“Nel buio eterno, nel grande mistero”

A volte ritornano, si dice. Certo, già era impensabile, due anni fa, pensare ad una resurrezione per Tiziano Sclavi, il creatore dell’Indagatore dell’Incubo, che sembrava ormai convinto del suo ritiro a vita privata. Invece, nel gennaio 2016, la sorpresa: il Tiz sta scrivendo una nuova storia per Dylan Dog. Nessuno ci credeva. Eppure, era tutto vero e il clamore suscitato da un simile back in action riuscì perfino a scomodare il non plus ultra delle testate italiane. I media che si occupano del fumetto popolare. Ma quando mai? Eh, però Tiziano Sclavi è un’altra cosa. Tiziano Sclavi, che ai tempi d’oro aveva portato la sua creatura a vendere milioni di copie e che aveva creato un autentico fenomeno culturale e di costume, è il solo che può scomodare i media italiani. Infatti, per il trentennale della serie, l’attenzione era calamitata sul suo ritorno ufficiale, il numero 362: Dopo un lungo silenzio. E ora, ad un anno esatto di distanza, assistiamo ad un altro ritorno del ritorno. Perché oltre al Tiz abbiamo pure Angelo Stano, entrambi all’opera su Nel Mistero, albo 375 della serie regolare uscito in anteprima a Lucca in una pregiata versione cartonata.

In una bella giornata londinese, cosa più unica che rara, Dylan passeggia pensando ai fatti suoi e ai problemi quotidiani. Mentre cammina, un uomo sale in cima ad un palazzo e raggiunge il tetto. Ad un certo punto, estrae un fucile di precisione e spara nel mucchio, uccidendo una donna. Sarà solo il primo di una lunga serie di omicidi che vede al centro questo insolito individuo, alcuni catastrofici e altri più sottili. E, ogni volta, l’Old Boy si trova in mezzo rischiando la pelle. Per fortuna, a salvarlo da un macabro destino interviene Nemo, un misterioso senzatetto che sembra dotato di poteri paranormali. Per Dylan è tempo di affrontare il grande mistero.

L’alba dei morti viventi, primo, storico numero di Dylan Dog esordiva nelle edicole 31 anni fa. Non è dunque un caso che la storia conclusiva del trentennale porti la firma dei suoi autori di quel leggendario albo: Tiziano Sclavi e Angelo Stano. Due autentici mostri sacri del fumetto italiano, due professionisti che negli ultimi tre decenni hanno segnato un’epoca col loro lavoro. A distanza di tanti anni, continuano ad essere maestri ed esempi da seguire, per quanto il loro percorso sia stato molto diverso. Da una parte il Tiz, l’autore, la mente demiurgica di un successo irripetibile, che all’apice della fama si trova ad affrontare una lunga crisi personale che lo porterà a separarsi, nel 2007 con Ascensore per l’inferno (albo 250), definitivamente dalla sua creazione. Dall’altra, il disegnatore più celebre e il copertinista di quella stessa serie a cui tanto ha dato, salvo poi abbandonare quel ruolo dopo 26 anni e oltre 300 copertine per abbracciare nuovi progetti. Ne hanno fatta di strada, a volte insieme e a volte separati, e fa un certo effetto vederli ancora in coppia dopo tutto questo tempo. Si ha quasi la sensazione che non sia passato neanche un giorno. Invece, ne sono trascorsi parecchi, innumerevoli, anche se dal clima che si respira nelle pagine di Nel Mistero non sembra. Anzi, all’inizio si ha questa sensazione, poi andando avanti si vede che, in effetti, qualcosa è cambiato. Lo stile di scrittura è diverso, così come il tratto del disegno, la storia è perfettamente calata nel contesto moderno del personaggio, con Bloch in pensione, Carpenter alle redini di Scotland Yard e Rania nelle vesti di amica/fiamma di Dylan. Però c’è una cosa che è rimasta costante e invariata: la simbiosi tra questi due autori, simbiosi che ci restituisce quella che potremmo definire una perfetta “storia alla Dylan Dog”. E, per storia, intendiamo tutto quell’insieme di elementi, citazioni, riferimenti e sviluppi che costituiscono il DNA originario dell’Old Boy. Non è un caso che questi dettagli distintivi fluiscano dalla scrittura del Tiz e non è un caso che vengano riproposti adesso. Già Dopo un lungo silenzio ci aveva fatto sospettare qualcosa che questa vicenda conferma: Sclavi si sta, lentamente, riappropriando della sua creatura e dei meccanismi che lui stesso aveva coniato trent’anni fa. Prima ha riaffrontato il grande tema personale di Dylan, l’alcolismo, e rispolverato vecchie figure, tra cui Madame Trelkowski, e ora riprende un suo grande classico: il racconto ritmato da decessi inspiegabili dietro a cui si cela una vecchia conoscenza, con ogni delitto narrato in esterna dalle poesie nella didascalia. Se questo vi avrà fatto ricordare un altro albo mitologico del pantheon dylaniato, Attraverso lo Specchio, non siete troppo lontani dalla verità. Il tutto, però, aggiornato al presente nel contesto della continuità portato dal rilancio. La sensazione è che Sclavi stia tornando se stesso, attraverso un lungo processo che lo sta portando a riconquistare quello che aveva abbandonato con la decisione di lasciare. E, se il percorso continuerà, chissà cosa potrebbe succedere. Chissà cosa potrebbe dire, quali orrori potrebbe raccontare Sclavi nell’ambientazione moderna, lui che si era fatto cantore delle paure e delle angosce a cavallo degli anni ’80 e ’90. Lo sapremo molto presto. Sono infatti in produzione i Racconti di Domani, mineserie su Dylan che vede proprio Sclavi ai testi.

Discorso inverso per Angelo Stano, che a differenza del suo collega in questi anni è rimasto in attività e si vede. Rispetto agli esordi è migliorato tantissimo, riuscendo a coniugare il suo stile personalissimo con le tendenze dinamiche del fumetto moderno, a sviluppare una certa velocità di esecuzione senza intaccare la qualità. Si potrebbe perfino dire che è più fumettista adesso di quanto non lo sia mai stato. Basta vedere la scioltezza con cui realizza le ultime tavole e l’ottima regia delle inquadrature, a cui la sceneggiatura lascia tanto spazio. Tavole a cui si aggiungono i colori di Giovanna Niro, ormai maestra del technicolor in Bonelli.

Verdetto

Nel Mistero riporta in auge la coppia dei tempi d’oro: Tiziano Sclavi e Angelo Stano. Ma, mentre il primo si sta piano piano riabituando alla scrittura dopo anni di silenzio, il secondo mostra l’apice di un’evoluzione che lo ha portato a migliorare i suoi aspetti più deboli e ha consacrare quelli in cui era più forte. Oltre al gusto prettamente retrò, il ritorno in coppia di così due grandi autori lascia l’acquolina in bocca per quello che potrebbe accadere in futuro. Anche perché torneranno presto. E non vediamo l’ora.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!