Durante il Comix Park di Tivoli, abbiamo avuto il piacere di scambiare, in collaborazione con Davide Pigliacelli, direttore del festival “Le Voci del cinema” e del sito doppiatoriitaliani.com, quattro chiacchiere con il giovane, ma già consolidato, Manuel Meli, voce di innumerevoli personaggi di successo degli ultimi anni, tra i quali spiccano Peeta (Hunger Games), Natsu (Fairy Tail) o Joffrey Baratheon (Il Trono di Spade).

Sei classe ’95, e, nonostante la giovane età, hai una carriera invidiabile. Come ti sei avvicinato al mondo del doppiaggio?

Stranamente è successo tutto un po’ per caso, perché conoscevo un assistente al doppiaggio alla quale servivano delle voci di bambini.
Un giorno mi chiamò per un provino di Lucky Luke e poi da lì ho cominciato, ma non mi sarei mai immaginato che questa mia passione sarebbe divenuta la mia vita lavorativa.

C’è mai stata una grande figura del doppiaggio italiano che ti ha formato o che è stato magari un tuo idolo da piccolo?

Quando ho cominciato io i tempi erano più dilatati e la gente aveva più tempo per lavorare. Sin da subito, da piccolo, ho avuto il piacere e l’onore di lavorare con direttori del doppiaggio come Marco Mete, Alessandro Rossi, Isabella Pasanisi, che ti spiegavano come si doveva lavorare, facendotelo passare quasi come un gioco.
Purtroppo adesso bisogna sbrigarsi di più, sempre mantenendo la qualità elevata, ma i tempi sono ristretti.
Nonostante ciò, sono onorato di aver collaborato con questi grandi artisti.

Come ti prepari per doppiare un personaggio? Vedi la versione originale o magari leggi libri o manga? C’è un processo creativo che varia da personaggio a personaggio?

Se sono dei colossal, come Batman V Superman, i doppiatori vengono invitati all’anteprima per vedere bene dal vivo di cosa si sta parlando.
 Personalmente mi accade che, durante il lavoro in sala, vediamo delle scene iniziali, capiamo l’atmosfera e proviamo subito ad immedesimarci nel personaggio, sempre per le tempistiche ristrette.
Per quanto riguarda gli anime dove ho lavorato come Fairy Tail, Akira o Tokyo Ghoul, mi sono appassionato guardando le versioni originali.

Cosa consiglieresti ad un giovane che vuole affacciarsi in questo mondo e diventare un doppiatore per mestiere?

Il doppiaggio è una forma artistica e pertanto c’è bisogno di un grande studio dietro. Io ho avuto la fortuna di poter trovarmi da subito in questo ambiente senza fare scuole, e avendolo iniziato da bambino sono cresciuto in questo ambiente apprendendo da solo tutti i segreti del mestiere, mentre se avessi cominciato da ragazzo senza uno studio dietro, avrei trovato molte difficoltà.
Le cose fondamentali sulle quali bisogna lavorare sono la dizione, la recitazione e lo studio delle emozioni, perché bisogna ricordarsi che noi lavoriamo su pellicole dove gli attori hanno impiegato mesi per realizzare delle scene, mentre noi dobbiamo esprimere tutto in un istante grazie alla voce.
In sintesi, quindi, non serve avere una bella voce, ma bisogna studiare tanto e coltivare questa passione nel tempo.

C’è un’esperienza lavorativa che ti è rimasta nel cuore?

Sicuramente Zack e Cody, perché, avendo doppiato Cody, ci sono cresciuto assieme, come tanti altri ragazzi della mia età. Recentemente ho doppiato Baby, il protagonista di Baby Driver, ed è stato veramente bello, ma su tutti Phineas e Ferb, e infatti sto per tornare a doppiare Phineas e questo mi rende molto felice perché sono molto legato al personaggio.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.