.

Phantom Dust inizia con il ritrovamento del corpo del protagonista, e di quello che diverrà il suo compagno, all’interno di due particolari bare. Il mondo è oramai al limite, a seguito di un cataclisma che ha ricoperto il pianeta di una misteriosa polvere e che ha obbligato la specie umana a trasferirsi nel sottosuolo. Ci sono però pochi fortunati in grado di rimanere in superficie per pochi minuti, dopo i quali perdono la memoria. Questi prescelti in grado di resistere qualche tempo in superficie sono detti Esper, e hanno anche la capacità di controllare la polvere guadagnandone poteri e abilità magiche. Ovviamente il protagonista è uno di questi, e dovrà fare in modo di aiutare la sua comunità mentre cerca di ricostruire la sua memoria. Tutta questa premessa interessantissima si sviluppa e articola in una modalità single player piuttosto ripetitiva, per quanto interessante sotto l’aspetto strettamente narrativo, che appare in definitiva come un grosso tutorial alla modalità multiplayer. Il gioco infatti prevede una serie di missioni all’esterno in cui combattere all’interno di arene. Facile facile.

A prescindere dall’interessante storia che il gioco offre, il vero nucleo del lavoro Microsoft va ricercato in un gameplay assolutamente particolare che, ancora oggi, risulta fresco e innovativo nonostante l’età, probabilmente anche perché si tratta di un esperimento mai replicato. Phantom Dust infatti, come detto in apertura, è un eccezionale incontro di action game e trading card game. All’interno di arene non tanto estese ma ben costruite, fino a quattro giocatori si sfidano per la vittoria. Quello che rende particolare l’approccio di Phantom Dust ai combattimenti è proprio il suo spirito da gioco di carte collezionabili. All’inizio di ogni scontro ogni giocatore parte “disarmato”, e alcune abilità spawnano casualmente sul campo di gioco, e devono essere raccolte ed equipaggiate per poter essere utilizzate. Queste abilità vengono pescate da un “mazzo” costruito in precedenza, che deve essere diviso tra le abilità (appartenenti a cinque “scuole” diverse) che a loro volta possono essere di attacco, così come essere utili a guadagnare bonus o infliggere malus. A fianco di queste troviamo anche delle “carte” che fungono da mana, perché ogni skill ha un costo, nonostante il mana pool si ricarichi molto rapidamente fino al suo valore massimo. Vien da sé che la costruzione di un deck ben bilanciato è centrale per poter avere la possibilità di trovarsi per le mani quello che serve, e soprattutto per poter essere reattivi ed elastici nell’affrontare qualsiasi situazione. A questi calcoli tipici dei TCG si somma poi l’abilità del giocatore nel gestire i tempi necessari a lanciare un’abilità, o ad innalzare uno scudo, il tutto sfruttando un comodo lock on che tiene centrato un avversario specifico, non rendendo quindi necessario mirare. Il risultato è un battle system frenetico ed intelligente al tempo stesso, impreziosito da un deck building ben congeniato e vario, grazie alle 300 carte/abilità disponibili.

Quello che non ci convince non è il gioco in quanto tale, che ripetiamo ancora una volta funziona più che bene ancora oggi, quanto la possibilità che questo possa effettivamente attrarre un pubblico vasto. Il perché è presto detto: Phantom Dust è un gioco che è uscito piuttosto in sordina, e non avrà il supporto che un gioco online, nel 2017, deve avere. Per far sfondare un gioco online serve innanzitutto gente che ci giochi, e un supporto di lungo periodo da parte dello sviluppatore, così da aggiungere sempre contenuti e tenere l’attenzione alta, e questo è ancora più importante per un titolo che strizza l’occhio ai giochi di carte collezionabili; servirebbero espansioni e nuove abilità, oltre a nuove arene.

A prescindere da queste perplessità però, Phantom Dust è un ottimo titolo come lo era anni fa. Si difende anche esteticamente, nonostante l’età, grazie all’ottima direzione artistica. Non ci si può certo aspettare la complessità poligonale di un gioco moderno, chiaramente, ma sicuramente non c’è di che lamentarsi, almeno a colpo d’occhio. Il matchmaking funziona piuttosto bene, anche se le modalità di gioco multiplayer sono solo tre. È anche possibile giocare in split screen, in locale, cosa sempre apprezzata e sempre meno implementata nelle ultime produzioni. Infine, non possiamo che segnalare l’eccezionale lavoro svolto sulla colonna sonora.

Verdetto 

Phantom Dust ci ha convinto ancora, ad anni di distanza. È ancora innovativo, e gli si perdona facilmente qualche difettuccio nelle animazioni e qualche scivolata legata all’età. Ne vorremmo uno nuovo, con un supporto protratto nel tempo, con nuovi set di carte e nuovi stimoli per continuare a giocare. Ci accontentiamo di questa riedizione, tra l’altro gratuita sia per Xbox One che per PC. Certamente non potrete che divertirvici, perché in fondo Phantom Dust fa la cosa che più di ogni altra deve fare un videogioco: divertire.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.