La difficoltà a superare l’odio e i pregiudizi, a perdonare e a convivere.

È sempre piacevole trovare fumettisti che nelle loro opere vogliono trasmettere al lettore un messaggio positivo, costruttivo e persino educativo. Specialmente se non si scade in semplificazioni superficiali o miopi, che puntano a fornire un unico punto di vista, senza dare una visione d’insieme di un certo tema. E questo vale in particolare quando si parla di argomenti come l’integrazione culturale, il pregiudizio razziale e la guerra, così scottanti in questo periodo storico travagliato.

La trilogia de La Città Senza Nome, scritta e disegnata da Faith Erin Hicks e colorata da Jordie Bellaire, si propone di trattare proprio questi temi, calandoli in un’ambientazione orientale, ispirata alla Cina del tredicesimo secolo, inventata, ma molto verosimile e affrontandoli in modo maturo, seppur non pesante, rendendola un’opera adatta ad un pubblico giovane.

La trilogia è composta dal libro omonimo, Il Cuore di Pietra e La Terra Divisa ed è edita in Italia da Edizioni BD, per un totale di oltre 750 facciate.

L’intera opera è ambientata in una grande e stupenda città che ha due peculiarità: la prima è il trovarsi affacciata al mare per via di un varco aperto nella catena montuosa che separa l’oceano dal continente; la seconda è il possedere tanti nomi quanti sono i popoli che negli anni l’hanno conquistata, attratti dal quell’accesso al mare. Finisce perciò per l’essere universalmente riconosciuta come la Città Senza Nome, appunto, una vera e propria protagonista della storia con le sue strade, i suoi edifici, il suo palazzo, il suo tempio e soprattutto la sua gente: un miscuglio variopinto di etnie e culture diverse, risultato di anni e anni di conflitti e dominazioni e che infatti fanno fatica a vivere serenamente le une con le altre.

Una città splendida, ma profondamente divisa.
I Dao sono l’ultimo popolo ad aver conquistato la città, una civiltà guerriera divisa in tribù che regna ormai da trent’anni, assicurando una certa stabilità e prosperità. Proprio di questa popolazione fa parte il giovane Kaidu, il nostro protagonista, giunto in città per conoscere suo padre, il generale Andren, che a differenza degli altri giovani della nobiltà Dao di passione per il combattimento ne ha davvero poca e finisce così ben presto per isolarsi dal resto dei suoi coetanei.

Stringe invece amicizia con Ratto, una ragazzina skral (termine dispregiativo usato dai Dao per indicare gli indigeni della città), orfana di entrambi i genitori, che dapprima diffida e persino odia Kaidu in quanto Dao e perciò oppressore, ma che dopo poco tempo imparerà invece a conoscere, affezionandosi profondamente. Un rapporto mal visto da quasi tutti gli altri Dao a causa delle origini di Ratto, ma che nonostante ciò non si lascerà corrompere dai giudizi e pregiudizi altrui. I due giovani ragazzi finiranno nel bel mezzo delle vicende politiche della città dopo che Kaidu riuscirà a salvare il Generale di Tutte le Lame – massima autorità dell’impero Dao – da un attentato ordito da alcuni abitanti della città in combutta con un soldato dell’esercito imperiale, grazie a una soffiata di Ratto.

In seguito a questo evento l’imperatore Dao deciderà di accogliere la proposta del padre di Kaidu, cioè formare un consiglio di più nazioni per governare la città, così da evitare altre guerre e porre fine all’odio tra gli abitanti e i conquistatori. Incontrerà però l’astio di suo figlio ed erede Erzi, che pur di garantire a se stesso il trono della Città Senza Nome, arriverà a macchiarsi di crimini orribili, diventando di fatto l’antagonista della storia. Ma con la trama è meglio fermarsi qui, per evitare di rovinare la lettura.

Merita invece approfondire i personaggi ed i temi trattati. Ciò che vuole comunicarci l’autrice è chiaro e semplice: l’odio ed i pregiudizi ci consumano, ci peggiorano, ci impediscono di vivere in pace, mentre la comunicazione, il perdono e l’apertura al diverso ci arricchiscono e permettono un futuro migliore per tutti. Un messaggio indubbiamente bello, ma che se presentato in modo banale e superficiale, non farebbe che apparire ingenuo e di scarso valore. Per fortuna non è un errore che commette la nostra Faith, che durante tutto il fumetto presenta in modo coerente i punti di vista di tutti i personaggi, sia coloro che rappresentano la classe governante dei Dao, sia chi rappresenta gli abitanti della città che provano odio e finiscono per commettere atti di violenza verso i propri oppressori, e anche chi invece è simbolo della convivenza tra i due popoli.

Tutti punti di vista portati con cognizione di causa, così che il lettore possa comprendere le motivazioni che portano certi personaggi ad agire in certo modo, senza forzare per far apparire i Dao cattivi e gli abitanti nativi buoni o viceversa. L’esempio perfetto è sicuramente Erzi, il figlio dell’imperatore nato nella Città Senza Nome, disprezzato dai suoi concittadini in quanto Dao e malvisto da questi ultimi poiché non nato in patria e mescolatosi con la cultura locale.

Erzi cresce fin da piccolo con l’aspettativa di diventare un giorno sovrano della città e auspica così di poter finalmente realizzare se stesso e ad essere riconosciuto da entrambi i popoli. Ed è per questo che quando suo padre deciderà di formare il consiglio delle nazioni Erzi, vedendo il suo futuro e la sua speranza di realizzazione crollare, cede al desiderio di potere, arrivando a scatenare l’ennesima guerra per la Città Senza Nome.

Quindi pur essendo di fatto una figura negativa, o meglio un esempio negativo, riusciamo a capire il suo punto di vista, arrivando anche a comprendere il suo genuino desiderio di fare del bene sia alla città che al suo popolo. Kaidu e Ratto sono invece la prova di come due culture possano incontrarsi superando le differenze che le separano e dimenticando il passato macchiato dal conflitto. Kaidu è un ragazzo intelligente che nonostante le origini nobili considera Ratto e gli altri cittadini suoi pari, mentre Ratto è una ragazzina che ha perso i genitori a causa dei Dao e che per questo li odia visceralmente, ma alla fine, stringendo amicizia con Kaidu, comprende che non tutti i Dao sono assassini. Insieme si batteranno per la città nel suo complesso, non per una fazione o l’altra, convinti che si possa realizzare un futuro migliore per tutti.

Insomma il fumetto ci presenta sia i lati migliori che i lati peggiori della natura umana, affrontandoli entrambi e spingendoci così a scegliere di lottare per ciò che c’è di buono in noi e nella nostra società.

la città senza nome

Chiudiamo facendo alcune doverose considerazioni sul lato più tecnico. I disegni di Hicks hanno uno stile molto vivace, espressivo e dinamico e seppur non puntino al realismo dei personaggi, risultando invece piuttosto cartooneschi, non mancano in dettagli. Il tratto è piuttosto spigoloso e spesso, ma è una precisa scelta stilistica che risulta efficace nella caratterizzazione dei personaggi e della città. Questi elementi si fondono perfettamente con la stupenda colorazione di Bellaire, fatta di cromie molto accese, che spaziano in modo sapiente dalle tonalità fredde o terrose a quelle calde, andando spesso anche a caratterizzare emotivamente alcune scene, come flashback o feste in strada, con particolari scelte di tinte.

La trama e la sceneggiatura, pur non risultando particolarmente complesse ed intricate, sono di certo ben scritte e congegnate, riuscendo a farci appassionare alla lettura e a rendere nel modo migliore i caratteri dei personaggi.

Verdetto

La Città Senza Nome è una lettura scorrevole, capace di coinvolgere e far affezionare ai personaggi, con uno stile grafico piacevole, principalmente grazie all’eccellente colorazione e che si propone soprattutto di comunicare un messaggio molto importante, invitandoci ad abbracciare la parte migliore di noi stessi, affrontando temi delicati con un ottimismo che non cede ad una più facile ingenuità. Una lettura da tenere in considerazione se si cerca qualcosa di leggero, ma che ha comunque qualcosa da dire.

Se vi è piaciuto La città senza nome…

Se la vostra brama di letture fumettistiche non si è ancora appagata dovreste considerare l’ottimo Soulwind di Scott Morse, del quale trovate la recensione sul sito se siete curiosi e l’affascinante Tre Ombre di Cyril Pedrosa, entrambi editi sempre da Edizioni BD.

la città senza nome

Simone Artini
Sono nato il 9 Luglio del 1998, ho studiato presso il liceo scientifico "N. Copernico" di Udine presso il quale mi sono diplomato con 94/100. Attualmente frequento l'Università degli Studi di Trieste dove studio Fisica. Nel tempo libero principalmente mi dedico alla lettura di libri e fumetti e suono il basso elettrico da autodidatta.