Rilakkuma, attraverso la serie a lui dedicata prodotta da Netflix, si prepara a conquistare i cuori di grandi e piccoli anche in occidente. Seguiteci in questo viaggio attraverso il mondo delle mascotte giapponesi.

Alzi la mano chi non ha mai avuto un orsacchiotto in vita sua… Scommetto che siete rimasti tutti fermi. Sì perché un peluche a forma di orso, nel corso della nostra infanzia, lo abbiamo avuto tutti. Alcuni lo hanno voluto, per altri è stato un regalo inaspettato. Per molti di noi è stato un amico inseparabile, che spesso ci portavamo addirittura a letto per stringerlo tra le coperte fino al mattino seguente. Altri si sono limitati a tenerlo su uno scaffale o in una cesta insieme ad altri giochi. Comunque sia un pupazzo del genere risiede nella memoria di tutti e forse molte delle nostre soffitte o cantine ne conservano ancora qualche esemplare.

Risulta facile capire quindi il successo che molti orsi hanno avuto nell’intrattenimento dedicato ai bambini. Da Winnie the Pooh a Yoghi e Bubu, tanti di questi protagonisti pelosi dei cartoon attraverso il merchandising continuano ad accompagnarci anche in età adulta. Ci fanno stare bene, è come portare un pezzo della nostra infanzia sempre con noi.

Anche il Sol Levante ha i suoi orsi celebri, primo tra tutti Rilakkuma. Il nome viene dalla parola kuma (che in giapponese vuol dire orso) e il termine relax. Già da questo si può capire da subito la indole di questo mammifero nipponico, che passa le giornate tra un sonnellino e una merendina.

Famosissimo in Giappone, dove addirittura ha una serie di negozi interamente dedicati a lui, a breve forse lo sarà anche in occidente anche grazie alla nuova serie prodotta da Netflix interamente in stop motion.

Rilakkuma e il mondo delle mascotte giapponesi

Creato nel 2003 dalla San-x, l’orso pigrone più famoso del Giappone non nasce da una serie o comunque da un prodotto mediatico preciso (come ad esempio i personaggi di Star Wars, nati da una saga cinematografica e poi divenuti un brand). Vede la luce come una mascotte, un personaggio a sé stante pronto a divenire un franchise, che vede comunque nel merchandising il suo principale canale di diffusione (e di guadagno). Di Rilakkuma sono stati prodotti libri illustrati, serie tv e una mole smisurata di oggettistica che va dalla cartoleria scolastica, all’abbigliamento e gli accessori per la persona, fino all’elettronica e agli utensili da cucina. Poi indubbiamente i peluche, ma insomma come accade in questi casi si tende a produrre qualsiasi cosa possa essere prodotta.

Creare un personaggio per tale fine è tutt’altro che semplice. Per raggiungere anche tutti quelli che del soggetto non hanno mai letto o visto neanche una storia, c’è bisogno che a livello estetico, anche attraverso un’unica illustrazione, il personaggio riesca a trasmettere il messaggio emozionale che si vuole comunicare. Nel caso di Rilakkuma il dolce far niente, la felicità dell’ozio.

Le storie illustrate o video hanno lo scopo, oltre che di intrattenere e far crescere la popolarità del personaggio, di rafforzarne il potere comunicativo. In termini semiologici la mascotte deve diventare un vero e proprio significante (un simbolo), in grado di veicolare immediatamente (a prima vista) il significato che gli è stato associato (la felice pigrizia).

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La caratterizzazione estetica è fondamentale anche perché la mascotte deve essere immediatamente riconoscibile. Normalmente si prediligono forme semplici, per garantire una perfetta adattabilità ai diversi tipi di merchandising e anche per permettere ai fan più piccoli di riprodurre i loro personaggi preferiti facilmente nei loro disegni. Normalmente ogni mascotte viene anche associata ad un colore predominante. Inutile spiegare quanto questo sia importante ai fini del merchandising. Non per forza il colore che viene associato al brand però deve essere quello predominante nel disegno del personaggio, per esempio il colore di Hello Kitty è il rosa. Anche se la gattina-bamina più famosa del mondo spesso non ha niente di rosa addosso, questo colore esprime però al meglio il carattere kitsch, femminile e infantile che la sua creatrice Yuko Shimizu ha voluto dare al brand.

Altra caratteristica comune alla maggior parte delle mascotte è la presenza di altri personaggi che si muovono attorno al protagonista. Il motivo è semplice, solo avvicinando alla mascotte altri soggetti sarà possibile costruire storie, scenette, fino ad una serie televisiva vera e propria. C’è poi da dire che più sono i personaggi, maggiore è la quantità di gadget che il brand può produrre.

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Nel caso di Rilakkuma abbiamo Korilakkuma (in italiano traducibile in piccolo Rilakkuma), un orso femmina bianco, con un bottone al collo rosso. Normalmente è molto dispettosa con l’orsetto più grande, escogita tanti scherzetti per dargli fastidio. Nella serie di Netflix questo aspetto del suo carattere però non è stato riprodotto. Anzi l’orsetta più che altro si mostra molto affettuosa con Rilakkuma. Vi è poi Kiiroitori , un uccellino che si presenta come il meno pigro della famiglia. Anzi è sempre attivo, cucina e fa le faccende domestiche. A volte si arrabbia con Rilakkuma e lo redarguisce. Anche questo aspetto però nella serie è stato ignorato. L’ultimo arrivato in casa Rilakkuma è il piccolo orsetto Chairoikoguma (che in italiano significa cucciolo d’orso marrone), al collo ha un collare bianco tipico dell’orso tibetano.  Lui però non appare nella serie di Netflix.

Tutti questi animali vivono insieme nella casa di Kaoru, una giovane impiegata che è la vera protagonista della serie. Visto che è l’unica a volere un cambiamento nella sua vita, che non arriva mai. Kaoru è sola, la sua famiglia è lontana, le sue amiche ormai tra carriera e famiglia non hanno più tempo da dedicarle. Ha solo un lavoro che non la soddisfa e neanche gli dà chissà quale sicurezza economica, di carriera poi neanche a parlarne. Sogna un fidanzato, che diventi presto suo marito, ma per adesso a farle visita è solo un’eruzione cutanea da stress.

A farle compagnia un giorno arriva però un orso marrone, un’orsetta bianca e un uccellino. Saranno per lei qualcosa a metà tra i suoi animali domestici e i suoi figli.

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All’inizio fu Hello Kitty, poi vennero tutti gli altri

Nel 1974 la Sanrio presentò al mondo un’antropomorfizzazione a forma di gattina bianca. Aveva un fiocco rosso all’orecchio e una tutina blu. Dieci anni dopo la bimba-micina era diventata ambasciatrice dell’Unicef. A partire dagli anni 90 diversi divi del cinema e della musica hanno espresso, attraverso foto e video, la loro passione verso Hello Kitty, aiutandola a diventare un personaggio di culto. Sono state prodotte serie televisive con lei come protagonista e una miriade di gadget, da una linea di assorbenti ad una Fender Stratocaster, dando vita ad un fatturato di un miliardo di dollari l’anno.

Il modo di Hello kitty è esagerato, tutto rosa shocking , brillantini e paillettes. Ci ha conquistato, imitando quella libertà espressiva che avevamo da bambini, quando ce ne fregavamo di apparire kitsch. Curiosa è l’assenza della bocca nel personaggio (questa è visibile solo nelle serie televisive). Appare così inespressiva, o per meglio dire uno specchio della nostra espressività. Se siamo felici, ci sembrerà che sia felice, se siamo tristi invece sarà triste anche lei. In occasione della mostra tenutasi a Los Angeles nel 2014, Hello! Exploring the Supercute World of Hello Kitty, al Japanese American National Museum per i 40 anni del brand, la Sanrio ha voluto specificare che Hello Kitty ha la bocca ma semplicemente questa non viene disegnata.

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Gudetama, nichilismo e black humor nella mascotte che sta per essere mangiata

Molti sono i personaggi che seguirono Hello kitty, troppi da citarli tutti. Degno di nota però appare Gudetama, come per Rilakkuma anche il nome di quest’ultimo è una fusione di due parole che permettono di inquadrare immediatamente il personaggio. Gudetama infatti viene dalla parola giapponese gude (pigro) e tama (uovo). Si tratta quindi di un tuorlo d’uovo, munito di occhi, bocca e del sedere, che alcune volte appare in compagnia della chiara o del guscio e altre volte no. Se ne sta spesso adagiato sui piatti di cui è uno degli ingredienti. Normalmente dormicchia, magari usando una fetta di pancetta come coperta.

Anche se può sembrare che abbia diverse cose in comune con Rilakkuma, in realtà gudetama è un personaggio completamente diverso. Mentre la pigrizia dell’orso è serena, felice e sorniona quella di gudetama è quasi nichilista. L’ovetto è rassegnato al suo destino, si capisce infatti che presto verrà mangiato. Infatti la sua espressione è sempre triste e svogliata.

Al contrario dei suoi colleghi all’uovo pigrone non si affiancano altri personaggi. Anche perché esistono tanti gudetama, egli ha una vita breve ma rinasce ogni volta che un guscio viene rotto e un tuorlo ne esce fuori. Il suo malessere potrebbe essere interpretato anche come la maledizione del ciclo di morti e reincarnazioni a cui, secondo diverse religioni orientali, l’uomo sarebbe condannato. E a cui diverse pratiche spirituali hanno proprio l’obiettivo di liberarci. Tutto ciò viene presentato sotto un’ottica di black humor ben visibile attraverso i tanti cortometraggi che hanno gudetama come protagonista, presenti anche sul canale youtube della Sanrio (la stessa casa produttrice di Hello Kitty, creatrice anche dell’uovo) la cui visione è altamente consigliata.

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Emily the Strange, la mascotte alternativa statunitense

Sarebbe sbagliato comunque pensare che tali mascotte di successo siano solo giapponesi. Basti pensare alla famosissima Emily the Strange. Un personaggio, che rappresenta un’adolescente “darkettona” (goth), creato nel ‘91 dallo skater Rob Reger, per la sua impresa di abbigliamento (la Cosmic Debris). Il suo motto è “voi ridete di me perché sono diversa. Io vi guardo e rido perché siete tutti uguali”, chiaramente ripreso da quello del cantante dei korn, Jonathan Davis. L’immaginario metal fa parte del brand di Emily, addirittura la ragazzina suona la chitarra elettrica. Insieme a lei ci sono sempre i suoi quattro gatti neri Mystery, Miles, Sabbath e NeeChee. Oltre che alla musica si dedica all’illustrazione e alla costruzione di strani utensili. Ha un carattere forte e poco empatico, spesso gira in skate e porta sempre una fionda con sé, con cui tira brutti scherzi a chi gli sta antipatico.

Il personaggio ebbe così tanto successo che presto oltre all’abbigliamento iniziarono a essere prodotti una miriade di altri gadget. I motivi della popolarità di Emily risiede principalmente nel fatto che tante adolescenti di tutto il mondo si sono identificate in lei e nel suo essere orgogliosa di essere diversa. E forse anche nel suo sentirsi una persona speciale, incompresa dagli altri. Di Emily the Strange sono usciti romanzi e una serie a fumetti.

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Rilakkuma e Kaoru, il brand su Netflix diventa uno young adult

La serie di Netflix dedicata a Rilakkuma però non si limita a rafforzare il personaggio per la vendita del merchandising. Non si riassume in una serie di scenette, ma è ben strutturata e si presta ad almeno due letture. Le quali procedono in parallelo l’una all’altra. Per un certo punto di vista è sicuramente un prodotto dedicato ai bambini, anche molto piccoli. Le scene musicali, con tanto di canzoncine e balletti di sicuro riescono ad intrattenere anche i più piccoli. Da un altro punto di vista però la serie presenta diversi elementi, che magari finisco per passare inosservati agli occhi dei giovanissimi, ma che possono essere apprezzati dai loro genitori e fratelli maggiori.

La narrazione è divisa nelle quattro stagioni dell’anno solare, iniziando dalla primavera. In ognuna di esse i protagonisti parteciperanno alle varie ricorrenze del periodo. La fotografia è veramente ben curata, soprattutto nelle scene all’esterno. Particolare attenzione è stata data al passaggio da una stagione all’altra. Ognuna delle quali darà a Rilakkuma e ai suoi amici nuove occasioni di gioco e divertimento e, ahimè, influirà sullo stato d’animo di Kaoru. Sempre alle prese con i suoi mali di vivere, principalmente legati alla solitudine a un lavoro che non le dà stimoli.

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Il tempo che passa e il cambiamento è il tema principale della serie, che viene affrontato in modo accurato ma anche semplice. Principalmente attraverso metafore che si possono cogliere osservando la natura. Una tra tutti è la neve che si scioglie, che fa piangere Rilakkuma. Ma l’orso dovrà capire che, come gli ha spiegato Kaoru, nulla è per sempre.

Ai personaggi classici del brand si aggiungerà anche Tokio, un ragazzino vicino di casa di Kaoru. Passa la maggior parte della giornata da solo e troverà in Rilakkuma e nella sua famiglia dei nuovi amici. I diversi personaggi mano a mano dovranno accettare il cambiamento e il tempo che passa. La serie si presenta come la descrizione di un pezzo di vita (slice of life) dei protagonisti. Ma, anche se la quotidianità degli orsetti e della loro padroncina occuperà la maggior parte degli episodi, in alcuni casi alieni e fantasmi arriveranno a movimentare la trama.

Quello che però principalmente trasmette la serie è che la felicità forse la si trova nelle piccole cose. Anche in un biscotto sgranocchiato mentre sei disteso su un cuscino con i tuoi amici intorno.

Andrea Torrente
A 5 anni vidi una puntata di Doraemon sulla mitica Super3, incuriosito dalle strane usanze dei personaggi iniziai a fare mille domande sul Giappone ai miei genitori, che sentenziarono: "vedi come è curioso, ora ci tormenta col Giappone mentre domani se lo sarà già dimenticato". Sono passati veramente tanti anni e oggi mi ritrovo con un santuario shintoista in giardino, pratico lo Zen, vado in Giappone almeno una volta l'anno, divoro manga e anime manco fossero patatine. Grazie alla varietà di temi trattati dal fumetto giapponese, lentamente ho esteso le mie letture anche ai fumetti americani e italiani. Mi sono laureato tre volte con tre tesi rigorosamente sulla nona arte e so cucinare degli ottimi takoyaki