Il Fenomeno Killing Stalking

Quello dei webcomic è un fenomeno che ha preso piede negli ultimi anni, e un po’ come in editoria, anche nel mondo del fumetto è nata la concezione di potersi auto-pubblicare. Come accadeva ormai più di quindici anni fa con le fan-fiction è il pubblico (come sempre) ad avere potere su un certo prodotto e a permettere che poi venga pubblicato in formato cartaceo.

Nel caso di Killing Stalking, scritto e disegnato da Koogi, i fan ne hanno sancito un destino piuttosto roseo. Sono molti gli elementi che hanno permesso a questo manwa (manga coreano) di raggiungere un pubblico così vasto e un consenso tanto elevato da far sì che venisse pubblicato in versione cartacea.

J-Pop, nello specifico, è stata la prima casa editrice pubblicare Killing Stalking. La stagione uno è infatti formata da quattro albi e il 21 ottobre è uscito il primo volume della second season.

La casa editrice ha cavalcato l’onda del successo del manga sudcoreano, rendendosi conto per prima di quanto successo avesse riscosso in Italia. Killing Stalking ha raggiunto tutto il mondo creandosi una fan-base tanto grande quanto accanita e, soprattutto nel paese nostrano, è riuscito ad andare oltre ogni più rosea aspettativa.

Un Thriller dai toni forti e occidentali

In quale genere possiamo categorizzare Killing Stalking? Si tratta di un thriller psicologico con elementi splatter (anche abbastanza pesanti) al quale si affianca il genere yaoi che inizialmente si trova in primo piano per lasciare poi il passo al thriller.

La trama è incentrata su due personaggi. Bum Yoon è un giovane soggetto borderline dal fisico esile e il carattere introverso, mentre Sangwoo Oh è un ragazzo di bell’aspetto, sempre sorridente, solare e allegro. Il tipico adolescente circondato da amici e ragazze.
Bum ha conosciuto Sangwoo durante la leva militare (in Corea del Sud è ancora obbligatoria). Quest’ultimo ha infatti salvato il protagonista da un’aggressione e da quel momento Bum si è invaghito di lui, tanto da cominciare a stalkerarlo.
All’inizio della storia possiamo vedere come il giovane cerchi in tutti i modi di scoprire dove abiti Sangwoo e come tenti di introdursi nella sua abitazione.
È proprio quando Bum riesce finalmente a trovare la combinazione della porta d’ingresso della sua vittima che vengono a galla tutti gli altarini. Il protagonista comincia a esplorare la casa, ma c’è qualcosa di strano. Non vi è alcun odore, tutto è in ordine e al suo interno giace un silenzio di tomba.

Bum continua a curiosare, prova un piacere perverso nello stendersi sul letto di Sangwoo, ma la sua felicità dura solo fino a quando non nota una botola. Scende in cantina, sente uno strano odore, degli strani suoni, alla fine delle scale ciò che trova è una ragazza: nuda, legata e imbavagliata.
Inizialmente il ragazzo non capisce, si china verso la donna e cerca di liberarla ed è in questo momento che compare dietro di lui Sangwoo che lo colpisce in testa con una mazza da baseball.
I ruoli vengono quindi invertiti, Bum parte dall’essere uno stalker e si ritrova a essere vittima, Sangwoo lo lega, gli rompe le gambe e lo tiene prigioniero in casa sua.

Scopriamo che anche Oh è un soggetto molto particolare, un sociopatico che nasconde la sua follia dietro a una maschera da bravo ragazzo: questo succede soltanto fuori delle mura di casa sua, ma all’interno Sangwoo rivela tutta la sua natura.

Bum viene imprigionato, legato e torturato per alcuni giorni, diventa la vittima e Sangwoo è il suo aguzzino. La sua natura sadica lo porta a compiere azioni mostruose nei confronti del prigioniero, ma, dall’altro lato, Bum non riesce a negare l’amore che prova o che crede di provare nei confronti del suo carnefice.

Il lato sorprendente di Killing Stalking risiede proprio nell’imprevedibilità del suo intreccio: trattandosi di due sociopatici è praticamente impossibile riuscire a capire che cosa accadrà in futuro. Pregio che può anche trasformarsi in difetto quando le situazioni che si presentano sfiorano e addirittura superano il surreale.

Dove eravamo rimasti?

Durante la prima stagione di Killing Stalking abbiamo assistito a situazioni di violenza gratuita, flashback tormentati, omicidi commessi senza alcun rimorso e scene di sesso tanto cruente quanto esplicite.

Allo stesso tempo abbiamo scoperto di più sui protagonisti, soprattutto su Bum che porta il lettore a comprendere i motivi dei suoi problemi mentali e del suo bisogno di essere dominato.

Yoon è un soggetto che, in un certo senso, si divide in due. Da una parte c’è il bambino terrorizzato, quello che ha subito abusi per tutta la vita e vorrebbe che finissero, ma dall’altra c’è l’adolescente che sotto sotto prova un piacere perverso nell’essere dominato e maltrattato.

Per quanto riguarda Sangwoo invece sappiamo ancora poco, il suo passato non è ancora stato esplicitato, ciò che si riesce a carpire è uno strano e morboso attaccamento nei confronti della madre che egli rivede in Bum.

In questo primo volume della nuova stagione ricominciamo da dove eravamo rimasti: da quando Bum, in un raptus di follia dovuto a un flashback doloroso, uccide Jieun, accoltellandola ben dodici volte fino a rendersi conto di essere entrato in uno stato di apatia totale.

I due si ritroveranno alle prese con un nuovo cadavere e questa volta Sangwoo coinvolgerà Bum nel tentativo di disfarsene. Nel frattempo, Yang Seungbae, l’investigatore che indaga sulle varie scomparse, è proprio sulle tracce di Sangwoo: ha avuto un’intuizione, ma quello di cui ha bisogno adesso sono delle prove.

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La questione LGBT+

Precedentemente non ci siamo soffermati sulla questione yaoi perché volevamo dedicargli uno spazio tutto suo. Come già detto Killing Stalking non è uno yaoi puro, anzi, il genere passa presto in secondo piano, ma questo non significa che non abbiamo niente da dire a riguardo.

In giro si legge spesso, relativamente a questo manwa, che sia stato in grado di sdoganare lo yaoi e la domanda che ci siamo posti è: ma dove?

Meglio essere chiari per non incappare in incomprensioni. Lo sdoganamento sopracitato riguarda il fatto che Killing Stalking si può forse presentare come uno yaoi con elementi di thriller per poi finire a essere un thriller con elementi yaoi.
Il problema è che Killing Stalking non sdogana il genere yaoi in sé e al giorno d’oggi possiamo di certo asserire che se ne senta il bisogno.

Killing Stalking riprende le più classiche regole dello yaoi, e chiunque sia un minimo avvezzo al genere (che tra le altre cose vanta un fangirlismo oltre ogni immaginazione) potrà ben comprendere il discorso che stiamo per fare.

Gli yaoi sono i manga all’interno dei quali, al centro delle vicende, c’è la relazione o una storia d’amore tra due individui di sesso maschile.
Il problema di questo genere tanto amato quanto inflazionato è che la maggior parte delle volte gli yaoi non rappresentano la comunità LGBT+. Anzi, vanno ad alimentare tutti quegli stereotipi che la suddetta community sta faticosamente cercando di togliersi di dosso.

Killing Stalking non è da meno: Bum è il tipico ragazzo insicuro, magrolino e dai lineamenti delicati, ogni volta che deve fare qualcosa viene ritratto in posizioni “femminili”. Soprattutto, quando ci ritroviamo davanti a inquadrature esplicite, in cui il soggetto si trova in ginocchio e con la schiena piegata in avanti, i suoi fianchi diventano improvvisamente tondeggianti, richiamando chiaramente la figura femminile. Insomma, abbiamo di fronte un Uke.
Allo stesso modo Sangwoo è il Seme, il dominatore, l’attivo, il macho. Forte, grande e muscoloso. Il suo carattere predomina su quello della sua vittima e in qualsiasi occasione è sempre lui ad avere il ruolo del “maschio”.

La concezione alla base di quasi tutti gli yaoi è quella secondo la quale debbano esserci dei ruoli fissi e quindi uno dei due debba essere il passivo (più “femmineo”) e l’altro l’attivo.

Killing Stalking può di certo essere apprezzato per molte delle sue caratteristiche, ma non per quella yaoi perché lo sdoganamento di un genere richiede una buona dose di coraggio che vada a rappresentare i suoi personaggi come individui unici, e in questo frangente ciò non è avvenuto.

I due protagonisti rappresentano gli stereotipi di seme e uke e, per quanto possano essere particolari nella loro caratterizzazione, non riescono a uscire dai canoni di un genere che spesso sminuisce e non rappresenta la comunità LGBT+.

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Uno stile grafico in continua evoluzione

Dello stile grafico ci sono alcuni dettagli da analizzare: in primis possiamo notarne l’evoluzione dal primo capitolo fino al ventesimo che è quello che apre la seconda stagione di Killing Stalking. Pare chiaro che il tratto di Koogi sia più risoluto, sono stati aggiunti maggiori dettagli e anche a livello di colorazione notiamo e un cambiamento per ciò che riguarda le luci, che rendono l’atmosfera più suggestiva e inquietante.

Lo stile di disegno in sé non ha niente di particolarmente intrigante, richiama sicuramente quello classico dei Manwa, che si distanzia dal cugino giapponese e cerca di porre l’accento su un design più realistico dei volti e dei corpi dei personaggi.
Uno stile che ammicca ai fumetti occidentali, non solo per il realismo, ma anche per l’impostazione delle vignette. Bisogna infatti precisare che si tratta di un webcomic e in quanto tale, spesso e volentieri, ci si ritrova a vedere degli ampi spazi bianchi e dei riquadri piuttosto distanziati tra loro. Killing Stalking, però, cerca di riempire quanto più possibile tutti i vuoti affiancando le vignette una all’altra e andando a richiamare lo stile fumettistico occidentale.

Parlando per l’appunto di vignette, bisogna di certo menzionare il duro lavoro effettuato dalla stessa J-Pop che, prendendosi in carico la pubblicazione cartacea di questo webtoon, ha accettato una sfida piuttosto ardua.
Chiunque abbia letto un webcomic sa benissimo che l’impaginazione è molto diversa rispetto agli albi a cui siamo abituati e non dev’essere stato facile per la nota casa editrice riuscire a “trasfigurare” il manwa dalle pagine web a scorrimento verticale alla carta.

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Verdetto

Tra i vari meriti di Killing Stalking c’è quello di aver fatto uscire dall’area dell’anonimato i manga coreani. I suddetti prodotti, infatti, erano pressappoco sconosciuti fino all’arrivo del famoso manwa.
L’opera di Koogi riesce tra le altre cose a coniugare una buona storia a una buona caratterizzazione dei personaggi, che risultano essere imprevedibili e approfondiscono un tema che non si vede troppo spesso, ovvero quello dei soggetti borderline.
Interessanti sono anche le dinamiche che vedono Seungbae alle prese con le indagini per cercare di riuscire a incastrare Sangwoo e tutti i ragionamenti che ci sono dietro la sua investigazione.
I disegni non sono certo particolari, ma il tratto di Koogi si è evoluto notevolmente dall’inizio di questo manwa e siamo sicuri continuerà a evolversi.
In conclusione, il successo di Killing Stalking è meritato. Un po’ perché riesce a coniugare due generi tanto amati dal grande pubblico e un po’ perché Koogi è comunque riuscita a creare una storia che nella sua follia risulta verosimile all’interno del suo genere.

 

Se avete apprezzato Killing Stalking…

E se siete appassionati di webcomic, non potete non leggere 19 Days: si tratta di un manhua cinese che si distacca dal manwa analizzato perché più ironico ed è strutturato come uno slice of life. I capitoli sono infatti molto brevi e mostrano scene di vita quotidiana, ma si possono spesso intravedere delle fasi più action. Per gli amanti degli yaoi, tranquilli! Si tratta sempre di un boys loveSe invece volete rimanere in Corea, vi consigliamo di leggere March Story, che spicca soprattutto per la bellezza e la cura nel tratto dell’autore e richiama dei toni decisamente gotici e horror.

Sara Tamisari
Romana, laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice e Social Media Specialist per Stay Nerd ed esploratrice di galassie lontane nel tempo libero. Libri e videogiochi sono la sua passione. Quelli belli. Quelli di Fantascienza, quelli che affrontano tematiche LGBT, quelli che portano a una maggiore consapevolezza di se stessi. Diventano ossessione, tanto che scriverci sopra è ormai indispensabile. Founder di AndroideClandestina.com: l'ossessione diventa blog.