Preparatevi a morire… in alta definizione

Lasciare il segno è un qualcosa di dannatamente difficile e di non adatto a tutti. Di qualsiasi forma di creazione si tratti, rendere la propria opera unica e non replicabile è un compito arduo per chiunque. Nell’ambiente videoludico la parola “creatività” viene spesso affiancata ad uno sviluppatore in particolare, uno di quelli capaci di dar vita ad una vera e propria rivoluzione nel settore: parliamo di From Software che col suo Dark Souls ha creato un solco incolmabile all’interno della sfera ludica contemporanea.

Il titolo, rilasciato ormai ben sette anni fa, ha dato il là alla nascita di un vero e proprio culto, che basa la sua fortuna sui concetti principali della produzione stessa: un livello di difficoltà brutale, un universo pregno di informazioni e segreti da scoprire ed un level design semplicemente introvabile altrove.

E così, a distanza di quasi una decade, From Software ha deciso di riportare in auge la sua creatura più amata, rilasciandone una versione “remastered” su PlayStation 4, Xbox One, PC e – a breve – Nintendo Switch. Lo scopo della produzione è senza dubbio prettamente commerciale, ma offre comunque una chance imperdibile – specialmente per gli habitué dell’universo Nintendo – di provare con mano uno dei titoli più rivoluzionari di sempre.

Direttamente o non, siamo sicuri che praticamente chiunque conosce le caratteristiche che hanno reso unico il titolo in questi anni, pertanto in questa recensione non andremo a raccontarvi per filo e per segno ogni singolo aspetto della trama o della struttura ludica in sé, ma daremo prettamente spazio alle modifiche apportate da questa nuova versione del titolo. Occupiamoci subito dell’elefante nella stanza: Dark Souls: Remastered è praticamente lo stesso, identico, titolo uscito sette anni fa. Situazioni di gioco, posizione dei nemici e, soprattutto, gameplay sono rimasti praticamente invariati, che sia un bene o un male. Del resto, il rischio di generare malcontento, andando a toccare una formula tanto vincente, era dietro l’angolo e, con ogni probabilità, nessuno si è sentito di prendersi una simile responsabilità. Per fortuna è stato sistemato l’aspetto forse più drammatico della produzione: il frame rate. L’opera originale “vantava” picchi – chiaramente negativi – anche di 15 fps in alcune situazioni (si scrive “Città Infame”), che lenivano pesantemente la qualità complessiva del titolo. La versione rimasterizzata, finalmente, offre una solidità importante sotto questo aspetto, con un frame rate ancorato quasi nella totalità delle circostanze ai 60 fotogrammi al secondo.

Un lavoro quasi doveroso sotto questo aspetto e che riesce, finalmente, a rendere giustizia ad uno dei sistemi di combattimento più stratificati, complessi ed appaganti che si siano mai visti in un action-gdr.

La forza di Dark Souls risiede quindi nel suo gameplay, brutale e punitivo ma mai ingiusto verso il giocatore che finisce col premiare i più attenti, i più coraggiosi, quelli che dedicano la giusta dose di pazienza e di dedizione strategica al titolo, anziché coloro che decidono, incautamente, di sottovalutare le difficoltà che la produzione sa dare, specialmente se si è alle prime armi. Ma non solo: ciò che ha reso il titolo di From quel che è ora è anche la qualità di un level design che, come dicevamo poc’anzi, ha ben pochi rivali. Una realizzazione artistica favolosa, dunque, fatta di paesaggi evocativi incredibilmente interconnessi tra loro, ma accompagnata, oggi come ieri, da una realizzazione tecnica davvero sottotono.

Proprio questo è uno degli aspetti peggiori di questa edizione rimasterizzata, che si dimostra fin troppo approssimativa sotto parecchi punti di vista. Tralasciando la questione frame rate, forse l’unico vero e proprio motivo che ne giustifica l’acquisto almeno per chi gioca su console, il resto del comparto grafico è rimasto pressoché immutato. Fatta eccezione per una risoluzione maggiore, specialmente su PlayStation 4 Pro e Xbox One X, e per qualche lavoro risicato sul sistema di luci ed ombre, il tutto è stato lasciato così com’era. La rivisitazione estetica, seppur complessivamente piacevole, non riesce dunque a nascondere la natura old gen del titolo, e non c’è restyling delle fiamme – in particolare quelle dei falò –  che tenga.

Se gli accorgimenti sul piano tecnico non si dimostrano al top, lo stesso non si può dire, per fortuna, per il comparto multiplayer, modernizzato e stabilizzato al massimo delle possibilità.

Innanzitutto, l’intera struttura online è ora sorretta dalla presenza di server dedicati, e non più dal fastidioso sistema peer-to-peer, che ci auguriamo dovrebbe risolvere quasi completamente i tanti problemi di stabilità e, soprattutto, di lag riscontrati sul titolo originale. Modificato anche il sistema  di PvP e PvE: è ora possibile, durante un’invasione o un’invocazione, magari durante lo svolgimento di attività legate ai soliti patti a cui è possibile unirsi durante il titolo, affrontare le faide in 6 contro 6 e non più 4 contro 4 come in passato. Molto piacevole risulta anche l’introduzione delle password per le sessioni, già vista in Dark Souls III, essenziale per favorire il ritrovarsi con i propri amici online.

Verdetto

Dark Souls, oggi come allora, rimane un prodotto controverso e maledettamente unico nel suo genere, una vera e propria voce fuori dal coro, nel bene e nel male. Sorretto da un sistema di combattimento incredibilmente punitivo ma appagante, da una storia raccontata con una cripticità a tratti disarmante e da un mondo di gioco pulsante e sempre vivo intorno al giocatore, il titolo di From Software, con la sua uscita, ha spaccato letteralmente in due il mercato. Lo stesso miracolo, però, non è accaduto con questa versione rimasterizzata, che non riesce veramente ad aggiungere nulla, a parte i 60fps, al titolo originale. L’essenza del gioco è rimasta praticamente immutata, resa più fluida da un frame rate migliore e da una pulizia grafica un attimino più elevata, ma che fa storcere il naso per un trattamento approssimativo a tratti ingiustificabile. Detto questo, ci sentiamo dunque di consigliarlo, e senza remore, a tutti coloro che sono mancati all’appello la prima volta. Lo stesso non vale per i veterani della serie: chi ha già ampiamente sviscerato il gioco probabilmente può passare oltre questa produzione che, senza mezzi termini, poteva e doveva fare di più.

Salvatore Cardone
Ho imparato a conoscere l'arte del videogioco quando avevo appena sette anni, grazie all'introduzione nella mia vita di un cimelio mai dimenticato: il SEGA Master System. Venticinque anni dopo, con qualche conoscenza e titoli di studio in più, ma pochi centimetri di differenza, eccomi qui, pronto a padroneggiare nel migliore dei modi l'arte dell'informazione videoludica. Chiaramente, il tutto tra un pizza e l'altra.