“In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il suo fratello… “

Ci è risultato scontato, dopo aver divorato i tredici episodi che compongono la terza stagione Marvel’s Daredevil, partire così, con una citazione religiosa presa nientepopodimeno che dalla Bibbia. Perché la nuova avventura del “Diavolo di Hell’s Kitchen” è sì un turbinio di eventi, rivelazioni, morti inaspettate, sorrisi inattesi, ma mostra anche un vero e proprio faccia a faccia con la fede, vacillante a causa delle tante perdite, e mai come ora fondamentale per andare avanti.

La fede era, ad esempio, fondamentale per Matt Murdock, che però col passare del tempo ha finito col perderla quasi completamente, a causa di ciò che gli è stato riservato durante il corso della sua drammatica, seppur tutto sommato felice, grazie ai tanti affetti di cui il ragazzo si è circondato, esistenza, almeno fino all’incontro con Wilson Fisk e con tutto il male che si nasconde ad ogni angolo di ogni strada delle vie di New York. Ma la fede (per chi ci crede, ovviamente) era anche fondamentale per tutti i telespettatori, in trepidante attesa di scoprire cosa il futuro avesse in programma per lo show principale del binomio Marvel-Netflix, mai come negli ultimi giorni tanto fragile ed appeso ad un filo esiguo e maledettamente sottile.

Si dice, infatti, che dopo il temporale arrivi l’arcobaleno e mai è esistito un detto più calzante: la terza stagione di Daredevil arriva in un momento quasi critico per il binomio Marvel-Netflix, e riesce a risollevare le sorti della “coppia”, che sembrava ormai sul punto di separarsi. Il fortunato e stupendo sodalizio navigava in cattive acque, vista la cancellazione di “Iron Fist” prima e “Luke Cage” poi, ed ha corso il rischio di sprofondare in un abisso dal quale nessuno sarebbe mai stato capace di risalire, ma state tranquilli: la nuova stagione del “Diavolo di Hell’s Kitchen” riesce a riportare il binomio ai fasti di un tempo. Matt Murdock e la sua cricca qui si presentano più in forma che mai, con una produzione all’altezza della prima stagione, e forse anche migliore, per certi versi.

Una stagione dai toni più cupi

La storia che quest’anno Netflix ha confezionato è davvero di grandissimo livello, capace di scavare a fondo nel passato dei vari protagonisti come mai prima d’ora, senza mai trascurare l’impianto narrativo di ogni episodio, che si evolve nel migliore dei modi di puntata in puntata. Qui la regia fa maggiormente leva sul dialogo, sulla riflessione e l’introspezione, molto meno sui combattimenti, sempre magistralmente orchestrati ed attuati, ma presenti in misura minore rispetto al passato. Questo potrebbe far pensare ad un rallentamento del ritmo generale, ma non è così. Ogni episodio è capace di tenere lo spettatore incollato allo schermo, senza mai annoiarlo (e sotto questo aspetto la terza stagione è anche migliore della prima, che aveva un ritmo più lento, sebbene fosse comunque piacevole) e trascinandolo con forza verso l’episodio successivo.

La stagione parte subito in quarta, con Matt, creduto morto durante gli eventi di “The Defenders”, che è miracolosamente scampato alla dipartita, salvato ed accudito dai vari membri della chiesa locale, in cui è cresciuto sin dalla morte del padre.  Di lì in avanti ci basteranno pochi minuti per comprendere quale sarà la piega che gli eventi prenderanno, a causa non soltanto della vena violenta e quasi sucida del protagonista, ma anche e soprattutto per una serie di eventi sullo sfondo che, accostati insieme, vanno a comporre un mosaico di paura, dolore e brutale follia che sta per investire la solita, marcia, corrotta ed abbandonata a se stessa Hell’s Kitchen.

Tutto questo, poi, è accompagnato dalla presenza di tantissimi flashback, che spezzeranno, di tanto in tanto, la narrazione. In particolare, questi ultimi, si focalizzeranno proprio sui due grandi rivali sulla piazza, il “diavolo” ed il “Kingpin”, ma anche (spesso) su alcuni personaggi che man mano impareremo a conoscere durante la stagione, vecchie conoscenze comprese. Sì, perché la terza stagione di Daredevil sarà anche un modo importante per conoscere il passato di Karen, drammatico ed oscuro come non mai, che offrirà un’idea più chiara su uno dei personaggi più affascinanti ed enigmatici dell’universo dedicato ai “Defenders”.

Homo homini lupus

Se le precedenti due stagioni avevano una storia di fondo sì cupa, ma con uno spiraglio di luce, che spesso partiva dal cuore altruista, amorevole e speranzoso del protagonista, la terza stagione mostra un’oscurità senza fine, che parte proprio dal cuore di Matt. Adesso è proprio quest’ultimo ad essere sfiduciato nei confronti di una città che non sembra proprio capace di salvarsi (farsi salvare). Non è più il Daredevil che eravamo abituati a vedere: tormentato ma sempre consapevole di quale fosse la cosa giusta da fare, restio a coinvolgere i suoi amici, ma sempre pronto ad accettare il loro aiuto. Il nuovo Matt cerca di tenere tutti a distanza, terrorizzato dal fatto che potrebbero pagare il prezzo delle sue scelte e della sua doppia vita.

Il “diavolo” qui non si mostra più forte e saldo nei suoi principi, ma perennemente dubbioso ed afflitto da un dolore che non sembra riuscire mai a placare, da una serie di punti di domanda che non gli danno mai respiro. Qui sembra quasi trascinarsi per inerzia, sopravvivere semplicemente, quasi suo malgrado a volte, senza mai riuscire a tornare davvero alla vita.

Il mondo intorno a lui continua però ad andare avanti, e gli altri personaggi ne sono la prova. Essi sono inoltre anche l’emblema di una corruzione ed una disperazione senza sbocchi: nessuno di loro è esente, è salvo, poiché tutti, a loro modo, sono quasi “infetti”, un tutt’uno con la città, malata fino al midollo.

L’essere umano nasce “corrotto”, peccatore, e questa terza stagione non perde mai l’occasione di ricordarcelo. L’unico barlume di speranza, la luce in fondo al tunnel, sarà rappresentato da un solo personaggio, dai principi morali saldi ed indistruttibili.

Mai come in questa stagione, a dominare la scena, poi, troviamo il tema della morte, una morte spietata e che non guarda in faccia veramente a nessuno, presente sin dai primi episodi della prima stagione, ma che qui di fa strada, con le unghie e con i denti, fino a diventare una presenza tanto ineffabile quanto costante.

Ed in mezzo a tanta disperazione, paura e all’assenza di un vero e proprio punto di riferimento, per una città ormai quasi completamente abbandonata a se stessa, ecco che un nuovo male si annida dietro l’angolo, pronto a far crollare tutto, ancora e ancora, e ancora, quasi come un monito a non “adagiarsi sugli allori”, anche quando tutto sembra andare bene, ed al fatto che è l’uomo stesso l’artefice del suo destino, il suo problema principale, la causa dei suoi guai.

Vedremo qui, infatti, molti personaggi alle prese con scelte difficili uscirne sconfitti non perché hanno commesso un errore nella loro decisione, ma perché il mondo è ingiusto e cattivo, l’uomo è corrotto e sembra non poter fare a meno di salvaguardare soltanto se stesso, anche a scapito delle vite altrui, fatta eccezione per qualcuno, disposto a sacrificare tutto, anche la sua vita, per il bene degli altri.

Un supporting cast d’eccezione

La bellezza dello show non è dovuta soltanto alla trama, profonda, matura e ricca di colpi di scena, ed alla regia, capace di mettere in scena un ritmo stupendamente incalzante, ma anche alla presenza di una quantità, come al solito, di personaggi straordinariamente riusciti, a cominciare dall’antagonista con la “a” gigantesca quanto lui, Wilson Fisk.

Il potente nemico che abbiamo visto nella prima stagione risulta essere, probabilmente, il miglior antagonista delle serie tv targate Marvel-Netflix, e qui torna in gran forma, quasi gridando a gran voce che “Kingpin” non è morto, ma si sta rimettendo in sesto ed è sempre pronto a tornare alla ribalta. Vedremo infatti nuovamente Wilson Fisk in ballo, più forte che mai, a dispetto di ciò che potrebbe sembrare.

Come nella tradizione della serie, e più in generale degli show targati Netflix dedicati all’universo Marvel, uno dei principali punti di vanto è riconducibile alla capacità di saper introdurre con grande maestria sempre nuovi personaggi. Che siano ideati dal nulla o ispirati a personaggi veramente “esistenti”, questi riescono sempre a risultare convincenti e, in alcuni casi, indimenticabili. Anche in questa terza stagione di Daredevil, questo assioma ritorna con convinzione, offrendoci scorci di sceneggiatura invidiabile grazie, appunto, all’apparizione di nuovi volti ma anche, e soprattutto, alla rivisitazione di alcuni volti già presenti ma che non avevano ancora mostrato il meglio del loro bagaglio narrativo.

Ci riferiamo, in particolar modo, all’agente dell’FBI Benjamin “Dex” Poindexter, un uomo  dall’infanzia difficile e che farà la sua comparsa in modo quasi trionfale. Si presenta subito come un agente dotato di straordinarie capacità militari, agile, dalla mira eccellente e combattente provetto, ma con una sete di giustizia che non sembra mai appagarsi, facendolo apparire fortemente tormentato. Con l’avanzare degli episodi, verremo a sapere di più sul passato di Dex, e soprattutto, per i più avvezzi e con maggior familiarità nei confronti del materiale originale, ci sarà la possibilità di comprendere quale sarà il suo destino, ma, tranquilli, non vogliamo spoilerarvi assolutamente niente.

A questi, poi, si aggiunge Rahul “Ray” Nadeem, anch’egli agente dell’FBI, caratterizzato da una vita tanto perfetta (all’apparenza) quanto incredibilmente fragile e complicata. Inizialmente fa la sua apparizione come semplice padre di famiglia dolce ed amorevole, disposto a dare tutto per coloro che ama. Con l’avanzare degli episodi, anche questo personaggio apparirà più complicato di ciò che sembra: con una moralità forte ed un amore profondo per la sua famiglia, cercherà di fare di tutto per salvare la città dalla malavita, occupandosi del caso di Wilson Fisk. Sarà proprio grazie a questo caso se la carriera dell’agente subirà un profondo scossone (non vi diciamo se in bene o in male), e con essa anche la sua vita.

A concludere la lista delle new entry più rilevanti introdotte in questa nuova stagione, c’è suor Maggie, che lavora nell’orfanotrofio che ha ospitato il giovane Matt, dal giorno in cui, a 9 anni, perse il padre. La donna, forte, autoritaria, intelligente e saggia, si troverà a dover far fronte ai problemi del nuovo, e tormentatissimo, Matt Murdock, a dover rispondere alle sue domande sul bene e sul male, sul valore degli affetti, ed a dover fare i conti con una realtà che sembra gridare a gran voce che Dio non è così giusto come potrebbe sembrare e che il “Diavolo di Hell’s Kitchen” non è il guerriero perfetto che tutti credevano. Sebbene inizialmente appaia come una mera sostituta di Claire, quale “rattoppatrice” delle ferite di Daredevil, ella si rivelerà essere una valida consigliera per un protagonista che qui appare più vulnerabile ed insicuro che mai. Non solo: suor Maggie sarà anche la voce narrante del passato del nostro mascherato protagonista, del suo vissuto complicato e della sua crescita esteriore ed interiore.

L’evoluzione, l’involuzione ed il cambiamento

La fortunata terza stagione di Marvel’s Daredevil si poggia anche, e non potrebbe essere altrimenti, sulla qualità della “vecchia guardia” del cast originario della serie (e non parliamo solo dei copioni, ma anche degli attori stessi), tornata in forma smagliante in occasione di questa nuova, fondamentale, tappa.

Ci riferiamo, ovviamente, agli immancabili comprimari d’eccezione, Franklin “Foggy” Nelson e Karen Page, rispettivamente il miglior amico ed una delle figure più importanti del recente passato del nostro eroe.

Il miglior amico di Matt sembra essersi completamente ripreso dalla presunta perdita: convive con Marci, ha un impiego molto redditizio, una bella casa ed una vita in apparenza perfetta. Non tutto è come sembra però, e la tristezza ha lasciato una ferita profonda e non ancora rimarginatasi nel suo cuore. Si mostra forte, soprattutto con Karen, ma in realtà è profondamente sofferente: non si farà sfuggire infatti l’occasione di fare la cosa giusta, proprio in memoria dell’amico che crede di aver perso.

Discorso analogo per quanto concerne la bella giornalista del Bulletin, tornata in forma smagliante in questa serie, non tanto per meriti strettamente propri, ma più che altro per un copione che la piazza tra i personaggi cardine dello show. Durante le tredici puntate di questa terza stagione, verremo a conoscenza di moltissimi dettagli sul suo passato, sulle sue scelte ed il suo vissuto, e si mostrerà sempre di più come un personaggio complicato ed afflitto, molto distante dall’allegra ed intraprendente office manager, poi giornalista, che siamo stati abituati a conoscere.

Una stagione solida, ma che lascia le porte aperte per il futuro

Mettendo insieme i punti di cui finora vi abbiamo parlato è facile intuire che, quella che ci troviamo di fronte, è una stagione solida e che non ha paura di andare a rispondere con forza a tutti quei quesiti rimasti in sospeso nel corso degli eventi finora vissuti.

Senza spoilerarvi niente, ovviamente, vi diciamo che tanti tasselli dell’enigmatico puzzle che compone la trama di Daredevil, finiranno finalmente al loro posto, offrendo così un quadro generale più chiaro, completo e che finalmente fa quadrare tanti di quegli elementi messi in campo nel corso degli episodi, non soltanto dell’attuale stagione.

Questo, però, non vuol assolutamente dire che la storia sia conclusa o che non abbia più niente da dire, anzi: la scena finale non fa altro che spalancare le porte ad un futuro più che mai radioso per la serie, ma allo stesso tempo oscuro per la città di Hell’s Kitchen e per tutti i suoi abitanti, i nostri eroi compresi.

E ancora una volta, per forza di cose, ci troviamo “costretti” a tirar fuori la vena religiosa che è in (alcuni) di noi: il male si annida all’interno di ogni essere umano, e la sua dipartita non è mai veramente tale.

Verdetto

La terza stagione di Marvel’s Daredevil è, con ogni probabilità, la miglior produzione offerta dal binomio Marvel–Netlix finora, che mai come in questo momento “difficile” necessitava di una simile ventata d’aria fresca. I tredici episodi, magistralmente diretti ed imbastiti, filano dritti senza fermarsi nemmeno per un secondo, come il più veloce e sicuro dei treni in corsa, offrendo al telespettatore una trama di altissimo livello, dei personaggi riuscitissimi ed una quantità di informazioni, sia riguardanti il presente ed il futuro, sia, e soprattutto, il passato di tanti dei protagonisti che abbiamo imparato ad amare nel corso delle varie stagioni, veramente convincenti e mai banali. Ad onor del vero, va detto che il ritmo, in alcuni (rarissimi) frangenti, va leggermente in calando, ma nulla che compromette in alcun modo la qualità generale di una serie che riporta in alto le sorti degli show dedicati all’universo Marvel.

Volti nuovi di alto livello, vecchi personaggi valorizzati ed impreziositi di un background narrativo più ampio e convincente, un protagonista più maturo e finalmente “guarito” dalla sete di vendetta senza fine che lo attanagliava, sono solo alcuni dei punti di vanto di una produzione semplicemente al top, su cui, speriamo, si baseranno fortemente anche quelle future, in attesa di una quarta stagione, per noi alquanto scontata, delle avventure di Nelson, Murdock e Page.

Del resto, noi si può mai sconfiggere veramente il “Diavolo”!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salvatore Cardone
Ho imparato a conoscere l'arte del videogioco quando avevo appena sette anni, grazie all'introduzione nella mia vita di un cimelio mai dimenticato: il SEGA Master System. Venticinque anni dopo, con qualche conoscenza e titoli di studio in più, ma pochi centimetri di differenza, eccomi qui, pronto a padroneggiare nel migliore dei modi l'arte dell'informazione videoludica. Chiaramente, il tutto tra un pizza e l'altra.