Durante la fiera cosentina Le Strade del Paesaggio abbiamo avuto occasione di scambiare due chiacchiere con Alessandro Martorelli, in arte Martoz, giovane fumettista e illustratore romano. Ci ha parlato del suo stile e dei suoi interessanti progetti.
Ecco il resoconto in questa intervista.

Iniziamo con l’”attualità”: sappiamo che a breve esci con un nuovo lavoro. Ce lo presenti?

È il mio nuovo fumetto, che sarà appunto un romanzo grafico di circa 350 pagine per Coconino Press e si chiama Il cacciatore Gracco. Si chiama così perché la mia idea è partita da un racconto incompiuto di Franz Kafka che io lessi ed è molto suggestivo. Però si interrompe quasi subito, dopo circa 4 pagine, e racconta la storia di un cacciatore che è molto famoso, molto rinomato, ma che ad un certo punto muore, miseramente, inseguendo un camoscio. Nemmeno a dire un lupo, un cervo, un alce; ma è per questo piccolo camoscio bianco che lui scivola e muore. Rimane un po’ umiliato da questa cosa. Dopodiché il barcaiolo funebre inizia a trasportarlo verso l’aldilà, però si perde: esiste un termine nautico che è il “falso colpo di timone”, che è un fenomeno per cui perdi la rotta senza accorgertene e Kafka lo usa. Io, leggendo un dizionario nautico, ho scoperto che è proprio un termine che si usa e penso che lui lo abbia utilizzato apposta per dare questa sensazione di errore, di fatalità che vince la morte, perché il barcaiolo si perde e non trova più la strada per l’aldilà, perciò dopo un po’ di tempo indefinito si arrende e torna indietro e riporta tale Gracco, questo cacciatore sulla Terra. Qui si interrompe la storia. Ci sono dei frammenti di lui che sta sulla Terra e che parla con un personaggio che pare sia il sindaco della città dove lui arriva. Possiamo dire che questa storiella è un po’ il prologo del mio fumetto, che tra l’altro è disegnato con tutt’altra tecnica, e poi inizia l’opera vera e propria, come se io avessi voluto completare il racconto di Kafka con una storia, secondo quello che mi ispirava, tra i significati di questo racconto un po’ critico, un po’ enigmatico. Ovviamente la pretesa non è quella di completare l’opera incompiuta di Kafka: è un pretesto, perché trovo che sia molto affascinante l’idea di usare il fumetto per completare qualcosa di incompiuto o per proseguirla con la fantasia, ma anche perché era molto suggestivo. Consiglio di leggerlo questo racconto; sa scatenare nei lettori tante cose, anche interpretazioni diverse perché quello di cui vi ho parlato non è tutto lì. Kafka che ti suggerisce delle cose, poi a seconda della sensibilità di ognuno, si possono dare interpretazioni differenti.

Quindi è un’interpretazione di questo racconto?

Io ci ho visto moltissimo l’umiliazione di un grande cacciatore che viene descritto come il più importante cacciatore della Foresta Nera, che però muore inseguendo un camoscio bianco. Egli non dice “ho perso il mio orgoglio”, però un po’ sottolinea il fatto che lui, in un certo senso, è rimasto bruciato da questa cosa.

È quantomeno ironico morire per una caduta.

Sì, è un po’ umiliante! Ah, tra l’altro poi non ho detto la cosa più importante! In teoria il fumetto inizia, finito questo prologo, con lui che si mette in testa di vendicarsi, per riscattare il suo orgoglio: “già che sono sulla terra, vado a cercare questo camoscio, per acchiapparlo e vendicarmi!”

Il camoscio bianco invece della balena di Melville!

Esatto! È un po’ un Moby Dick, però inverso perché noi abbiamo un essere piccolo e non pericoloso, inoffensivo, e la cosa che mi affascinava di più inizialmente era questo contrasto tra la Foresta Nera, quindi una grande massa nera fatta di pericoli, e il puntino bianco, cioè questo lanternino che è per lui un po’ un’ossessione e un’illusione poiché, tornando dalla morte, la prima cosa che gli viene in mente, piuttosto che interrogarsi sul proprio destino, è “devo andare ad acchiappare il camoscio”. Parte e non si preoccupa di quello che è successo; è totalmente inconsapevole e procede verso il suo obiettivo. 

Tu, già di base, hai uno stile molto particolare, giusto? E poi hai parlato anche di una tecnica suggestiva per questa graphic novel, che poi dovrebbe uscire, per Coconino Press, a Lucca Comics. Siccome hai parlato anche di pittura istintuale, puoi darci qualche spunto a riguardo? 

Diciamo che, senza prenderla troppo per le lunghe, il mio stile l’ho coltivato in maniera molto istintiva. Ho fatto per l’appunto questo percorso di disegno istintuale, che è basato tutto sulla pancia, sull’emotività, e che secondo me permette di capire meglio il proprio stile. Quindi è uno stile in cui cerco di essere me stesso, di scoprire chi sono ed è un qualcosa che mi rappresenta sia per come sono, sia per come percepisco il mondo. Perciò la questione della distorsione delle forme o delle scelte rappresentative di fare o non fare cosa, dipende tutto da questo approccio irrazionale. C’è però anche molta razionalità; in effetti vi è un rapporto di amore e odio tra razionale e irrazionale, pertanto esiste una parte di me che cerca di mettere ordine alla bestia, e forse lì nascono cose interessanti. Però, comunque, è un metodo intuitivo.

Ma questo si riflette anche nel tuo approccio alla storia? Quando tu dici “io voglio raccontare questa storia”, hai una bozza di sceneggiatura oppure ti lasci deviare?

Si riflette anche nella storia, perché cerco di dare ad essa e al fumetto una certa autenticità, poiché non voglio mai donare l’impressione che sia tutto finto, tutto costruito. Io odio quando vedo in una storia qualcosa con un palese valore simbolico dettato da necessità di sceneggiatura: è fintissimo. A me piace dare più realismo, pure con il rischio che poi diventi meno fruibile. Diciamo che questo metodo si riflette sia nel concepire la storia, nella mia idea di come voglio farle, e sia nella realizzazione. Per esempio, per questo mio ultimo fumetto ho pensato tanto alla storia, ma ho avuto come la sensazione di doverla scoprire e che fosse già da qualche parte. Semplicemente partendo da quell’idea che io ho carpito, leggendo il racconto di Kafka, ho cercato di indagare per capire come la storia fosse, e non come volevo che diventasse. Quindi non c’è nulla di artificiale da questo punto di vista: ho sempre indagato ed ho cercato di rendere e tradurre, nel fumetto, al meglio possibile quello che percepivo. Ho studiato molto per capire questa storia, cosa sarebbe successo a Gracco, come si sarebbero svolte le cose, che fine avrebbe fatto questo cacciatore, e all’inizio è difficile fare un fumetto perché hai tante responsabilità e perché devi ragione su tutto ciò. È una storia in tre atti, e quindi per il primo era necessario mettere qualcosa su carta, dopodiché il resto è nato senza storyboard: il secondo e il terzo atto sono stati creati d’istinto. Un aspetto che mi interessa tantissimo è l’improvvisazione: tu sai, bene o male, che deve succedere, ed è ovvio che c’era una scaletta nella mia testa, però poi è tutta questione di sedersi e trovare il tempo e la tranquillità per l’invenzione del momento, anche per i testi. Faccio un esempio: ad un certo punto mi sono reso conto che c’era una cosa che non mi tornava, un elemento incoerente dal punto di vista della storia, e inoltre mi sembrava che in quel frangente mi fossi concentrato meno per esplorare quella determinata questione, così ho provveduto a realizzare delle modifiche.
Qui comunque ho cambiato tecnica rispetto agli altri fumetti. A me ha sempre affascinato la tecnica mista, ma non l’ho mai usata perché, per quello che è il mio modo di disegnare, crea caos a livello visivo. Quindi se mescolo, ad esempio, la penna con i pantoni e con le matite, anche se uso tutti grigi, sono grigi diversi e questo crea una confusione a livello inconscio. L’osservatore guarda il disegno e prova un disagio che non comprende.

È come l’ingrediente di una ricetta quindi. Magari quell’ingrediente non lo vedi però crea qualcosa.

Esatto! Dici: perché fa schifo? Che ci avete messo? C’era un grammo di zenzero! Quindi, ad un certo punto, io volevo avere delle tavole con una certa ricchezza, volevo che fossero ricche e in alcuni casi complesse, però senza avere questo caos. Realizzando i disegni con tecnica mista, per raggiungere questa ricchezza, in realtà sarei potuto arrivare ad un risultato brutto, spiacevole, così ho messo a punto una tecnica molto semplice, anche se un po’ macchinosa, con cui realizzo queste tavole usando qualsiasi tipo di strumento, dal pennarello Giotto fino al pantone super professionale e le penne Bic, le matite ecc. Poi il tutto viene messo su Photoshop in scala di grigio e questo appiattisce la differenza tra le varie tecniche, mantenendo pertanto la ricchezza di tutti gli strumenti diversi. Ad esempio il pantone è fighissimo perché ti dà quell’effetto un po’ acquerelloso, ed il modo in cui si comporta con la carta è fantastico, così la matita e così la penna, e la penna ti permette di avere più chiarezza in alcuni punti, più precisione grafica e tutto viene uniformato dalla scala di grigi.

Che effetto ti fa cambiare, tra il lavorare su un fumetto completamente tuo oppure su una sceneggiatura data? Hai uno stile particolare, un tuo modo di vedere le cose. Questo non rischia magari di scontrarsi con una personalità che invece vede tutto in un’altra maniera?

Beh, devo fare una precisazione: essendo giovane, emergente, non mi è mai capitato di fare un Dylan Dog in cui ci sono delle necessità di un certo tipo, e dove non puoi fare come ti pare, assolutamente! Addirittura ti danno le vignette già fatte! A me questo non è mai successo. Però, al di là di ciò, se uno sceneggiatore ti chiama, lo fa perché vuole te, quindi non ho mai avuto il problema di dover disegnare in un altro modo. Palloni mi ha chiamato perché ero io, no? Quindi questo mi mette tranquillità. Poi ogni progetto sicuramente è a sé, devi un po’ girare le manopole del meccanismo, e il fumetto sui supereroi sarà un po’ meno brutale come stile rispetto a questo per Coconino, disegnato invece in maniera molto aggressiva e in alcuni casi è quasi ostentatamente brutto. Volevo che fosse una specie di provocazione a me stesso: hai il coraggio di fare un fumetto dove è tutto in funzione della tua follia e i disegni possono anche fare schifo? Ovviamente non posso farlo sul fumetto di Palloni, perché lui si aspetta un certo tipo di stile. È molto interessante per me entrare ed uscire nei progetti per esercitarmi nel trasformismo, mi piace essere eclettico, però è importante che ci sia un minimo di personalità che rimanga e sia evidente, per cui puoi dire “questo sono io”. Non me la sentirei di fare, per dire un fotoromanzo. O forse sì, ma non ora!

le strade del paesaggio intervista martoz

C’è qualche cosa a cui stai pensando per il futuro?

Sì! Nuovi romanzi personali. Ho tantissime idee e vorrei solo capire qual è la migliore da fare nel prossimo libro. Però in realtà il prossimo anno sarà di grande concentrazione sulle collaborazioni, perché ho tre fumetti che devo fare in collaborazione e che sto rimandando da troppo tempo, ma è decisamente arrivato il momento di farlo. Due di questi tre sono già sotto contratto con delle scadenze, quindi non ci sono santi, non voglio pagare penali! Non so se posso dire gli editori, non ne ho idea. Di sicuro so che posso parlarvi di un fumetto con Lorenzo Palloni che sarà molto interessante; lo ha scritto lui e ci stiamo lavorando insieme, dovrebbe uscire il prossimo anno, dopo l’estate. È un fumetto che racconta di uno scrittore che ha questa proprietà incredibile per cui quello che a lui viene in mente, ma non mette per iscritto, si avvera. E perciò non può fare a meno di scrivere, è ricchissimo e famosissimo, ma la gente non sa che scrive semplicemente perché non vuole che le sue visioni diventino realtà. Fin quando, ovviamente, un giorno non perde il controllo di questa cosa e alcuni esseri che lui immagina vengono al mondo e sono una sorta di supereroi. È improprio dire così perché sono dei mostri, però a noi interessava l’idea di fare un fumetto in cui ci fossero comunque i supereroi, ma con un approccio molto intellettuale dato che lui ha questa idea un po’ contorta del significato filosofico di cosa sia reale o meno.
Poi ci sono un altro paio di fumetti, uno biografico, ma non l’ho scritto io, ed  è la biografia dello scienziato che ha inventato l’LSD e dovrebbe essere un bel trip! Ho anche altri progetti, ma preferirei non parlarne. Comunque vorrei continuare a collaborare con Canicola, a cui sono molto affezionato e in teoria vorrei fare una miniserie dedicata a Remi Tot. Insomma, ho tantissime cose in cantiere e purtroppo una vita non basta!

Comunque l’anno prossimo è già pieno di robe di Martoz, comunque vada!

Sì, purtroppo per fare fumetti ci vuole tanto tempo, quindi può sembrare assurdo ma, dovendo fare queste cose, a parte piccoli progetti, immagino che il mio prossimo fumetto da solo sarà nel 2019!