Atmosfera a mille in The Crown of the Ivory King 

dark-souls-ii-crown-of-the-ivory-king-4La narrazione souliana, si sa, è ricca di passaggi mancanti, incomprensioni e supposizioni, chi conosce il gioco ha ormai imparato ad accettare quelle lacune, volute e non volute, che permeano l’intero comparto narrativo. Da quando furono annunciati, i contenuti aggiuntivi conosciuti come “Le Corone Perdute” hanno in parte, e sottolineo in parte, riempito alcuni passaggi della trama e, per certi versi, esteso l’intera lore del gioco andando a sconfinare in storie, miti e leggende lontane da Drangleic, e le cui speculazioni – in alcuni casi nemmeno tanto azzardate – arrivano addirittura a Lordran. Con questo voglio dire che l’intento iniziale, non era solo quello di “aumentare la longevità a pagamento” ma proprio quello di rimodellare l’intera esperienza di gioco attraverso pacchetti aggiuntivi ricchi non solo di gameplay ma anche di una lore, sì specifica per le nuove aree ma capace di inserirsi, non senza qualche defiance, in una storia davvero articolata. Col rilascio di The Crown of the Ivory King, il quadro generale è più ampio e, ragionando nell’ottica di un eventuale Prepare to Die 2, ci troviamo di un fronte un titolo notevolmente espanso nelle sue meccaniche. Ad oggi, oltre poter valutare il singolo ‘prodotto The Crown of the Ivory King, siamo in grado di guardare al gioco in maniera diversa e, soprattutto, avere una visione completa sull’intero progetto delle Corone Perdute.

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L’Anima della Neve

Se ci pensate, sia The Crown of the Sunken King, che The Crown of the Old Iron King offrono soluzioni ludiche, in qualche modo diverse dal concept base di Dark Souls 2. Gli sviluppatori, pensando a come rimpinguare le meccaniche, hanno semplicemente dato un’occhiata a tutte quelle piccole mancanze del titolo o, più in generale, a degli aspetti migliorabili. Vedi l’introduzione dell’interazione ambientale, vedi meccaniche platforming più importanti e una leggera ridefinizione della difficoltà per favorire – o meglio obbligare – la cooperativa. Ogni mese dal primo DLC, a conti fatti, Dark Soul 2 è diventato più vasto in tutti i sensi. The Crown of the Ivory King non è affatto da meno, e si colloca, almeno dal punto di vista concettuale, nella stessa tipologia di contenuto aggiuntivo. Solo che stavolta gli elementi introdotti e l’offerta ludica è un tantino diverso. The Crown of the Ivory King ha uno degli inizi più belli della storia di Dark Souls: un pontile innevato, calma, tranquillità… subito interrotte da una voce che ci intima di tornare indietro, di non profanare Eleum Royce. Bastano pochi passi in The Crown of the Ivory King per capire come l’atmosfera in questo DLC sia stata spinta al massimo per sfruttare al meglio il suo potenziale immaginifico. Dicevamo, una voce ci dice di non proseguire. Da qui a poco, inevitabile ci aspetta la nostra prima morte. Ci si para davanti una creatura invisibile, un mostro apparentemente enorme ma quasi impossibile da colpire. Così inizia la nostra avventura in questo regno innevato. Per una volta non parliamo tanto di difficoltà, ormai dovreste saperlo, questi DLC sono creati appositamente per giocatori esperti, per personaggi da ending game. Se poi, come chi vi scrive, avete affrontato il tutto in New Game+++, le divinità citate giocando si sprecheranno. Permettetemi di ribadirvi quello che questo DLC ha davvero di magico: l’atmosfera. Prima di adesso – e quasi stento a crederlo – gli sviluppatori hanno quasi del tutto evitato gli scenari innevati. Non vorrei peccare di scarsa memoria ma, almeno giocando, mi è parso di trovarmi in un’ambientazione totalmente inedita anche solo per la scelta di utilizzare neve e ghiaccio ovunque. Che poi il bello di quest’atmosfera non è solo la scelta in sé, ma è l’intero contesto. Eleum Royce è un castello dimenticato, vuoto, enorme e incredibilmente freddo. Passeggiando per le grandi navate e gli immensi corridoi esterni si avverte una sensazione di gelida solitudine. Ci sentiamo veramente degli avventurieri capitati sfortunatamente in un regno ostile e immerso nel ghiaccio perenne. Con angoscia ci trasciniamo tremolanti di zona e in zona, increduli nel ritrovarci, mai come prima d’ora, in spazi immensi, quasi a perdita d’occhio. Il level design concretizza ciò che è stata la volontà degli sviluppatori: farci sentire smarriti in questo desolato e freddo regno. Un’atmosfera indescrivibile, da provare assolutamente col pad in mano. Appare chiaro come l’intera macchina ludica si muova per attanagliare e intimidire il giocatore. Non si tratta solo di aumentare il tasso di sfida, o soverchiare il povero, triste e inutile player con mille mila nemici. In The Crown of the Ivory King è l’ambientazione stessa ad essere nemica del giocatore, non per le trappole e per gli agguati a cui siamo abituati ma per quella costante sensazione di desolazione e solitudine che ci accompagna passo dopo passo. Grazie a palette cromatiche sui toni del grigio e del bianco, la visibilità è ridotta. Ci ritroveremo a dover osservare ancora più attentamente, come se già in generale la concentrazione richiesta fosse poca. Perché poi eliminati questi elementi, incredibilmente ansiogeni, quello che resta sono piccole trovate, piccoli espedienti per ravvivare un gioco che ormai sta sentendo il peso dell’età. I nemici incontrati ad Eleum Royce non sono tantissimi, qualche creatura è palesemente riciclata, con assets prevedibili e quasi identici ai precedenti DLC.

The Crown of the Ivory King

Non manca qualche piccola novità, qualche mistero di cui preferisco non parlare. Sotto lo strato di neve e ghiaccio si nascono parecchie insidie, vuoi per la scarsa visibilità, vuoi per un level design abbastanza azzeccato, che nonostante la vastità degli ambienti è capace di confonderci e fare giocoforza con sali/scendi per creare, a seconda delle situazioni, imboscate o “punti tiratore” per noi. Un connubio di imperiosa atmosfera e il solito inossidabile game design. Per chi si chiedesse cosa c’è di nuovo? La lista non è lunghissima e – con sommo rammarico – si è ripetuto l’ignobile riciclaggio di boss con skin diverse, benché le altre due boss fight inedite siano davvero ben fatte, la scelta di riproporre, nonostante le critiche, un combattimento non completamente nuovo è sintomatica di un generale impoverimento delle idee. Su tutte le novità presentate: tra armi e un boss fight stilisticamente perfetta non possiamo che essere entusiasti, ma sul fatto gli sviluppatori cadano di nuovo negli stessi imperdonabili errori proprio non posso proprio chiudere un occhio. Il tre contenuti aggiuntivi si chiudono abbastanza bene con The Crown of the Ivory King, e col senno di poi, sono contento dell’acquisto fatto. E sono felice che le occasioni per rigiocare a Dark Souls 2 siano terminate, non che il gioco abbia stancato anzi, è che ormai, complice un certo Bloodborne in arrivo, avverto la necessità di mettere le mani su un prodotto completamente nuovo.