Soul Calibur VI è un picchiaduro solido, capace di far ripartire nel migliore dei modi la longeva saga targata Bandai Namco

Quando si è iniziato a parlare di Soul Calibur VI, in quel di Bandai Namco, l’imperativo categorico era uno e soltanto uno: ripartire senza dimenticare il glorioso passato, imparando sia dalle (tantissime) solidissime basi di partenza sia, e soprattutto, dagli errori commessi, specie nel recente passato.

Soul Calibur VI, infatti, può vantare il non invidiabile fardello di dover per forza di cose risollevare le sorti della gloriosa saga, nata nel lontanissimo 1998 ed approdata su console “home” su Dreamcast l’anno successivo, reduce da un quinto capitolo tutt’altro che indimenticabile e, soprattutto, ben lontano dall’apprezzamento dei tantissimi fan di Kilik, Ophitia e tutti gli altri storici membri che ne compongono il roster. Per carità, Soul Calibur V ha avuto il grande merito di introdurre interessanti meccaniche, che in questo sesto capitolo vengono riproposte, ma anche il grande demerito di sacrificare fin troppi elementi in nome del cambiamento, cosa che, di fatto, non ha di certo suscitato il consenso di buona parte dei fan, delusi da un prodotto fin troppo spoglio ed a tratti quasi incompleto.

Qui, invece, tutto questo viene spazzato via con un poderoso fendente di una delle lame di uno dei vari guerrieri del roster. Soul Calibur VI, infatti, riesce a far quadrare tutto, nuovo e vecchio, senza alcuna rinuncia (tranne per alcuni elementi del comparto grafico, ma ne parleremo più avanti) e lo fa senza timore, nonostante la strada intrapresa, quella di una sorta di “reboot”, che avrebbe potuto rappresentare un azzardo difficile da gestire.

Sì, perché, per ripartire, Bandai Namco non si è affidata soltanto al poderoso Unreal Engine, ma anche, e soprattutto, ad una sorta di azzeramento della trama in generale. Il titolo offre così la possibilità anche ai novelli che stanno approcciando al picchiaduro “di cappa e spada” la possibilità di comprendere, o in questo caso, apprendere, nel modo più approfondito possibile, tutto il background narrativo e ludico che accompagna la ventennale saga.

Il tutto viene servito “su un piatto d’argento” senza veramente rinunciare praticamente a nulla, ma si sa: accontentare tutti non è mai facile. Il team di sviluppo, però, se l’è cavata veramente bene. Siete curiosi di capire in che modo? Allora siete nel posto giusto!

Il paradiso del Single Player

La scelta di far ripartire l’arco narrativo praticamente dal principio si sposa perfettamente con una politica fortemente incentrata su un single player di tutto rispetto, in barba a tutti i luoghi comuni.

Contrariamente a quanto visto in praticamente ogni altro esponente del genere, in Soul Calibur VI c’è tantissimo da fare anche se non si è esattamente dei lottatori provetti e desiderosi di cimentarsi, ad ogni costo, in sfide online, tornei e tutto ciò che riguarda la parte competitiva del titolo. In singolo, infatti, il gioco offre veramente tantissime cose da fare, a partire dalle modalità cardine della produzione: Cronache dell’Anima e Bilancia dell’Anima.

La prima rappresenta quella che è la storyline vera e propria che, come dicevamo in apertura, viene riprodotta praticamente sin dalle origini, cosa che inoltre un quadro più approfondito e preciso delle varie vicissitudini che si susseguiranno di lì a poco. La storia principale si svolge su un lasso di tempo che va dal 1583 al 1590 e che narra la comparsa delle due spade sacre: la Soul Calibur, appunto, e la Sould Edge, che regolano rispettivamente l’ordine ed il caos, attorno alle quali gira da sempre il filone narrativo della produzione.

L’arco narrativo principale ci mette nei panni di Kilik, chiamato a proteggere il mondo dalla minaccia incombente di un male oscuro e penetrante, che si affaccia sinistro su ogni angolo della Terra. Durante queste missioni non potremmo scegliere il nostro personaggio preferito, bensì dovremmo adattarci a quelli che man mano ci vengono assegnati. Niente paura però: completata la storia principale, della durata di una manciata di ore, è possibile svolgere segmenti di storia (separati o collegati alla storia principale) con tutti i personaggi disponibili, avendo così la possibilità di approfondire le loro intenzioni, la loro storia e tutto ciò che c’è da comprendere al riguardo.

Un discorso differente va fatto per quanto concerne la modalità Bilancia dell’Anima, che ci permette di avviare una partita completamente diversa da quella sopra, con una storia originale in cui il protagonista ce lo creiamo noi liberamente, sfruttando un più che valido editor di creazione. In questa particolare modalità, di fatto un’evoluzione diretta di quella che è stata l’apprezzatissima Chronicles of the Sword apparsa nel terzo capitolo della saga, elementi da picchiaduro e da gioco di ruolo si fonderanno in modo più che valido, con tanto di potenziamenti ad attributi, armi ed equipaggiamenti da sbloccare e scegliere, NPC, quest secondarie, e chi più ne ha più ne metta. In questa modalità, poi, è presente anche possibilità di esplorare quasi interamente la mappa di gioco. Avremo la possibilità di metterci alla ricerca della nostra identità, in sostanza, costruita in modo tale da rendere le nostre scelte il modo più veloce per delineare la nostra appartenenza ad una delle fazioni in campo: buoni o cattivi? Sta a noi e solo a noi decidere, liberamente ed in ogni momento, qual’è l’arma che più fa al caso nostro, ovviamente con conseguente cambio di stile, per una profondità ludica veramente di tutto rispetto.

Se la nostra sete di battaglia non dovesse ancora essere saziata, a queste due modalità poteremo aggiungere anche Arcade, una sorta di scontro a “torre” contro otto diversi avversari la cui potenza aumenta man mano che si procede nella scalata. Il livello di difficoltà, poi, è anche selezionabile in partenza, cosa che rende il tutto ancor più accattivante.

Insomma, anche senza volersi cimentare contro gli amici o sfruttando il classico matchmaking, ci sono veramente tante cose da fare.

En Garde!

Al fattore quantità di cui vi abbiamo poco sopra, si allinea e con altrettanta rilevanza, quello della qualità. Il titolo sviluppato da Bandai Namco Studios, infatti, dice la sua anche sotto il profilo del gameplay, di fatto uno dei più grossi punti di domanda in fase di anteprima ma che, alla fine, si rivela essere uno dei cardini della produzione.

Per modellare il tutto, il team ha deciso, innanzitutto, di portare avanti ancora una volta la politica della “rielaborazione”, introducendo in questo sesto capitolo praticamente tutti i personaggi storici della saga, ed impreziosendoli con una serie di nuove meccaniche, mosse e combo, per rendere meno noioso l’approccio ad ognuno di loro ai veterani, e più semplice ed immediato ai novizi. Sia chiaro, con questo non vogliamo assolutamente affermare di trovarci dinnanzi ad un gameplay grezzo o fin troppo semplicistico, anzi, ma di certo siamo ben lungi da un prodotto inaccessibile e scoraggiante, fatto di combo impossibili da realizzare, personaggi palesemente sbilanciati o semplicemente più efficaci di alcuni altri senza una vera e propria motivazione.

Il gameplay alla base di questo Soul Calibur VI si mostra, dunque, piacevole e fresco, accessibile quanto basta ma anche profondo ed appagante, in modo da non far storcere il naso ai veterani, sempre alla ricerca di nuove sfide e competizioni. Per agevolare il tutto, gli sviluppatori hanno deciso di rendere la lista mosse di ogni personaggio varia e ben bilanciata, e soprattutto sempre in linea con i differenti stili di gioco di ogni combattente, conseguenza diretta delle varie armi che ognuno di loro impugna. Che sia col bastone di Kilik, con lo spadone di Siegfried o con Mitsurugi e la sua fidata katana, il gameplay cambierà, e parecchio, segno inequivocabile di una qualità alla base invidiabile e di una volontà ferrea, da parte di Bandai Namco, di ripartire nel migliore dei modi con questo sesto capitolo.

Sul piano strettamente strutturale, le varie aggiunte al gameplay funzionano e divertono, seppur, invero, con qualche riserva. In primis, troviamo una rielaborazione della Carica dell’Anima, una sorta di boost temporaneo, che si differenzia in modo sensibile da personaggio a personaggio, e che potenzia tutte le varie tecniche, ne sblocca di nuove e, in alcuni casi, risulta capace di ribaltare anche il più scontato degli incontri. Grazie alla Soul Charge, poi, alcuni personaggi, in particolare quelli che utilizzano la spada, come Geralt (si, avete capito bene), ottengono strategie aggiuntive e potenziamenti extra, a testimonianza, ancora una volta, dell’ottimo lavoro svolto.

Non mancano, poi, le “super tecniche”, la Guardia Reattiva e tutti gli altri tecnicismi tipici della saga, per un combat system che sembra studiato apposta sia per chi è in cerca di un passatempo diverso e divertente sia per chi è alla costante ricerca di sfida e competizione.

Gli unici dubbi riguardanti il massiccio gameplay del titolo sono legati all’introduzione di una particolare meccanica di gioco, introdotta per la prima volta nella storia della saga. Ci riferiamo alla  Reversal Edge (o Taglio Invertito) che consente, in sostanza, di assorbire i colpi nemici, anche in serie, per poi replicare con un colpo che, qualora vada a segno, da vita ad una sorta di cut scene in cui ha la meglio semplicemente chi ha più fortuna nell’indirizzare su una parte o l’altra del corpo avversario i successivi attacchi.  Si tratta, invero, di una meccanica potenzialmente anche carina, ma che, specie nelle partite online, può generare parecchio malcontento, specialmente se si considera il fatto che è in grado di ribaltare anche il più sbilanciato degli incontri.

Siamo più belli da lontano

Come abbiamo avuto modo di ripetere più e più volte, Soul Calibur VI è un prodotto veramente eccellente, sorretto da uno stile inconfondibile del character design, da una mole contenutistica (anche in single-player) invidiabile e da un combat system studiato a puntino.

Non tutto, però (e non potrebbe essere diversamente), gira nella medesima direzione, per la serie “non è tutto oro quel che luccica”.  Ci riferiamo, in particolare, al comparto tecnico del titolo, sicuramente non in linea con il resto dei punti focali della produzione, e più in generale con il passato glorioso della serie. I vecchi Soul Calibur, infatti, nella maggior parte dei casi spingevano al massimo le console sulle quali venivano rilasciati, facendo annotare tra i loro pregi quello di una resa visiva impressionante e curata a livello maniacale. In Soul Calibur VI questo avviene soltanto a metà, a causa di una qualità grafica altalenante, sacrificata in nome del cambiamento, sì, ma che comunque lascia un po’ di amaro in bocca.

È giusto precisare che i personaggi, le loro armi, il loro vestiario e tutto ciò che riguarda la parte dedicata ai modelli poligonali dei vari guerrieri, sono di ottimo livello e più o meno in linea con altri esponenti del genere. Anche le animazioni e la fluidità in generale, grazie anche, come dicevamo in apertura, all’introduzione dell’Unreal Engine, si dimostrano più che valide, merito anche di un frame-rate costante e stabile, almeno per quanto concerne la versione da noi provata in fase di recensione, Xbox One X.

A rompere tutto l’idillio ci pensa una resa degli scenari veramente spoglia e che sembra essere uscita da una diversa generazione di console. In particolare, se si guardano gli sfondi in lontananza, è possibile scrutare degli scenari talmente miseri e “pixelati” che lasciano seriamente interdetti, seppur non risultino particolarmente rilevanti nell’economia generale della produzione.


Si tratta, comunque, di un dettaglio importante ma che, tutto sommato, su cui è possibile chiudere un occhio, e forse anche tutti e due, che però poteva essere preso in maggior considerazione dagli sviluppatori in fase di realizzazione degli scenari. Anche le varie location, invero, non fanno gridare al miracolo, ma anche stavolta ci troviamo di fronte a situazioni ignorabili o comunque non particolarmente rilevanti: non sarà certamente questo a rendere il gioco meno bello o meno divertente. Del resto, “affettare” un nemico vestendo i panni dello “Strigo” non ha prezzo, no?

Niente da dire sul comparto audio del titolo: il doppiaggio inglese è più che valido, seppur non all’altezza di quello originale in lingua giapponese, e, più in generale, le varie musiche che accompagnano ogni scontro sono molto piacevoli ed in qualche modo sempre calzanti.

Una ripartenza solida, seppur con qualche difetto

Gli unici veri e propri difetti della produzione sono legati principalmente a due fattori in particolare: il comparto online e la scelta di rendere alcuni personaggi disponibili soltanto attraverso microtransazioni ed acquisto del Season Pass.

Se per la seconda voce c’è, purtroppo, poco da fare, trattandosi di una scelta divenuta abituale, o comunque fin troppo diffusa anche in altri lidi, per la prima il retrogusto amaro è veramente insopportabile. Non tanto per la gravità della cosa, sia chiaro, ma per il semplice fatto che, con qualche accorgimento in più, non ci saremmo trovati ad elencare questo problema nella risicata lista dei difetti. Ci riferiamo, in particolare, alle partite “veloci” online ed al fatto che, definirle tali, è un vero e proprio eufemismo. Affidandosi ad un sistema di lobby, che spesso e volentieri vi costringe ad azzerate del tutto le varie opzioni del matchmaking (altrimenti non troverebbe niente), tra una partita e l’altra passano diversi minuti, dovendo attendere il proprio turno, dato che il vincitore di ogni combattimento rimane in campo da campione in carica. Un sistema molto antiquato e che non ci saremmo aspettati di trovare ancora oggi.

Per fortuna, però, il netcode funziona a dovere: la stabilità dei server (almeno quelli Microsoft, da noi provati) è ottima e non ci è mai capitato di incappare in problemi seri, a parte qualche micro-scatto in alcuni incontri e solo nelle fasi di presentazione iniziale o finale.

Verdetto

Soul Calibur VI è un picchiaduro solido e stratificato, ma allo stesso tempo divertente, immediato ed accessibile a tutti. Che siate dei veterani del genere o dei semplici novizi poco importa: qui troverete, pronto ad accogliervi a braccia aperte, un prodotto tanto semplice quanto qualitativamente invidiabile.

Le tantissime modalità di gioco, specialmente quelle in single player, un sistema di combattimento divertente e complesso e lo stile unico di ogni atleta nel roster, che cambia radicalmente, ogni volta, il vostro approccio ad ogni scontro, fanno della produzione targata Bandai Namco un vero e proprio must have per tutti gli amanti del genere e non solo, nonché una delle più gradite sorprese di questa scoppiettante stagione videoludica. Peccato soltanto per un matchmaking lento e non esente da diversi problemi di sorta, per una resa grafica non propriamente al top e per l’introduzione del “Taglio Invertito”, che, potenzialmente, potrebbe risultare sbilanciato in diverse occasioni.

Niente di clamoroso, ovviamente, ma che comunque pregiudica, soltanto in parte sia chiaro, la strada per l’olimpo. Soul Calibur VI segna, in ogni caso, il grande ritorno della serie, e poco importa se non è tutto perfetto: corrette a lucidare la vostra lama migliore, è tempo di tornare a combattere!

Salvatore Cardone
Ho imparato a conoscere l'arte del videogioco quando avevo appena sette anni, grazie all'introduzione nella mia vita di un cimelio mai dimenticato: il SEGA Master System. Venticinque anni dopo, con qualche conoscenza e titoli di studio in più, ma pochi centimetri di differenza, eccomi qui, pronto a padroneggiare nel migliore dei modi l'arte dell'informazione videoludica. Chiaramente, il tutto tra un pizza e l'altra.