Marvel’s Guardians of the Galaxy cambia totalmente rotta rispetto al titolo dedicato agli Avenger, e lo fa con successo

Square Enix con Marvel’s Guardian of the Galaxy riesce finalmente a sfruttare la poderosa licenza fumettistica della Casa delle Idee nel migliore dei modi, affidando a Eidos Montreal lo sviluppo di una classica avventura in terza persona single player che punta dritta al suo obiettivo: centrare lo spirito dei personaggi e del loro immaginario.

Marvel’s Guardians of the Galaxy è un titolo fortemente story driven che propone un’ottima avventura stand alone dedicata ai guardiani che non sfigura assolutamente rispetto alle grandi super eroistiche già viste in ambito videoludico negli ultimi anni, come Marvel’s Spider-Man o i titoli Rocksteady sull’uomo pipistrello.

Intanto la collocazione temporale è ottima: i Guardiani si conoscono, ma sono un gruppo che deve ancora ingranare. Sono un team già affiatato durante l’azione, che però deve ancora maturare, conoscersi più intimamente e cercare un’alchimia più profonda. Questo punto di partenza è ottimo per scongiurare una potenzialmente prolissa storia di origini e proporci qualcosa di più intrigante, lasciando il giusto spazio anche ad un racconto epico e dal lungo respiro che esula dalle dinamiche strettamente legate ai Guardiani.

C’è poi di buono che il titolo prende tutto il meglio dall’universo “Guardiani della Galassia” con una commistione di influenze transmediali davvero efficace. Dai film si prendono la personalità dei personaggi principali e la comicità brillante, dai fumetti il word-building, i comprimari e le mille reference sparse per tutta l’avventura. Il risultato è un’epopea intergalattica autoconclusiva che alterna momenti scanzonati ad altri più drammatici, scritta e messa in scena davvero molto bene, che non mancherà di appassionare e accontentare davvero tutti. Un elogio particolare va al doppiaggio che, nonostante si affida ad interpreti diversi da quelli cinematografici, si avvicina a questi tantissimo e funziona alla grande, anche in italiano.

D’altronde questo è un aspetto importantissimo perché il gioco è molto verboso, non c’è un attimo di silenzio, e il commento della squadra ad ogni singolo momento di gioco è costante. La comunicazione tra il nostro team è quello che rende speciale Marvel’s Guardians of Galaxy e si configura come l’elemento di maggiore personalità della produzione, venendo inserita praticamente in tutti gli aspetti del gameplay.

Innanzitutto impreziosisce e rende meno noiosi momenti di esplorazione che altrimenti ogni tanto potrebbero essere poco stimolanti. Il level design infatti è piuttosto blando e lineare, la progressione è molto unilaterale, salvo inventarsi lungo il percorso talvolta espedienti piuttosto classici per farci deviare in cerca di materiali o collezionabili attraverso semplicissime diramazioni. Da questo punto di vista mi ricorda molto da vicino produzioni estremamente story driven come Star Wars Jedi Fallen Order.

Ebbene anche in questo caso, nei momenti più “extradiegetici” e puramente legati alla sfera ludica del titolo, non mancheranno frecciatine e provocazioni da parte dei nostri compagni sul fatto che perdiamo la strada maestra. C’è poi il fatto che siamo spesso chiamati in causa, anche durante le conversazioni più estemporanee a dire la nostra, scegliendo cosa dire, magari prendendo le parti di un membro dei guardiani o dell’altro. Questo accade anche durante le cut-scene e provoca attriti o al contrario rapporti di fiducia particolari, cambia qualche carta in tavola a livello di mini eventi e permette alcune variazioni sia narrative che all’interno delle dinamiche di gameplay, molto circostanziate a piccole porzioni di gioco.

Seppur non parliamo di scelte incisive, questa meccanica non fa che renderci più partecipi attivamente in sezioni di gioco solitamente passive. Ma “comunicazione” è la parola chiave che si lega anche a tutte le altre dinamiche di gioco. Prendiamo gli enigmi ambientali: che ci sia da formare un ponte grazie a Groot, rompere o spostare un masso con Drax, arrampicarci con il supporto di Gamora o sfruttare le dimensioni di Rocket per entrare in stretti pertugi, saremo sempre chiamati a chiedere l’intervento del Guardiano giusto e, nonostante nell’intera avventura si usi solo ed esclusivamente Star-Lord, la sensazione di poter superare gli ostacoli solo come squadra è un aspetto estremamente concreto nella produzione, che non è artificiosamente veicolata solo ed esclusivamente attraverso le innumerevoli linee di dialogo che li coinvolgono.

Infine, nei combattimenti, sempre ben distinti dall’esplorazione e circoscritti solitamente ad arene in cui irrompono ondate di nemici, molto del sistema di combattimento è affidato proprio alle skill dei nostri partner, andando a rendere leggermente meno ripetitivi momenti d’azione altrimenti piuttosto semplicistici. Noi controlliamo direttamente solo Star-Lord che potrà sostanzialmente sparare diversi tipi di proiettile con i suoi blaster, colpire corpo a corpo, svolazzare e schivare i colpi. Usarlo è abbastanza divertente, meccaniche come i colpi potenti da eseguire durante il surriscaldamento, la schivata all’ultimo secondo che rallenta brevemente il tempo, la scelta del tipo di fuoco in base alle debolezze nemiche, inseriscono un minimo di tempismo, strategia ed abilità manuale, in dinamiche di combattimento abbastanza basilari e con poche variabili, se non quelle che riguardano i tipi di scudi utilizzati dai nemici o il loro livello di stordimento (non aspettatevi alcun tipo di intelligenza artificiale). Anche gli attacchi melee sono un buon diversivo allo shooting incessante, quanto meno a livello di flavour estetico, c’è una bella fisicità, nonostante si tratti letteralmente di premere un singolo bottone quando abbiamo un avversario a portata di pugno. Su PS5 la fisicità si estende piacevolmente attraverso le nostre dita con il feedback aptico del DualSense che ci fa sentire le diverse resistenze dei blaster.

Ma, come detto, è grazie al resto della ciurma, e ancora una volta grazie ad un espediente per continuare a far chiacchierare i personaggi di continuo anche nelle battaglie, se queste sezioni action non vengono a noia piuttosto in fretta. L’arena di combattimento è costellata di elementi dello scenario con cui i Guardiani possono interagire per fare più danno, e hanno dalla loro 4 abilità che si sbloccano nel tempo da usare nella mischia. Inutile dire che nel mezzo dell’azione saremo noi a dare le direttive, con un conseguente spettacolo pirotecnico un po’ caotico, ma piuttosto soddisfacente. A coronare l’affiatamento tra i compagni che il gioco vuole trasmettere, ci pensa infine l’adunata. Raggiunto il riempimento di una apposita barra, potremo chiamare a raccolta tutti i Guardiani, ascoltare i commenti per capire il loro umore in battaglia, e scegliere la risposta giusta tra due: se la risposta sarà particolarmente azzeccata avremo un power up per tutto il team, altrimenti solo per Star-Lord.

Ma una delle cose più belle dell’Adunata è che rappresenta spesso un momento catartico ed esaltante della battaglia, grazie al quale la musica letteralmente cambia in tempo reale proponendoci uno dei numerosi pezzi cult degli anni ’80, i quali incredibilmente si sposano sempre alla grande con la confusione della battaglia e rappresentano molto bene quello spirito stralunato che fa parte del brand “Guardiani della Galassia”, soprattutto per quanti li hanno conosciuti al cinema. Vi assicuriamo che incalzare la battaglia contro un enormi bestie aliene sulle note di “Holding Out For A Hero“, è qualcosa.

Per quel che riguarda il sonoro quindi non ci resta che elogiare il titolo perché davvero, tra doppiaggio e temi originali e non, raggiunge livelli molto alti. A livello grafico il gioco invece convince abbastanza ma con delle riserve, che però vanno contestualizzate nell’ottica di una suntuosa produzione tripla A. Ho giocato Marvel’s Guardian of Galaxy su PS5 e devo dire che la modalità Performance offre un compromesso molto buono tra fluidità, effettistica e dettaglio. Quest’ultimo però secondo me non è super esaltante in tutti i frangenti.

Lo stile con cui si è delineato il mondo fumettistico è valido, c’è un compromesso tra originalità e fedeltà che convince. La definirei una buona interpretazione personale di materiale ovviamente non originale, in cui anzi convivono molteplici influenze dalle diverse versioni dei Guardiani. Non è un compito semplice trovare la giusta commistione tra riconoscibilità e originalità in questi casi e Eidos Montreal a mio avviso ha ottenuto un ottimo risultato. Il character design di tutti i personaggi e relativa realizzazione, è davvero azzeccato, così come la loro capacità espressiva, ma le ambientazioni le ho trovate talvolta meno ispirate, un po’ per la ripetitività degli asset, un po’ perché spesso poco vive e con pochi elementi dinamici, e un po’ perché a volte messe in scena senza troppa verve, affidandosi ad espedienti di progressione veramente stra-abusati come i classici anfratti strettissimi in cui infilarsi di lato o scivoli ambientali che ci traghettano da una sezione all’altra del livello.

C’è qualche momento più ispirato ed evocativo in tal senso, come il ponte della fortezza di Lady Hellbender (personaggio tra l’altro che mi è piaciuto moltissimo a livello di design) ma sono purtroppo rari al di fuori dei momenti puramente cinematici che al contrario sono gestiti molto bene.

Infine c’è da sottolineare che il gioco in generale non è tecnicamente pulitissimo. Animazioni altalenanti, problemi di compenetrazione e qualche sparuto glitch grafico ogni tanto minano la fluidità dell’azione, ma per fortuna niente che mini in maniera consistente l’esperienza.

Una esperienza che tirando le somme, appaga totalmente a livello narrativo, che riesce ad avere personaggi super logorroici che non stancano mai, anzi ogni volta che Drax apre bocca per sono solo risate ed occhi a cuoricino, con una storia consistente e interessate a cui non mancano i colpi di scena. Nonostante lo spirito goliardico e le gag irresistibili, chiaramente ispirate allo stile del regista Gunn, Marvel’s Guardian of Galaxy riesce a replicare quell’equilibrio tra momenti più seriosi e sopra le righe che contraddistingue i bellissimi film, con una scrittura matura che non cade nel farsesco ma che propone invece dietro il suo palcoscenico psichedelico, personaggi che hanno una emotività concreta e intrigante. A livello prettamente ludico, forse il titolo arriva al suo epilogo un po’ con il fiato corto a causa di un certo approccio vecchio, poco coraggioso e molto basilare alla struttura di gioco.

L’upgrade dei personaggi si esaurisce molto in fretta, la progressione dei livelli è estremamente guidata e poco articolata, i puzzle ambientali non vanno oltre lo sfizioso, i combattimenti “funzionicchiano” (soprattutto se alzate al difficoltà), ma a parte un paio di eccezioni in cui avete obiettivi interni durante gli scontri, sono quasi sempre rinchiusi in arene piccole in cui la confusione (complice anche la telecamera troppo ravvicinata) sovrasta talvolta l’interpretabilità dell’azione e le potenziali scelte tattiche. Nonostante questo, non si può davvero non voler bene a questo titolo per tutti i meriti di cui abbiamo parlato fino ad ora. Penso sia davvero coinvolgente e divertente, con un gameplay che a prescindere dalla sua profondità è realmente presente perché laddove si rivela un po’ pigro nella scelta di alcune meccaniche fin troppo classiche per tipo di giochi, trova il suo ingrediente speciale nell’interazione verbale con gli altri protagonisti e con il mondo di gioco. A volte forse è uno specchietto per le allodole che non cambia troppo l’esito finale dell’avventura e la caratura dell’esperienza, ma cosa importa alla fine se funziona, crea immedesimazione e serve a rendere più intrigante il viaggio?!

E poi in un mercato sempre più orientato verso open world super aperti dalle dinamiche dilatate che sfilacciano il ritmo narrativo, non c’è niente di male nel proporre una formula meno ambiziosa, un po’ old-school e focalizzata su un altro tipo di ritmo, un altro obiettivo creativo molto più narrativo-centrico. L’importante è che funzioni, e l’avventura spaziale di Peter Quill e soci, pur potendo sicuramente essere migliorabile sotto svariati punti di vista, ti porta ai titoli di coda con un sincero sorriso, quindi… bene così.

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!