Il banale fascino della malvagità

Uno degli episodi del mio webcomic The Author ha di recente scatenato tutta una serie di discussioni sulla possibilità e la difficoltà di giocare Dungeons & Dragons impersonando personaggi malvagi. Volendo prendere seriamente l’argomento (perché l’episodio di The Author era più che altro una scanzonata critica a quella schifezza di Suicide Squad), colgo l’occasione per riparlarne.

Mi ritrovo come quasi ogni mese a fare una premessa. Le premesse, nel mondo di internet, sono importantissime: bisogna sempre ribadire le banalità perché i lettori non le danno sempre per scontate. Ergo procediamo:

  • Questa è la mia opinione personale;
  • Ognuno gioca a D&D e a qualsiasi altro gioco come gli pare, non è che siccome nei manuali di D&D c’è scritto “l’importante è divertirsi” allora a quelli potete fare come vi pare e a tutti gli altri giochi no. Volete giocare Monopoli a chi ingoia più segnalini albergo? Siete liberi di farlo;
  • Comunque l’importante è divertirsi;
  • Non c’è più la mezza stagione.

Fine delle banalità che è doveroso premettere ogni volta. Adesso entriamo nell’argomento.

Nell’episodio di The Author in questione, il protagonista (cioè un mio alter-ego) confessa ad un suo amico di ritenere che la maggior parte dei giocatori che gioca personaggi malvagi nei giochi di ruolo (ma è chiaro che sta parlando di D&D senza nominarlo) lo fa per esorcizzarsi dalla propria vita, liberarsi dalle restrizioni sociali, sentirsi libero. Una sorta di catarsi attuata nel personaggio: si gioca a D&D per levarsi di dosso i panni di brava persona che va a scuola o lavora o che comunque segue le regole e ammazzare vecchiette innocenti, spadroneggiare, dedicarsi all’egoismo, all’angheria, alla sregolatezza e a tutte quelle cose che nella vita quotidiana ci è impedito di praticare per convenzione o per legge. Questa idea la confermo, soprattutto nei giocatori più inesperti che subiscono il fascino del gioco di ruolo come qualcosa che permette loro di “fare tutto quello che vogliono”. Ed è anche questo il bello dei giochi di ruolo, contrapposti ai videogiochi di ruolo che non sono veri e propri giochi di ruolo: puoi fare tutto quello che vuoi, non ci sono opzioni pre-impostate da programmatori, o un elenco di azioni tra cui scegliere. “Giocare di ruolo” significa “interpretare” e quello che bisogna fare è calarsi completamente in un altro mondo, in un altro personaggio, e divertirsi. Quindi che c’è di male nel decidere di essere uno stronzone egoista anziché un virtuoso eroe?

Di per sé non c’è nulla di male. Ma nemmeno nel giocare un malvagio come catarsi. Vuoi trasformare una partita di D&D in una specie di seduta psicanalitica atta a mettere in gioco una specie di riscatto sociale dei giocatori? Puoi farlo. Ma (e qui viene il bello) devi essere consapevole che D&D non è costruito per fare cose del genere. E parlo dal punto di vista meramente tecnico e regolistico. Non solo, ci aggiungo anche che persino la sua struttura di Gioco di Ruolo, è naturalmente avversa a certe condizioni di gioco, cioè a gestire personaggi malvagi.

Molti giocatori (e anche molti master) i manuali non se li leggono: sfogliano solo le pagine che interessano loro e che sono loro necessarie per giocare, tanto basta. Quindi molti di voi magari non sanno che il Manuale del Giocatore stesso non contempla che un giocatore sia di allineamento malvagio: dice chiaramente che i tre allineamenti malvagi sono per i PNG, non per i personaggi (manuale della 3a edizione e successivi, ma anche se non era ribadito così chiaramente, questa cosa era di fatto identica anche nelle edizioni precedenti). La cosa è logica, perché in una partita di D&D il gruppo è costruito per collaborare, aiutarsi, fidarsi l’uno dell’altro, perseguire un obiettivo comune, tirarsi fuori dai guai a vicenda, proteggersi, uscirne vivi tutti insieme. Un personaggio malvagio non ha effettivamente alcuna motivazione per unirsi a un gruppo, e richiede quindi da parte del Master e dei giocatori, una serie di accorgimenti atti a fare da “colla” e dare un senso al fatto che per decine e decine di sessioni e in numerose situazioni compia azioni “buone” come curare i personaggi, salvarli da morte certa, non abbandonarli, spartire il tesoro, accettare di prendere decisioni in comune, o che si imbarchi in imprese che a lui personalmente non comportano alcun vantaggio soprattutto se paragonate ai rischi. Tipica “colla”: il personaggio è cattivissimo e malvagissimo eh, ma per l’intera campagna farà il bravo e collaborerà (suo malgrado eh) con gli altri per un immaturo senso di convenienza, perché senza di loro non ce la farebbe mai a portare a termine i suoi scopi (e mi raccomando di sottolineare al master, ogni tanto, che in gran segreto sta tramando bastardate, ma nessuno lo sa, solo lui e il master).

Purtroppo gli allineamenti di D&D si basano su quello che un personaggio fa, non su quello che “ha intenzione di fare”. Dalla 3a edizione di D&D in poi, inoltre, l’allineamento è conseguenza diretta di come ci si comporta, e non viceversa: non è più un dettame al quale bisogna sottostare pena la perdita di punti esperienza, è invece un qualcosa che il Master ha il diritto e dovere di cambiare se il giocatore, in una serie di sessioni, non si comporta come sta scritto sulla sua scheda alla voce allineamento. Quindi dopo quattro o cinque sessioni in cui un personaggio “malvagio” continua per una serie di motivazioni personali, segrete o future a non comportarsi da malvagio, di fatto non è malvagio, e il Master dovrebbe cambiargli l’allineamento in neutrale (o in quello che ritiene più consono a come si comporta realmente). C’è un bellissimo esempio sul manuale in cui si consiglia al Master, quando un giocatore protesta per il cambio di allineamento, di rispondergli: dici di essere di allineamento diverso? Dimostralo.

È proprio perché giocare personaggi malvagi non è “teoricamente” permesso, che ad esempio nella Guida del DM la classe di prestigio dell’Assassino presenta prerequisiti d’ingresso ridicoli paragonati ai suoi vantaggi: è una classe per PNG, non per PG. Ed è per lo stesso motivo che nella Guida del DM della 5a edizione ci sono un sacco di opzioni per classi “malvagie” che sono appunto dedicate ai PNG e non ai PG. Ma questi sono solo esempi scemi.

La verità è che se volete giocare personaggi malvagi in D&D potete farlo, il modo si trova e non c’è dubbio che possa essere divertente. È un gioco, è stato creato per il vostro divertimento. Ma anche ingoiare gli alberghi di Monopoli o giocare a scacchi con il Cavallo che muove a V anziché a L può essere un’esperienza entusiasmante. L’importante è essere consapevoli di quello che si fa, perché giocare è una cosa seria.

A cura di Luigi Bigio Cecchi