Tex 683: La prigioniera del deserto

In soccorso di una vecchia amica

Secondo e purtroppo ultimo episodio di questo dittico dove Tex ritrova sulla sua strada una delle figure più sfuggenti della sua giovinezza, l’indimenticabile Lupe Velasco. Comparsa nelle primissime avventure scritte da Gianluigi Bonelli, di lei si è sempre saputo ben poco nel corso dei decenni, finché il curatore attuale della testata del Ranger, Mauro Boselli, non ha deciso di farla tornare sulla scena raccontando cosa le è successo in tutti questi anni, attraverso una lunga storia di cui abbiamo letto la prima parte in agosto. Questa è la seconda. Ripresasi dalla terribile fuga che poteva costarle la vita, Luz, la giovane figlia della compagna d’armi di Aquila della Notte, narra ai nostri eroi le peripezie patite e il motivo che l’ha condotta fin lì, oltre la frontiera messicana. Così, Tex e i pards conoscono finalmente il destino che è toccato a Lupe ai suoi figli dopo che lui l’aveva aiutata a sconfiggere Don Inigo, un perfido proprietario terriero responsabile della morte del marito, mentre vagabondava a sud del Rio Grande. Ma non c’è tempo per abbandonarsi ai ricordi. Lupe ha bisogno d’aiuto e il Ranger si prepara a galloppare oltre confine per aiutarla, sfidando un tirannico ranchero e la sua banda di pistoleri…

Rimaneggiare il mito, si sa, non è mai un’impresa facile, specialmente quando parliamo di fumetti ormai leggendari e duraturi come la creatura di Bonelli padre e Galep, ma finora Mauro Boselli non ha tremato di fronte al compito, realizzando lavori sempre pregevoli. La sensazione, esattamente come per il texone estivo co-creato con Andreucci, è che stavolta si sia superato, riportando in un auge personaggi che sembravano avere ancora poco da dire all’interno di una trama incalzante e mai banale, strutturata in due tempi che dovevano colmare lo spazio vuoto lasciato da anni di lontanaza e sovvertire lo status del presente. Obiettivo raggiunto senza lasciar nulla al caso e guidando ogni elemento verso la risoluzione finale. Anzi, l’unica pecca è costituita proprio dalla lunghezza. La sensazione è che un terzo tempo avrebbe giovato ulteriormente alla storia, che risulta un po’ troppo frettolosa nella conclusione. In compenso, i disegni di Alessadrno Piccinelli mantengono alto il livello fino all’ultima pagina, esaltandosi nelle sparatorie, nelle anatomie (umane e non) e nella mimica, che testimonia il dramma e l’emotività dei personaggi all’interno di una vicenda umana e profonda.

Voto: 7

Dampyr 210: Il figlio di Erlik Khan

Il servitore rinnegato del Dio dei Morti

Dopo il crossover con l’Indagatore dell’Incubo, Harlan Draka e la sua brigata di ammazzavampiri tornano alla normalità, alla consueta caccia ai Maestri della Notte senza il prode Dylan Dog al seguito e privati, per la loro gioia, delle terribili freddure di Groucho. Ma le cose terribili non mancano, sulla strada dei nostri eroi, che questo mese di settembre (già di per sé orribile) si dovranno confrontare con l’eredità di uno dei loro più grandi avversari: Erlik Khan! Le notti di Ann Jurging continuano ad essere faticose e piene di incubi. Dopo la battaglia in cui l’ha convolta il suo amico Dampyr, che l’ha vista spingersi al limite delle sue forze, continua a vedere in sogno uno strano cratere infuocato e le Erinni. Per tentare di capire se può esserci un collegamento col suo vecchio nemico, Harlan, Tesla e Kurjak, accompagnati dall’infermiere del Medical Team Arno Lotsari, si recano in Turkmenistan. Qui scopriranno che un esercito di vampiri si sta riunendo e che dietro le loro fila si cela una creatura dall’indicibile potere, un oscuro signore chiamato Kerey Khan!

Il numero 200 e la trilogia della lunga notte, grande spartiacque della storia recente del dampyro di Via Buonarotti, aveva lasciato delle conseguenze importanti che per forza di cose dovevano scompigliare la continuity della saga. Se avevamo visto da una parte l’affinarsi dell’alleanza tra Sho-Huan e Lord Marsden, adesso assistiamo agli eventi relativi alla morte di Erlik Khan, perché un essere così potente, padrone di un’armata numerosa e apparentemente invincibile, non poteva morire senza strascichi importanti. A muovere le pedine di questa storia troviamo Giorgio Giusfredi, forse uno dei pochi sceneggiatori così a suo agio con la mitologia del Dampyr oltre ai due creatori, Mauro Boselli e Maurizio Colombo, anche se il suo lavoro vede il lato splatter, orrorifico e spaventoso della saga prevalere. Alla fine, imbastisce una vicenda semplice a cui non mancano momenti epici e personaggi memorabili, oltre che un villain credibile. Il suo Kerey Khan è una figura riuscitissima, folle e lucido al tempo stesso come un dio della Discordia deve essere, complici anche i buonissimi disegni di Andrea del Campo, che attraverso chine fluide e tratti dettagliati ritrae magnificamente le ambientazioni, i mostri e le tremende tonalità della storia. Forse sta proprio qui una delle pecche dell’albo, il non aver approfodito dei comprimari azzeccati e aver voluto concludere tutto troppo di fretta, quando un tempo in più avrebbe aiutato lo svilippo della trama.

Voto: 7

Dylan Dog 372: Il bianco e il nero

“Nella tua realtà, la paura rende ciechi… Nella mia, apre gli occhi!”

Il luglio caldo dell’Indagatore dell’Incubo ci aveva lasciati col primo crossover di casa Bonelli, dandoci appuntamento ad una settimana dopo sul numero 209 di Dampyr, dove il nostro faceva coppia con Harlan Draka e compagni per scongiurare la minaccia di Ragnar Lodbrok. Ma ora è tempo di tornare ai consegueti incubi dylaniati, in vista di un settembre che si prennuancia bollente, con l’uscita del terzo speciale dedicato alla saga del Pianeta dei Morti. Tuttavia, se l’autunno sembra così gustoso all’orizzonte non è da sottavalutare il presente, che ci ripresenta la premiata ditta Barbato / Roi. L’inquilino di Craven Road vive la sua normale quotidianità, fatta da fidanzate che lo piantano e battute nosense di Groucho, quando uno strano fenomeno colpisce i suoi occhi. Comincia a vedere delle strane macchie nere ovunque, che piano piano stanno ricoprendo l’intero mondo che lo circonda. La risposta non tarda ad arrivare. Si tratta del bizzarro modo con cui l’Uomo Nero, il terrore dell’infanzia, l’incubo di ogni bambino cattivo, l’ha convocato nel reame che condivide insieme agli altri mostri, il Regno della Paura. Il motivo per cui l’ha fatto venire al suo cospetto è semplice: deve convincere il figlio della tenebrosa creatura, poco incline all’orrore e allo spavento, a seguirne le orme paterne. Altrimenti, Dylan rischia di rimanere intrappolato in quella realtà fino alla fine dei suoi giorni.

Le prime 28 pagine di questa storia erano già apparse, un anno e mezzo fa, sul Nero della Paura, la collana che aveva preso il posto dei Colori della Paura, in collaborazione con la Gazzetta dello Sport. Come già annunciato allora, doveva essere il prologo di una vicenda che sarebbe stata pubblicata da lì a breve. E, finalmente, eccola qui, ad opera del duo formato da Paola Barbato e da Corrado Roi, freschi freschi reduci di Ut, la miniserie spartiacque della Sergio Bonelli Editore. Proprio a quella saga sembra ricollegarsi, sia poeticamente che tematicamente, l’albo di questo mese, una fiaba gotica a tinte fortemente dark, fatta di trovate intelligenti e piccoli lampi di genio che si uniscono in una metafora che vede intrecciato il bianco al nero, un gioco dove gli opposti si scambiano e si sfiorano rimanendo tuttavia ben distinti e separati. Una favola che insegna e stupisce, scritta da una Barbato prodigiosa, sempre brillante dall’inizio alla conclusione, e illustrata dal Roi post-Ut, un disegnatore che, sebbene abbia realizzato di tutto nella sua lunga carriera, negli ultimi anni si sta specializzando sempre più sul fiabesco, sul grottesco e sull’infanzia, argomenti qui riportati e già trattati di recente nella Ninna Nanna dell’Ultima Notte (numero 367). Il Bianco e il nero è un’autentica perla di stile, frutto della simbiosi pressochè totale di due autori che si stanno sempre più evolvendo lungo il loro percorso, battendo nuove strade e rinnovandosi costantemente.

Voto: 8

Martin MystèreLe nuove avventure a colori 11: La pietra filosofale

Viaggio alla fine del mondo

La fine è vicina per il Buon Giovane Zio Marty, sia metaforicamente che editorialmente. La sua mini-serie in dodici numeri si appresta a concludersi, con l’uscita di ottobre, mentre nel racconto anche il mondo, la nostra bella e amata Terra, è prossima all’estinzione. Ma, ovviamente, speriamo che entrambe possano sopravvivere, in tutti i sensi! Per scoprirlo, non ci resta che attendere. Il prossimo mese per la storia, un po’ più di tempo per la versione HD del Dectective dell’Impossibile. Il collasso globale sta arrivando. L’esplosione della bomba atomica in Croazia le ha dato il via e il tentativo di Martin e Sergej Orloff di rimaneggiare il continuum spazio-temporale ad Agharti le ha dato una brusca accelerata. I due cercano di risolvere la situazione prima che sia troppo tardi e decidono di mettersi alla ricerca di un leggendario oggetto: la Pietra Filosofale. Nel frattempo, Tower, il capo di Altrove, Jasper, Arianna e Diana si preparono a fronteggiare l’imprevedibile, mentre alcuni monoliti neri sbucano fuori dalla terra e dal mare, portando funesti presagi di sventura…

Il grande romanzo a fumetti sviluppato dai Mysteriani, il collettivo di sceneggiatori che fa capo a Giovanni Gualdoni, si avvicina ormai alla sua conclusione dopo aver messo in ulteriori guai i suoi protagonisti. La trama è pronta ad esplodere, a sublimarsi in un finale che si preannuncia sorprendente, trainata avanti da il complesso mosaico di personaggi ritratti, un ballo dove a ciascuno sarà chiesto di prendere parte e dove qualunque dettaglio potrebbe risultare decisivo. In effetti, in questo penultimo numero sono i comprimari a guadagnarsi l’attenzione, muovendosi e agendo in vista della catastrofe imminente, insieme al rapporto di Martin e Sergej, che rischia di essere la chiave di volta dell’intera vicenda. Un numero che dunque si occupa più di preparare il terreno a ciò che verrà dopo, scritto con la solita maestria dal collettivo di menti dietro la tastiera e illustrato da Rosario Raho, insieme ai colori di Alessandro Musumeci e Daniele Rudoni.

Voto: 7

Dragonero 52: Silenzio Bianco

Nelle fredde coste del nord

Trasferta gelida al termine dell’estate per Ian Aranill e il fido Gmor Burpen, dopo mesi caldi che li hanno visti sotto pressione in vista di un autunno bollente. Sì, perché oltre al nuovo volume da libreria, Minaccia all’Impero, la strada verso Lucca presenta molte novità pronte a sbarcare in edicola col marchio Dragonero. Forse, questa vacanza al polo è quello che ci vuole, per rinfrescarsi un po’! Ian e Gmor vengono convocati urgentemente ad Amothea, La Remota, l’ultima fortezza nordorientale del Vallo, a picco sulle acque dell’Algsuhrè, Il Mare Ghiacciato. Una volta arrivati, vengono informati subito dalla guarnigione delle Guardie Rosse, i soldati incaricati di proteggere la grande muraglia difensiva dell’Impero, sulla situazione. Alcuni grandi ghiacciai si sono staccati dalle calotte artiche, causando maremoti e difficoltà nei pressi del golfo di Ebursùhre. Ma non è l’unico pericolo all’orizzonte. I militari hanno infatti rilevato insoliti movimenti da parte degli Algenti, la bellicosa razza che dimora al nord del continente. Le loro scorribande sembrano appunto mirare a Eburdàrt, fiorente cittadina costiera che si trova proprio in quei luoghi. Ian si unirà ai guerrieri nella speranza di trovare la Lepre delle Nevi, un ex scout esperto conoscitore delle zone che potrà aiutarli a sventare una possibile minaccia.

Sarà perché l’estate è finita, o per i giorni di maltempo che hanno colpito la penisola, ma il numero di questo mese è la prima parte di una storia “gelida” che ci porta in una delle aree meno esplorate dall’Erondàr nelle serie: il nord. Un nord particolarmente affollato, visto che ci vivono tribù di indigeni pescatori e gli uomini dell’Impero, oltre che quelli accampati sul Vallo. A farci da guida è Luca Enoch, che ci conduce attraverso distese fredde e acque congelate, facendoci letteralmente venire i brividi, e non solo per l’ambientazione. Infatti, tornano gli Algenti, creature misteriose che abbiamo già visto in passato e che di sicuro vedremo spesso in futuro. Ad aiutarlo, troviamo Gianluigi Gregorini, decisamente a suo agio con le basse temperature, soprattutto quando si tratta di ritrarre i Siku’Kikkuth, le popolazioni indigeni che hanno una parte corposa nella storia.

Voto: 7

Orfani Sam 6: Il diavolo in me

Rinascita e dannazione

Mid-season finale per l’ultimo capitolo della saga ideata da Roberto Recchioni ed Emiliano Mammucari. Ebbene sì, dopo aver sperimentato soluzioni inedite e battuto strade prima solo immaginate dalle parti di via Buonarroti, in vista della fine Orfani si prende il permesso per un’ultima novità: un intervallo di tre mesi necessario per preparare al meglio gli ultimi episodi. Cosa non nuova oltre i confini nazionali, soprattutto in America, dove spesso viene dato più tempo agli autori ritardando l’uscita degli albi, è una vera e propria rivoluzione all’interno delle pubblicazioni italiane, soprattutto di quelle targate SBE. Tuttavia, era inevitabile che accadesse, dato che Orfani nasceva come serie di 24 numeri per poi essere allungata in corso d’opera, dunque senza essere stata preparata nella sua interezza con le dovute tempistiche. Ma, considerazioni editoriali a parte, è tempo di tuffarsi nella recensione del numero di settembre, che rimarrà l’ultimo fino a gennaio 2018. Sam si è ormai spenta e non sembra essere possibile salvarla, ma Ringo, folgorato da un’intuizione, decide di giocarsi il tutto per tutto per riportarla in vita. Nel frattempo, il governatore Garland e il generale Petrov decidono di mettere definitivamente da parte le loro divergenze per operare, insieme, verso il raggiungimento di un obiettivo che rischia di riportare sulla scena un vecchio avversario…

Come di consueto in questi primi sei numeri, ai testi troviamo ancora il tandem Roberto Recchioni e Michele Monteleone, accompagnati da un team di artisti variegato a cui spetta spartirsi le varie storyline del racconto. Stavolta troviamo Andrea Accardi, Simone Di Meo, Luca Casalanguida e Fabrizio Des Dorides che, seguendo le dritte dei loro sceneggiatori, adattano il proprio tratto alle molteplici parti della narrazione, in cui si susseguono salti da un comprimario all’altro e sequenze oniriche e surreali vissute dentro la mente dei personaggi. Niente di sfavillante, dunque, rispetto agli albi dei mesi scorsi, per quanto riguarda la realizzazione, mentre le novità si concentrano soprattutto sugli avvenimenti che, attraverso una sequela travolgente di colpi di scena, rendono l’attesa per il seguito ancora più insopportabile di quanto non fosse in precedenza. Se potevano venire i dubbi, forse perfino legittimi, che arrivati a questo punto Orfani avesse smesso di raccontare qualcosa di significativo e avesse ormai detto tutto quello che poteva dire, Il diavolo in me conferma che c’è tantissima carne al fuoco che aspetta solo di essere cotta a puntino.

Voto: 7.5

Dylan Dog Speciale 31: Nemico pubblico numero 1

Ancora faccia a faccia

Di questi tempi, un anno fa, oltre ai festeggiamenti per il trentennale dylaniato sbarcava nelle edicole il secondo capitolo di uno dei cicli narrativi più apprezzati del nuovo corso: la saga del Pianeta dei Morti. Se la rivoluzione di Dylan ha creato una spaccatura tra fan della prima e dell’ultima ora, su una cosa tutti concordano: l’epopea di Alessandro Bilotta è un capolavoro assoluto, un grande romanzo fatto, purtroppo, di un solo episodio ogni 12 mesi. Ormai l’autunno è diventata la stagione più attesa dei fan dell’Indagatore dell’Incubo, e aspettare diventa più difficile storia dopo storia. Xabaras è tornato in circolazione. Lo scienziato che bramava la vita eterna, la grande nemesi legata da un filo sottile e invisibile al nostro eroe, ha fatto ritorno dopo che per tanti anni se n’erano perse le tracce. E non ha dimenticato i suoi propositi di immortalità. Ha inoculato una potente versione del virus dei Ritornanti nel paziente zero del contagio, Groucho, trasformando la malattia che ha decimato l’umanità in un morbo ancora più violento. Ma dopo aver compiuto questo crimine, che l’ha trasformato nell’uomo più ricercato d’Inghilterra, è scomparso. Toccherà a Dylan, appena ripresosi dalla nullificante esperienza dell’Oasi di Werner, trovarlo.

Alessandro Bilotta non è autore di poca esperienza, bensì una penna navigata che negli anni ha firmato tante storie di successo, nell’ambito bonelliano e non. Eppure, è indubbio come stia affrontando un periodo magico della sua carriera, dove una lenta ma costante evoluzione l’ha portato a braccare nuove strade e ha trovare sistemi personali e profondi per veicolare il proprio, personalissimo, linguaggio. Mercurio Loi, recente scomessa dalle parti di via Buonarroti, è sintomatico di questa tendenza. Tuttavia non è il solo. Basta guardare o leggere le altre sceneggiature recenti di Bilotta per rendersi conto di chi stiamo parlando. Lo speciale numero 31, dopo lo strabordante successo dei precedenti, si inserisce proprio in questo percorso di crescita. Infatti, troviamo una gestione pressochè perfetta dei ritmi e una narrazione intensa che, però, a discapito delle attese dell’intreccio, decide di concentrarsi sulle piccole cose e sui dettagli. Esattamente come in Mercurio Loi, acquisiscono sempre più importanza le costruzioni psicologiche e gli eventi minimi, invece di quelli catastrofici e d’impatto. Esempio di questa scelta è la figura di Xabaras, vero protagonista dell’albo, del quale ci viene raccontato il lato umano (forse il più umano in assoluto), figura sempre complessa e di difficile collocazione nelle storie del Dylan “classico”. Uno Xabaras invecchiato, logorato dagli anni, ben lontano dal mad doctor caratteristico e un po’ esagerato dei tempi d’oro, che trova nelle giornate vuote, nelle miserie dell’anzianità e in un incontro inaspettato le vere motivazioni per tornare ad occuparsi del suo leggendario progetto di vita eterna. Bilotta, come Sclavi prima e tutti i grandi autori di Dylan poi, ha rimesso al centro della sua scrittura gli uomini e gli orrori delle loro esistenze, e in questo ha trovato un alleato sensazionale in Sergio Gerasi, uno dei disegnatori più apprezzati dell’era moderna del personaggio che qui sviluppa uno stile diverso, fatto di linee nervose, volti grotteschi e contorti. Questo speciale rischia davvero di confermarsi, per la terza volta, come la miglior pubblicazione dylaniata dell’anno.

Voto: 9

Tex: Il Vendicatore

I colori della giovinezza

Stiamo ancora faticando a riprenderci dall’entusiasmo per il texone estivo, un classico istantaneo che è già leggenda, che Mauro Boselli e Stefano Andreucci tornano in edicola con un nuovo numero che promette di essere non meno strabordante del precedente. Anche perché il protagonista è sempre lui, il giovane Tex diventato fuorilegge dopo aver vendicato gli assassini del padre, pistolero strafottente e dalla testa dura che abbiamo imparato ad amare nel corso di questi scorci nel passato dell’inossidabile Ranger. Ma il formato cambia. Dalle 240 pagine in bianco e nero dello speciale, passiamo alle 48 tavole del cartonato francese in full color HD di settembre, pubblicazione semestrale che sta facendo parlare di sè per la veste inedita in cui riporta la creatura di Bonelli e Galep. Il cappio della forca si stringe intorno al collo dei razziatori del Nueces, colpevoli di aver sparato a Ken Willer. Dopo aver eliminato in un saloon alcuni dei responsabili, aiutato dal fidato Gunny Bill, Tex procede nella sua ricerca della vendetta. Implacabile, simile ad un angelo della giustizia, continua la sua caccia ai criminali che hanno reso orfani lui e suo fratello Sam. Sulla sua strada incrocia loschi proprietari di ranch, criminali sanguinari, ranger di buon cuore, guerriglieri traditi dalla legge, fino ad andare al di là e al di qua del Rio Grande. Tuttavia, il percorso che lo porterà a raggiungere il suo obiettivo sarà più duro del previsto e potrebbe, alla fine, non condurre da nessuna parte.

Mauro Boselli ha deciso di puntare una posta altissima su questa versione giovanile di Tex, rivitallizzando non solo il mito dell’eroe più famoso del fumetto italiano, ma creando di fatto qualcosa di nuovo, di fresco, traendo spunto da un classico delle nuvole parlanti. Quello che ha realizzato è una sorta di Ultimate Tex , un ciclo di storie, che da qui in futuro sono destinate ad aumentare, dove abbiamo un Willer alle prime armi raccontato attraverso le forme narrative del presente. E, esattamente come capitato agli inizi degli anni duemila dalle parti di Marvel, si tratta di un progetto dalla qualità immensa. Non ci resta che sperare di poter leggere altre storie con questo nuovo/vecchio eroe al più presto.

Voto: 8

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!