Mutanti e post apocalisse per un tattico imperdibile

Vi avevo già parlato di Mutant Year Zero: Road to Eden quando provai la demo circa un mese fa. Ne rimasi estremamente colpito, tanto da aspettare la copia per la recensione con un certo fervore. Beh, non mi posso certo dire deluso. Mutant Year Zero è infatti un gioco che si è rivelato essere veramente ottimo, mantenendo quanto era stato promesso.

Ma facciamo un passo indietro, frenando un po’ l’entusiasmo: Mutant Year Zero: Road to Eden è un tattico a turni à la XCOM, basato su un gioco di ruolo svedese ambientato in un setting post apocalittico dove a seguito di diversi accadimenti, tra cui malattie e bombardamenti atomici, la vita è ridotta al lumicino ed esseri umani e animali hanno subito mutazioni. Le terre contaminate sono in mano a ghoul e nuovi culti, mentre quello che resta dell’umanità è ridotto a vivere nell’Arca, un’enclave sopraelevata che rispetto alle altre terre ridotte all’anarchia. Quello che permette a questi pochi di sopravvivere sono gli Stalker, gruppi di combattenti che si avventurano nella Zona alla ricerca di quello che è necessario per la sopravvivenza, soprattutto materiali utili alla fabbricazione e macchine dell’antica civiltà estinta, ormai incomprensibile e quindi da alcuni divinizzata.

In questo scenario prenderemo dapprima il controllo di Dux e Bormin, i principali protagonisti dell’opera Funcom, rispettivamente un’anatra e un facocero antropomorfi. Durante il corso delle nostre peregrinazioni incontreremo altri personaggi che si aggiungeranno al party, ma non vogliamo farvi spoiler. Dopo poche ore dall’inizio dell’avventura scopriremo che Hammond, uno degli Stalker più importanti per la sopravvivenza dell’Arca, è scomparso con il suo team per cercare la misteriosa terra dell’Eden, non toccata dalle calamità. Da qui inizierà un’avventura la cui trama non fa certamente gridare al miracolo, ma che forse anche per questo motivo permette ai personaggi di bucare spesso lo schermo. Contrariamente ad altri tattici di questo tipo, Mutant Year Zero ha un impianto narrativo molto marcato che ben si amalgama con le sue peculiarità di gameplay: la grande novità introdotta da Funcom è infatti la possibilità di esplorare liberamente gli scenari, non riducendo il gioco a una serie di combattimenti.

Questi intermezzi esplorativi servono a diversi scopi: durante gli spostamenti in tempo reale i nostri parleranno tra loro, facendo emergere i caratteri di ognuno e raccontando storie personali. L’interazione con specifiche parti delle scenario permetterà di scoprire ulteriori storie sul mondo di gioco e di scoprire manufatti antichi, come ad esempio iPod, cannocchiali o frigoriferi, la cui utilità nel vecchio mondo verrà interpretata dai nostri (o dagli appunti di qualche storico “contemporaneo”) con risultati spesso comici, ma anche importanti nella costruzione della lore del gioco. Infine, l’esplorazione ha importanza sotto il profilo del giocato non soltanto per il loot utile a potenziare l’equipaggiamento, ma soprattutto perché al centro dell’impostazione stealth che gli sviluppatori hanno dato al titolo.

I combattimenti si svolgono come da copione: ci si può riparare dietro le coperture, si hanno due punti azione che possono essere usati per muoversi o per compiere azioni offensive (o difensive), ci sono le canoniche percentuali che segnalano la possibilità di andare a segno di un colpo e tutte quelle altre caratteristiche che Fireaxis ha riportato in auge con il suo reboot di XCOM. In Mutant Year Zero però il libero movimento sulla mappa è del giocatore come degli avversari, e quindi tutto si muove in real time fino a che non si decide di entrare in battaglia. I nemici dal canto loro non sono fermi in un punto, ma si muovono  per le mappe, lasciando la possibilità al giocatore di tendere imboscate con armi silenziose, o più semplicemente di posizionare i membri della propria squadra in punti specifici per poter attaccare il gruppo da fronti diversi. Quella che potrebbe sembrare una piccola introduzione apre un ventaglio di possibilità veramente ampio, rendendo l’atto dell’esplorazione e della pianificazione quasi più importante rispetto alla battaglia stessa. Controllare bene i dintorni dell’area presidiata dal nemico, contare quanti sono i nostri avversari, studiarne le routine di movimento, sono tutte attività che portano via molto più tempo rispetto agli scontri stessi, se si decide di non giocare ad armi spianate. E danno anche più soddisfazione, va detto.

Le zone entro le quali i nemici si muovono e sono in grado di avvertire gli altri sono man mano che si avanza molto ampie, e così può diventare una strategia anche mettersi da una parte della mappa e farsi sentire nell’uccisione del primo bersaglio, per poi vedere arrivare a ondate dipendenti dalle distanze tutti i suoi compagni, in modo da poterli affrontare senza rischiare di essere sopraffatti. Si può anche cercare di isolare i nemici uno per uno, abbattendoli con armi silenziose, fino a lasciarne pochissimi da uccidere facendo cantare i mitra. L’aggiunta di meccaniche stealth in un tattico apre il gioco a approcci molto più ampi, liberandolo dal rigore dei turni per una parte del gioco, e serve anche per spezzare l’azione dando una piacevole variazione sul tema al giocatore. L’altro tattico recente che includeva, seppure in modo diversissimo, meccaniche di infiltrazione in un gameplay di questo tipo era Phantom Doctrine. Differenza di struttura a parte, c’è da dire che in Phantom Doctrine si potevano fare missioni senza mai farsi vedere, ma l’azione diventava tediosa essendo sempre vincolata al sistema di turni. Mutant Year Zero invece risulta sempre estremamente fresco e divertente, e può essere giocato come si preferisce.

Il sistema di progressione dei personaggi è invece molto canonico, con un classico skill tree dove troviamo potenziamenti relativi alle statistiche e abilità suddivise in tre categorie, potendone poi equipaggiare soltanto una per ognuna delle tre tipologie per volta. L’equipaggiamento è diviso in due tipi di armi trasportabili e una protezione per la testa e per il corpo. Bisogna notare come anche la descrizione dei vari pezzi di equip ne racconti la storia, come per gli altri antichi manufatti (reminder per chi acquisterà il gioco, leggere la descrizione della visiera). Sotto questo profilo Mutant Year Zero è decisamente più conservativo, come lo è nel potenziamento delle armi che possono essere livellate verso l’alto e a cui possono essere aggiunte parti per avere effetti bonus.

Un altro punto a favore di Mutant Year Zero è poi l’aspetto estetico, sia tecnico che artistico. Gli intermezzi disegnati sono eccezionali, così come l’interpretazione della voce narrante (che altro non è che il nostro Bormin). Il tono è sempre giusto, restituendo la giusta gravità alla situazione. Parimenti la rappresentazione della Zona è eccezionale, con una discreta quantità di ambientazioni ben diversificate tra loro nel design e nelle fasce orarie, con un ottimo uso dei colori e un’estetica retrò veramente ispirata. L’esplorazione è così sempre un piacere,  grazie alla bellezza e all’estensione funzionale delle aree di gioco, mai troppo grandi, ma soprattutto grazie ai già citati scambi di battute, interamente doppiati ottimamente e accompagni da un’ottima colonna sonora. La resa grafica è anch’essa di ottimo livello, con bei modelli poligonali sia per quanto riguarda i personaggi che le ambientazioni, decisamente vive e dettagliate per un gioco indipendente.

Verdetto 

Mutant Year Zero: Road to Eden è un tattico di quelli che dovrebbero giocare tutti gli amanti del genere, ma che potrebbe fare anche al caso di chi ci si vuole soltanto avvicinare. Nel gioco funziona praticamente tutto, c’è solo qualche raro bug di poco conto, a partire con il gameplay per finire con la storia. L’operazione di Funcom è riuscitissima, e la loro strada per ibridare il gameplay a turni con momenti di esplorazione e racconto e stealth è assolutamente quella giusta. Per fortuna ci sono spiragli per un seguito, ma nel frattempo non posso che consigliare a chiunque l’acquisto del gioco, che è tra l’altro disponibile su ogni piattaforma, Nintendo Switch escluso!

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.