Una storia drammatica e struggente per trasmettere un’enorme gioia di vivere

Voglio mangiare il tuo pancreas diretto da Shinichiro Ushijima, tratto dall’omonimo romanzo di successo di Yoru Somino, è una piccola perla del mondo dell’animazione giapponese.
Il film tratta il tema della morte, e quindi della vita, attraverso l’espediente della malattia, in modo molto delicato e particolare, capace di emozionare profondamente ma anche di far riflettere su cosa voglia dire essere vivi, senza scadere nei soliti cliché. Un’opera davvero meritevole che rischia di passare inosservata in mezzo agli ormai consolidati grandi nomi dell’animazione nipponica.

La storia parla di Sakura Yamauchi, una liceale di 17 anni, solare, molto socievole ed amata da tutti, alla quale viene diagnosticata una malattia terminale al pancreas, che le lascia a malapena un paio di anni di vita. Per poter continuare a vivere normalmente, Sakura sceglie di non dire a nessuno all’infuori dei suoi familiari della sua malattia.

L’unico che verrà a conoscenza del suo segreto sarà “il ragazzo più introverso della classe” (del quale non ci verrà detto il nome fino alla fine), che per caso lo leggerà dal suo diario lasciato incustodito. La sua indifferenza alla notizia, dovuta ad un carattere fortemente solitario, introverso appunto ed anche molto egoista, colpirà talmente tanto Sakura che deciderà paradossalmente di volerci stringere amicizia, vedendo in lui un’occasione di poter vivere la propria malattia con qualcun altro, assecondando però il suo bisogno di normalità.
I due inizieranno così a frequentarsi, con grande sorpresa del ragazzo, che si ritroverà ad accettare le richieste di Sakura quasi senza rendersene conto.

voglio mangiare il tuo pancreas

Il cuore del film è la relazione che si instaura fra i due durante il tempo che trascorrono insieme, una relazione complicata che non può essere chiamata d’amicizia, né appartenere alla sfera sentimentale. Si tratta piuttosto di un legame spirituale che diventa necessario per entrambi, poiché regala a Sakura una persona che la fa sentire apprezzata per quello che è nonostante la morte incombente e che non le fa pesare ancora di più il macigno al cuore con il quale diventa sempre più difficile convivere. Il ragazzo, invece, per la prima volta si confronta con un altro essere umano per il quale gradualmente inizia a provare affetto, portandolo a condividere il suo mondo interiore fino ad allora totalmente isolato, volontariamente, dagli altri. Un improbabile incontro di personalità diametralmente opposte (come per stessa ammissione dei protagonisti) che farà scoprire a entrambi, in modi diversi, una nuova risposta alla domanda “cosa vuol dire essere vivi?”, la quale porterà a riflettere sull’importanza del vivere come si vuole, delle proprie scelte, del non sprecare il proprio tempo, senza disperarsi per quello perso, e dell’accettare l’inevitabilità della sofferenza

Viene spesso ribadito come il loro legame sia determinato dalla forza del destino intrinseco nelle loro scelte: il lasciare il diario incustodito, la curiosità che spinge il ragazzo a raccoglierlo e leggerlo e altri gesti sono in realtà determinati da un fato già deciso, che vuole che i due ragazzi ricevano insegnamenti preziosi l’uno dall’altra. Se ci si sofferma un attimo a pensarci, infatti, ha un che di paradossale, ma allo stesso tempo sembra così “giusto”, che sia una ragazza in procinto di morire ad insegnare ad un suo coetaneo ombroso e solitario come si vive. Il destino, dopotutto, è un concetto molto caro alla tradizione giapponese e non si può che concordare su questa interpretazione dell’incontro fra i due data da Sakura. Il film, sotto questo aspetto, è permeato da simbolismi di ogni sorta: dal dualismo tra i protagonisti (diversi per carattere ma vicini nei loro nomi e nello spirito), al tempo atmosferico, la stagione e i colori, fino al grande colpo di scena verso la fine, nel quale il concetto di ineluttabilità della vita raggiunge il suo apice, colpendo dritto allo stomaco lo spettatore.

Grazie al dramma del destino della ragazza e al contempo alla sua personale visione di tale situazione, Voglio mangiare il tuo pancreas trasmette una sorprendente ed esplosiva volontà di vivere, non repressa dalla presenza della morte, ma al contrario spinta da essa.

Tutto ciò è stato possibile grazie a un’ottima caratterizzazione dei personaggi, nonostante la loro semplicità grafica ed estetica. I due protagonisti in particolar modo, ma anche i personaggi secondari, hanno un proprio carattere, un proprio temperamento, un proprio modo di fare ben strutturato. In particolare sono proprio gli atteggiamenti fisici, le movenze e i gesti dei personaggi ad essere maggiormente curati e ben resi, dando un ulteriore livello di profondità a quanto si assiste su schermo, impedendo alla storia di finire nel banale racconto “boy meets girl“.

In generale a livello tecnico il film si presenta in modo egregio, nulla di spettacolare alla Your Name, ma comunque ben animato e con delle accattivanti scelte estetiche per molte scene, mentre soffre qualche scelta di utilizzo di tecnica mista (una fusione della tecnica tradizionale e quella 3D) per qualche altra; nulla di grave comunque, poiché ciò viene compensato dalla colonna sonora ad opera della band sumika, che non ha nulla da invidiare a quella dell’opera di Shinkai.

Verdetto

Riassumendo, Voglio mangiare il tuo pancreas (nelle sale cinematografiche italiane dal 21 al 23 gennaio) è un film d’animazione sorprendentemente maturo, che si propone di lasciare un’impronta nello spettatore, di farlo riflettere e sicuramente anche di farlo commuovere, grazie a una storia drammatica tutt’altro che fine a sé stessa e ben diretta, portata con un’animazione di tutto rispetto e capace di lasciare a bocca aperta in più occasioni, nonostante le piccole pecche. Un inno a chi accetta di vivere la propria vita con la felicità e le sofferenze che comporta, a discapito di quanto tempo gli rimanga da vivere.

A cura di Simone Artini e Alessia Trombini

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Se volete entrare nel mood prima di andare a vedere Voglio mangiare il tuo pancreas, vi consigliamo i meravigliosi e strappa lacrime Your Name di Makoto Shinkai e Si Alza il Vento di Hayao Miyazaki, degli ottimi metri di paragone per il genere drammatico nel mondo dell’animazione.