Il fumetto di Space Opera, di Jacopo Paliaga ed Eleonora Bruni, è il manifesto di una nuova rivoluzione targata Panini Comics

Intorno al fumetto di Space Opera, scritto da Jacopo Paliaga e disegnato da Eleonora Bruni, c’era (e c’è ancora) una bella curiosità, quel tipo di attesa a metà tra l’aspettativa e il coinvolgimento capace di accompagnare solo l’arrivo delle uscite più interessanti.

Il motivo principale è da ricercare nella dote con cui questi due autori si sono promessi a Panini Comics. Paliaga, dopo la sua lunga esperienza alle redini di Aqualung (insieme a French Carlomagno) ha dimostrato una certa maestria per le serie di ampio respiro, in molti casi l’equivalente in formato vignetta delle saghe young adult. Bruni, invece, è una disegnatrice con alle spalle alcune collaborazioni con le case editrici più importanti del paese e ha costruito buona parte della sua fama internazionale lavorando in pianta stabile per BOOM! Studios, in qualità di colorista.

L’incontro di due simili talenti non poteva fare altro che produrre qualcosa di potenzialmente scoppiettante. Ed ecco che alla curiosità si aggiunge anche il dubbio: ce l’avranno fatta davvero?

Space Opera Fumetto

A questa domanda aveva provato a rispondere il numero 0, uscito qualche settimana fa in formato digitale sul sito ufficiale del fumetto di Space Opera. Di fatto, un riuscitissimo trailer (in alta definizione, potremmo dire) in grado di introdurre in maniera chiara e specifica il mondo (anzi, i mondi) creato da Jacopo Paliaga ed Eleonara Bruni per Panini Comics. Il numero 0 (lo potete trovare qui e solo qui, a proposito) è un’introduzione ideale che, però, trova la sua ragion d’essere proprio in Mondo California, in questo primo primo volume di quella che si preannuncia a tutti gli effetti come una saga pronta a rivoluzionare il genere della fantascienza a fumetti (e non solo).

Space Opera, la trama in breve

L’ambientazione di Space Opera: Mondo California si preannuncia fin da subito originalissima ed è l’ennesima buona prova della strabordante immaginazione di Jacopo Paliaga.

Molto tempo fa, la Terra rischiava di essere travolta da un asteroide capace di sterminare l’intera umanità. Per impedire la tragedia, un gruppo di scienziati, chiamato Tecnocrazia, decise di teletrasportare il pianeta in un altro quadrante dell’universo. Una simile operazione, tuttavia, causò degli spiacevoli effetti collaterali: a causa dello spostamento, il nucleo della Terra divenne instabile e cominciò a riscaldarsi fino a raggiungere un punto di non ritorno. Allora, la Tecnocrazia creò sette mondi artificiali orbitanti intorno alla vecchia Terra (nel frattempo diventata un nuovo sole), ispirati ad alcune zone del globo: Mondo California, Antartide, Yellowstone, Xia, Crocodile, Newnited Kingdom e Anubi.

Ed è proprio su Mondo California, tanti anni dopo, che inizia la nostra storia: Charlie, un diciannovenne timido e impacciato, sta passando un’estate difficile dopo aver finito il liceo, senza sapere cosa fare del suo futuro. Le cose cambiano all’improvviso quando incontra una ragazza cyborg, di nome Jupiter, che rivela a Charlie che lui è il possessore di un’anomalia ancestrale, un potere raro posseduto da una piccola percentuale della popolazione. Insieme ad altri due ragazzi possessori di un’anomalia, il criminale Killer e la misteriosa Sadie, partiranno per un viaggio tra i mondi e finiranno coinvolti in una cospirazione di portata intergalattica.

Space Opera e rivoluzione delle graphic novel in libreria

Per inquadrare bene Space Opera: Mondo California e il progetto di Panini Comics è necessario osservarlo da una prospettiva, un po’ diversa rispetto a quella a cui siamo abituati ogni volta che parliamo di fumetti.

Già lo abbiamo menzionato parlando dei trascorsi di Jacopo Paliaga: le serie a fumetti di ampio respiro pensate sotto forma di volumi, per certi versi simili alle stagioni delle serie TV e alle saghe letterarie. Infatti, con la costante ascesa del fenomeno graphic novel la libreria si è riempita di pubblicazioni ideate esclusivamente per quel settore. Ora, se siete abituali frequentatori degli scaffali, sapete bene che accanto al bestseller giallo di Camilleri e l’ennesima ristampa del classicone di turno è possibile trovare consistenti cicli di storie dalla durata pluriennale. Il gusto per la narrazione lunga, diluita attraverso più capitoli realizzati nel corso di anni (in alcuni casi decenni o mai, vero George Martin?) è una costante della letteratura. Ed è una cosa che, da qualche tempo, anche il fumetto ha cominciato a fare, con risultati più o meno diversi.

Space Opera Fumetto

Le malelingue ora diranno che ci sono sempre stati prodotti a fumetti con questo tipo di caratteristiche, come i cartonati che proponevano storie lunghe unite da una stretta continuità narrativa. Ad esempio, le saghe Marvel, DC, oppure i comics della Image e di quelle case editrici che compongono la “terza via” del mercato USA. Tutto giusto e tutto vero, ma con una differenza sostanziale: non si tratta di progetti che hanno nella libreria il loro pubblico privilegiato, bensì di ristampe di spillati o brossurati che una volta concluso il loro ciclo vitale nelle edicole trovano posto accanto ai libri. Quella di una saga ideata sulle orme di quelle letterarie, ma a fumetti, è una figura ancora piuttosto inedita, frutto dell’avvicinamento sempre più stretto tra l’editoria a fumetti e l’editoria tradizionale.

In realtà potremmo quasi parlare di un genere a parte, un’inaspettata fusione che sembra avere al contempo le caratteristiche tipiche delle serie a fumetti unite a quelle ancor più consuete delle saghe romanzesche. Un genere che può fregiarsi di tanti nomi illustri e di esperimenti riusciti o meno, come Jason Lutes e il suo Berlin, traduzione visiva del romanzo storico strutturato in più capitoli.

Space Opera Fumetto 3

Anche l’Italia hai suoi esponenti, ovviamente. Li conoscete di sicuro: sono spesso campioni di vendite che, grazie ai loro record di copie smerciate, non esitano a passare sotto l’occhio dei media. Zerocalcare, tanto per citarne uno (non proprio) a caso, in questo senso è un esempio emblematico, visto che con i suoi fumetti che presentano personaggi più o meno fissi vivere avventure sempre diverse sembra ricalcare, volontariamente o meno, il modus operandi di certi autori di gialli, quali Agatha Christie e Arthur Conan Doyle, che riproponevano i loro protagonisti senza soluzione di continuità, salvo rari casi. Una struttura, questa, che ha finito per fare scuola, tanto da essere stata ripresa poi da altri autori dal tutto esaurito assicurato, come Labadessa.

Poi, ci sono anche quei fumettisti che hanno dato vita, con successo, a delle saghe a fumetti dallo stampo più tradizionale, simili a quelle librarie, esplorando i generi più diversi e portandole avanti nel corso degli anni. Penso ad Haxa di Nicolò Pellizzon e a Kids with Guns di Capitan Artiglio. Non a caso, tutti hanno pubblicato sotto l’etichetta di Bao Publishing, che più di tutti ha esplorato le zone borderline di queste contaminazioni tra editoria a fumetti ed editoria tradizionale.Space Opera Fumetto

E, sempre non a caso, è con Bao che comincia la folgorante carriera di Jacopo Paliaga, grazie ad Aqualung, serie nata inizialmente come webcomic e poi trasformatasi in un longseller da libreria, strutturato in volumi pensati sulla falsariga delle stagioni televisive. Paliaga poi non è certo rimasto con le mani in mano, realizzando Come quando eravamo piccoli e FMVAC – Fottuti musi verdi a chi?, il gustoso spin-off di Addio fottuti musi verdi dei The Jackal, assurgendo di fatto ad una popolarità decisamente meritata. Anche perché, diciamocelo, se ti capita di collaborare con uno dei gruppi di videomaker più seguiti d’Italia, non puoi essere uno qualunque.

Questo girovagare tra librerie e nomi altisonanti non deve ingannare: serve solo per contestualizzare al meglio il fumetto di Space Opera, per farvi capire perché è così atteso e perché Panini Comics ci ha investito molte delle sue risorse. E perché sbagliereste ad avvicinarlo a tutte le altre serie che negli ultimi anni stanno ingolfando il mercato.

Un fumetto nato per essere nuovo

Panini Comics, da casa editrice lungimirante qual è, ha intuito da tempi non sospetti che il mercato è particolarmente ricettivo a queste nuove forme di fumetto, più simili ai romanzi e strutturate sotto forma di saghe. Non per nulla, è stata un pioniere mettendo in campo l’ottima prova di Nomen Omen, nata proprio come storia capace di unire la letteratura urban fantasy al fumetto, una doppia natura confermata poi da un libro di racconti in prosa messo a cerniera tra i vari volumi. Alla guida, c’erano altri due autori italiani di prim’ordine: Marco B. Bucci Jacopo Camagni, entrambi giovani e con esperienze internazionali alle spalle, talenti di spicco di questo nuovo modo borderline di fare e di pensare il fumetto. Esattamente come Jacopo Paliaga ed Eleonara Bruni.

Ecco dunque che Space Opera assume già un’altra dimensione: si tratta di un altro pezzo posizionato sulla scacchiera di Panini Comics, che ha deciso di spingere fortissimo su serie nuove realizzate da fumettisti italiani moderni. Sta dunque lavorando in prima linea sul fronte della rivoluzione.

Space Opera, esattamente come Nomen Omen, punta fin da subito a creare qualcosa di nuovo mettendo insieme tante cose vecchie. E punta perfino su un genere letterario preciso, quello della fantascienza (come si intuisce dal titolo) dietro cui in realtà nasconde un crogiolo di riferimenti più o meno consapevoli.

Assomiglia infatti ad un shonen di combattimenti con qualche spruzzata weird, come Naruto e One Piece, strutturato per archi narrativi e con altre alcuni personaggi archetipici. Come ad esempio Charlie, il protagonista ingenuo e un po’ goffo che possiede un grande potere che non riesce a controllare e Jupiter, che assomiglia alla tipica Kuudere, ovvero quel personaggio che appare freddo e distaccato. Stessa cosa per gli altri character, sia buoni che villain, che ricordano certe consuetudini narrative ben note con cui il pubblico, specialmente quello più giovane, ha una grande dimestichezza. Tuttavia, questa influenza manga non deve ingannare: Jacopo Paliaga non si limita a farne una copia carbone, bensì la filtra attraverso la sua fantasia regalandoci una personale reinterpretazione, coadiuvato da Eleonora Bruni, che ci mette del suo.

E quella manga non è certo l’unica influenza: nel fumetto di Space Opera un palato fine può ritrovare davvero di tutto, da precise situazioni in stile teen drama alla Riverdale, passando per una base di fantascienza hardcore e persino un po’ di horror.

Un mosaico di altri fumetti 

L’impressione, appunto, è che il fumetto di Space Opera voglia essere un amalgama di tantissime cose, abbastanza riuscito, soprattutto in determinati punti. Non per nulla l’aspetto visivo dà subito la sensazione di assecondare questa componente fusion: Eleonora Bruni ha un tratto tipicamente giapponese, come si evince dal design e dalle espressioni dei personaggi, eppure l’impostazione della tavola è di pura ispirazione americana. Un montaggio serrato, moderno, che mette insieme vignette orizzontali in stile widescreen, splash page e perfino una tavola in sei riquadri, sull’orma di Watchmen. I colori, poi, sempre di Bruni, sono squillanti e saturi e sembrano strizzare l’occhio alle colorazioni che case editrici come Image Comics, Dark Horse e BOOM! Studios riservano ai loro prodotti pensati per il pubblico degli adolescenti.

Panini Comics

Un crogiolo di stili e di modi di fare fumetto, sia sul piano visivo che su quello testuale, tant’è che la vicenda ripercorre i tratti dello shonen (come abbiamo visto) ma non mancano delle autentiche americanate (detto in senso buono), come dialoghi lunghi e vivaci che non risparmiano parole forti e che ricordano tanto quelli classici di Brian Micheal Bendis.

Inoltre c’è un tentativo costante di spettacolarizzazione, unito ad una presa in giro di certi cliché che risulta davvero apprezzabile. La scrittura di Paliaga ha messo insieme quelle che sono le fonti principali della sua immaginazione: comics, manga, videogiochi, serie tv, romanzi young adult e cartoni animati per mescolarle in una storia che avesse la sua precisa identità. Il risultato non solo funziona, ma dà l’impressione di essere una lettura con cui Panini Comics vuole parlare serenamente ad un pubblico trasversale, che va dai quindicenni ai trentenni. E che sembra pronta per essere esportata all’estero immediatamente. Un insieme di culture diverse che coesistono tra loro, un po’ come i mondi di Space Opera che orbitano intorno alla Terra.

Un insieme che promette di alzare ancora l’asticella della rivoluzione del fumetto contemporaneo, manifesto di una nuova forma di narrazione che sta nascendo direttamente dall’incontro con le librerie.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!