In Sound Mind è un buonissimo debutto per We Create Stuff, fondamenta solide per evolvere da modder a studio di tutto rispetto

In Sound Mind si è rivelato una sorpresa sin da subito: appena mi è stato detto della recensione, dal titolo credevo fosse un gioco musicale. Informandomi, è uscito fuori che era un horror psicologico e quindi mi aspettavo un’esperienza spaventosa simile ad un Outlast. Infine, dopo averlo terminato, ho realizzato di aver giocato un titolo di pregevole fattura, molto più profondo di quanto sembri e capace di parlare di tematiche molto delicate in modo intelligente. E non è un risultato scontato quando si parla di psicoterapia e dei lati oscuri della nostra personalità.

In Sound Mind ci getta senza preavviso nei panni di Desmond Wales, un terapista che vive e lavora nella piccola cittadina di Milton Haven, tormentato dalla morte di quattro suoi pazienti in circostanze misteriose. Come se ciò non bastasse, si sveglia all’improvviso in un seminterrato all’interno di un condominio abbandonato, con una figura misteriosa che lo chiama attraverso i telefoni pubblici dello stabile che lo accusa di negligenza nella professione e sembra volersi vendicare del pessimo lavoro svolto da Desmond. Sembra un incubo e, di fatto, lo è: siamo intrappolati in un luogo oscuro ma familiare, una zona d’ombra insita nella testa di Desmond e che nasconde nel suo profondo la chiave per uscire, anzi, le chiavi. Sono quattro nastri contenenti le registrazioni delle sedute dei quattro pazienti morti, un artefatto mentale che ci permetterà di rivedere i casi e capire cosa sia andato storto, ma soprattutto perché, con una cospirazione sullo sfondo che sembra collegare le quattro dipartite.

In Sound Mind viene definito dai suoi creatori un horror psicologico e benché questa definizione sia corretta, l’impostazione del gioco è tutt’altro che survival. Non siamo di fronte a un Resident Evil di ultima generazione, bensì un’avventura dalle tinte oniriche che abbraccia le meccaniche puzzle tipiche del genere, stimolando il giocatore ad esplorare gli ambienti di gioco trovare la via giusta per proseguire. Ci sono vari elementi tipici, come una torcia che necessiterà di essere alimentata da batterie e un paio di armi utili contro alcuni nemici, tuttavia la maggior parte del nostro tempo ci ritroveremo a risolvere enigmi e riportare in funzione macchinari, affrontando persino delle sezioni platform che richiederanno una certa abilità.

In Sound Mind

L’idea all’atto pratico risulta vincente: le aree che andremo a visitare, sempre più grandi per dimensioni, complessità e spazi aperti, sono studiate per garantire una progressione tutto sommato semplice, mai tediosa o noiosa, pur richiedendo una buona dose di backtracking e senso dell’orientamento. Ho anche apprezzato il modo in cui il gioco tende a cambiare le carte in tavola all’improvviso, tenendo sempre alta l’asticella della tensione pur senza complicarci troppo la vita. Per questa recensione ho giocato con la difficoltà intermedia e non sono mai stato in guai seri, casomai mi ero perso qualche indizio per strada ma sono cose che possono accadere in una normale partita. Onestamente ho anche usato poco e male oggetti molto utili come un pezzo di specchio, ottenibile nelle prime ore, che oltre ad essere un’arma parzialmente utile contro i nemici, ma molto di più per farsi strada su percorsi bloccati, permette di vedere nel riflesso delle indicazioni come scritte inquietanti e oggetti utili alla nostra sopravvivenza.

In sostanza, nel corso delle dieci ore necessarie per arrivare ai titoli di coda non mi sono annoiato nemmeno un po’, anzi ho apprezzato molto le idee di We Create Stuff di realizzare un’opera tutto sommato fresca nonostante le evidenti ispirazioni e che si diverte a stupire il giocatore, più che a spaventarlo. Anche dal punto di vista tecnico In Sound Mind fa il suo dovere: considerando che il gioco gira sul motore grafico Unity la qualità complessiva è soddisfacente, per quanto ci si aspetterebbe sempre qualcosa di più su un hardware come PlayStation 5, console sulla quale ho provato il gioco. Mi hanno fatto un po’ sorridere per la nostalgia i cali improvvisi di framerate ogni volta che si raggiungeva un autosalvataggio, che all’atto pratico smorzano un po’ la sospensione d’incredulità, ma almeno non c’è stato nessun problema abbastanza grave da compromettere la mia run.

In Sound Mind

Kudos anche per la colonna sonora: tutte le musiche di In Sound Mind sono curate da The Living Tombstone, progetto musicale del DJ israeliano KoolFox noto per diverse canzoni esplose su Internet come Mercy, Discord e molte altre. Rispetto alle sue composizioni, KoolFox abbraccia la dimensione onirica del gioco offrendo suoni ambient  perfetti per farci entrare in sintonia con il mood del gioco, senza farsi mancare brani energici per sottolineare gli scontri con i nemici e le fasi più intense. Concludendo, In Sound Mind si è rivelata davvero una sorpresa gradita, un lavoro misurato e gradevole che non reinventa la ruota, ma utilizza in modo intelligente ogni elemento di gameplay per realizzare un’avventura solida. Se cercate qualcosa che vi spaventi sul serio non è sicuramente l’ideale, ma se apprezzate avventure che giochino con voi e si addentrano nella vostra psiche, dovreste davvero tenerlo in considerazione, o al massimo meritevole di backlog.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.