Le titaniche fatiche di un genitore

Al giorno d’oggi non si fa altro che parlare di famiglia, tra le cosiddette “nuove” e quelle “classiche”, di come ormai non esistano più quegli stereotipi tipici dei decenni passati e di come non ci siano più delle figure fisse. Ma, tra tutti questi discorsoni, ci si dimentica di sottolineare la cosa più importante: è un lavoraccio, un’impresa talmente ardua che al confronto le dodici fatiche di Ercole sembrano una piacevole scampagnata nei boschi. Ed è proprio questo che ci ricorda il fumettista francese Nob (al secolo Bruno Chevrier), il quale, dopo aver raggiunto una grande fama in patria con opere dal calibro di “Mamette“, “Bogzz” e altre, realizza un volume piacevole, grazioso e sorprendentemente attuale. Dad Professione Papà è la sua più recente produzione, edito da Tunué per la collana Tipitondi (dedicata ai lettori più giovani), e ha le carte in regola per accomodarsi sullo scaffale dei suoi capolavori.

Dad 1

Dad, uomo di mezza età e attore dal successo mancato, è il padre single di quattro figlie avute da madri diverse. La più piccola è una neonata di nome Berenice, detta non a caso Bebérenice, che ancora non parla ma riesce comunque a farsi capire. Poi c’è Roxane, una ragazzina dai capelli rossicci che frequenta le elementari e sembra talmente carica di energia da illuminare chi le sta intorno. In mezzo abbiamo Ondine, un adolescente dalla chioma rosa con la testa persa tra le prime cotte e le chat telefoniche. La più grande, Pandora soprannominata “panda” per i suoi occhiali, è una giovane studentessa universitaria seria e scontrosa, concentrata sullo studio.

Dad 2

La graphic novel è composta per la maggior parte da sketch autoconclusivi, della durata di una pagina, che inquadrano la vita di tutti i giorni dell’inimitabile famigliola. Attraverso un umorismo fine, garbato e sottile, quasi da family comedy, osserviamo i loro rapporti, i loro problemi e quanto sia complicato condividere lo spazio senza entrare in conflitto. Tuttavia, più delle difficoltà e della comicità del momento, quello che emerge dalle tavole è soprattutto l’affetto che le quattro sorelle provano per il loro genitore, un adulto un po’ scapestrato ma che si impegna sempre al massimo per accudirle. È interessante notare come sia proprio il papà a gestire l’intera baracca, a ricoprire qualunque ruolo famigliare quando la situazione lo richiede, ulteriore prova della scomparsa di determinate barriere. Infatti, le madri delle figlie (con una sola piccola eccezione) non vengono mai mostrate né menzionate, quasi come se non esistessero.

dad 3

Le quattro protagoniste sono tra loro diversissime, sia per carattere che per età. Il disegno accentua queste differenze caratterizzandole in modo estremamente preciso, sfruttando un tratto cartoonesco e rotondeggiante, però capace di un espressività unica. Le proporzioni e le distanze sono tutte studiate per ispirare simpatia, complicità e, soprattutto, empatia, con l’aiuto di tanti colori primari sempre calati alla perfezione. Ciò che colpisce dal punto di vista grafico è la cura degli interni, dello sfondo nel suo insieme, per un albo che teoricamente dovrebbe stimolare una lettura veloce, gradevole ma non troppo impegnativa. Invece ci si sofferma spesso sulle singole vignette, quasi in una specie di trance, ad ammirare l’autentica delizia delle forme. E’ impossibile non venire rapiti dalla dolcezza delle scene, dalla loro tenera semplicità.

dad 5

Quello che abbiamo di fronte è uno spaccato di realtà, raccontato sfruttando un‘ironia che si fonda sulle piccole cose e che non porta mai alla risata rumorosa, bensì regala spesso sorrisi trasognati, simili a quelli che spuntano nel rivedere vecchi ricordi su videocassetta (non a caso, la sequenza più lunga è legata ad un filmino sull’infanzia di Pandora). Il fumetto non tenta di sciorinare moralismi, di mostrare le oggettive difficoltà di una situazione che, per molti, sarebbe insostenibile, ma si concentra sulla normalità, sulla naturalezza di una famiglia del tutto anormale, almeno secondo i vetusti stereotipi della famiglia tradizionale.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!