Tante parole, orecchie da animale e qualche battaglia

Utawarerumono è una serie di visual novel, anime, manga e tutte quelle belle cosette che in Giappone vengono realizzate attorno ad una IP di successo. Per noi occidentali, invece, si tratta semplicemente di una serie composta di due visual novel ibridate con il TRPG, che con questo Utawarerumono: Mask of Truth trova conclusione. Per questo motivo, ve lo diciamo fin da subito, se non avete giocato Mask of Deception (qui la nostra recensione) potete anche lasciar perdere, non perché Mask of Truth sia ingiocabile senza il prequel, ma perché vi perdereste molto che lo “spiegone” iniziale e riassuntivo non riesce a coprire per bene. Quindi il consiglio è quello di recuperare il prequel, anche perché a livello di gameplay siamo dalle stesse parti, e non avrebbe davvero senso saltarlo. Se invece vi hanno regalato l’ultimo, e non sapete come mettere una pezza, potete cercare in giro l’anime, in grado, quest’ultimo sì, di sostituire il capitolo precedente.

Quanto vi abbiamo appena detto è semplicemente perché l’ultimo Utawarerumono (è faticosissimo scriverlo ogni volta) inizia pochi giorni dopo la conclusione del predecessore, e le vicende riprendono proprio da quanto era stato “chiuso” in Mask of Deception. Kuon si sveglia in preda ad un’amnesia (perché la varietà è sopravvalutata) e non ricorda cos’è successo. Le verrà ovviamente ricordato, e prenderà piede un’altra storia di guerre tra imperi orientaleggianti. Siamo volutamente vaghi perché, come ogni visual novel, il perno di tutto è la storia, e spoilerarvi alcunché sarebbe un delitto. Sappiate però che, cosa principale, il gioco ancora una volta riserverà situazioni forti e colpi di scena, mescolandole con sapienza a momenti più leggeri. Le conversazioni quotidiane, quelle in cui i nostri eroi saranno impegnati a parlare del più e del meno, sono molte e ben costruite, per quanto potrebbero risultare ridondanti per chi vorrebbe un ritmo più serrato. Chiaramente sono dove sono per far riprendere un po’ di fiato al giocatore, senza appesantirlo, e più in generale sono uno degli elementi che contraddistinguono molti titoli nipponici fortemente orientati alla narrazione. Di fatto, quindi, difficilmente questi momenti potranno risultare sgradevoli al target cui il gioco si rivolge. Tutto questo senza dimenticare qualche momento velatamente erotico, con scambi di battute ambigue che, mischiate agli eccezionali disegni che non si risparmiano forme tanto sinuose quanto abbondanti nel tratteggio dei (tantissimi) personaggi femminili, non potranno che far vibrare qualche sopracciglio.

L’aspetto da gioco di ruolo è la particolarità di Utawarerumono (come serie) rispetto al resto della produzione visual novel canonica. Ogni tanto infatti il giocatore verrà chiamato ad affrontare scontri su una scacchiera, come nel più classico Final Fantasy Tactics o Disgaea. Il battle system è in realtà piuttosto semplice e canonico, privo di elementi troppo strategici e impegnato e impegnato a rendere l’azione più rapida possibile (per quanto possa servire allo scopo mettere in scena combattimenti su scacchiera). Ci sono attacchi combinati, debolezze e resistenze elementali, punti esperienza, una barra da riempire per ottenere dei bonus e tutto quello che siamo abituati a trovare in titoli del genere. Il sistema di combattimento è quindi, in pratica, quello già visto nel predecessore. E come nel predecessore, segnaliamo ancora una volta la mancanza degli attacchi da dietro o dai lati per ottenere bonus al danno, scelta di design discutibile dipendentemente dai propri gusti, mentre i colpi critici vengono lasciati alla positiva risoluzione di quick time event durante gli scontri.

L’aspetto tecnico del gioco gode di altissimi e bassi che, beh, oramai si accettano nei TRPG per rassegnazione (o abitudine?). La parte visual novel gode di illustrazioni davvero notevoli, con un ottimo character design che ben si sposa al tono della storia. C’è un dislivello tra i personaggi femminili e quelli maschili, con i primi decisamente meglio caratterizzati e realizzati rispetto ai secondi, a volte sottotono. I fondali, allo stesso modo, godono di grande ispirazione e cura. Il tutto è impreziosito da scelte cromatiche eccezionali, con colori pieni e forti che bucano lo schermo delineando ogni situazione al meglio. L’altro lato della medaglia sono le battaglie, realizzate in una grafica tridimensionale decisamente approssimativa. I modelli super-deformed sono bruttini, e le arene di combattimento estremamente spoglie e squadrate.

Verdetto:

Utawarerumono: Mask of Truth è esattamente quello che deve essere: una buona visual novel, piacevole da giocare, ben scritta e bilanciata, con una art direction di prim’ordine. Pecca un po’ nelle battaglie e nella resa tecnica di queste ultime, ma complessivamente è un titolo che non possiamo che consigliare agli amanti del genere.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.