Il cinema è l’arte che permette ai sogni di prendere vita, ma forse, la TV, e il binge watching, non ce lo consentono più

Evitando qualsivoglia pregiudizio dato dall’età, ed il conseguente scorrere del tempo, con annesse etichette tanto in voga nelle generazioni di millenials e Z, siamo capaci di discernere l’intrattenimento popcorn (bello e pronto), ed il suo conseguente binge watching, da quello silenzioso, lento e pacato di un tempo?

Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Gianni Puccini e, a suo modo, anche Federico Fellini, nel dopoguerra, hanno permesso, alle generazioni dell’epoca, di trovare nel cinema uno specchio della realtà, e in particolar modo di loro stessi. Si aspettava la Domenica per andare al cinema e vedere queste pellicole povere, con attori spesso presi anche dalla strada per fare ruoli secondari, ma capaci di far evadere dalla quotidianità qualsiasi essere umano consumato dall’incessante pendolo del mondo.
Rappresentavano una realtà in difficoltà, desiderosa di fuggire dai ricordi della guerra per rifarsi e avere una nuova vita. Sognatori in mezzo alla polvere.

binge watching

E oggi?
Il cinema si è evoluto, costantemente, ci sono stati rivoluzionari per la cultura pop della nostra epoca, da Spielberg a Cameron, passando per Nolan e Burton, elevando ancor di più l’asticella popolare delle produzioni mondiali.
Il contenitore “magico” per la fuga quotidiana è divenuto , per forza di cose, il piccolo schermo (TV o PC che sia), il medium che, in un modo o nell’altro, è stato tanto dibattuto, quanto amato in questi anni.

Netflix, Prime, Sky e ora anche Disney, si sono impossessate del mercato delle serie TV, fornendoci prodotti nuovi ogni settimana.
In questa esasperata corsa contro il tempo per poter restare al passo con tutte le news, spoiler, leaks e quant’altro, ci fiondiamo in un profondo binge watching dal quale riemergiamo con qualche capello bianco e due occhiaie profonde, ma con contenuti da postare nelle stories di Instagram.
Questa fruizione, però, ci permette di godere appieno del prodotto che si ha davanti? Riusciamo ad evadere dalla quotidianità, come accadeva un tempo, sognando e staccando la spina, o ci mettiamo davanti allo schermo come se fossimo dei predatori a caccia di fotogrammi e colonne sonore?

A tal proposito è stato singolare il fenomeno accaduto a ridosso dell’uscita della seconda stagione di The Boys, la travolgente serie di Prime Video che ha fatto impazzire il pubblico con le vicende di Patriota e Billy Butcher.
La piattaforma di streaming del colosso gestito da Bezos ha infatti deciso di far arrivare online solo i primi tre episodi della nuova stagione, posponendo settimanalmente l’uscita delle successive puntate. Gli utenti, in preda ad un delirio cosmico, hanno deciso di promuovere totalmente questi episodi (che sono letteralmente dinamite pura), ma lasciare comunque recensioni negative perché desiderosi di avere la serie, sin da subito, disponibile dalla prima all’ultima puntata, perché incapaci di aspettare l’uscita settimanale.

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Altrettanto “particolare” è il pensiero comune, facilmente riscontrabile con una qualsiasi ricerca sui social (oltre che sulle testate e i siti qualificati), che vede  nell’Olimpo delle produzioni televisive di tutti i tempi, sceneggiati approdati sul piccolo schermo con cadenza settimanale.
Lost, Breaking Bad, I Soprano, Chernobyl, Il trono di Spade, Peaky Blinders, Vikings sono solo alcune delle grandi serie che hanno travolto totalmente gli spettatori nel mondo.

Regia, sceneggiatura e cast di livello fanno, senza alcun dubbio, da padroni quando si deve analizzare nel concreto l’efficacia di un simile prodotto, ma siamo sicuri che la tipologia di messa in onda (in questo caso la cadenza) non permetta allo spettatore di avere una differente percezione del prodotto stesso?

L’attesa aumenta il piacere, questo è innegabile, ma ci offre anche una maggiore capacità di analisi e di critica, oltre ad una fidelizzazione sempre più “morbosa” con i protagonisti/antagonisti.
Se tutto ciò, allora, è così lampante ed ovvio, perché continuiamo ad ingozzarci di produzioni incapaci di poterci allietare realmente?
Come diceva Elliot, in quel piccolo capolavoro di Mr Robot:”…Non leggiamo i libri di Hunger Games perché vogliamo essere felici, ma perché vogliamo essere sedati…
Potrebbe essere delittuoso presumere che la ricerca di un tempo perduto, come se un balzo di proustiana memoria avesse pervaso l’animo degli spettatori di tutto il mondo, venga colmata dalla corsa all’ultimo episodio, ma probabilmente non andiamo troppo lontano dalla realtà.
Di contro, potrebbero rispondermi in molti, la possibilità di avere tutto e subito ci permette di esaltare ancora di più l’indipendenza e la libertà del singolo, il quale avrà libero arbitrio su quando, dove e come poter vedere il proprio show preferito. Lasciando così allo spettatore la decisione di dedicarsi, o meno, al binge watching. Seppur, questa libertà, venga intaccata sempre più dall’utenza media che ci circonda con post, commenti e via dicendo.

La società, seppur più agevole e confortevole, corre e, di conseguenza, anche noi lo facciamo con cinema e serie. Delle volte è una maratona, altre è uno scatto sui 100 metri, ma spetta a noi decidere come impostare questa gara con noi stessi (perché degli altri, in fin dei conti, non ci dobbiamo curare), assicurandoci di non perdere pezzi, e sogni, per strada.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.