Dove eravamo rimasti

Legion, serie tv creata da Noah Hawley (vincitore di un Emmy per la serie antologica Fargo), è tornata sugli schermi FOX (Sky, canale 112) con la sua seconda stagione a partire dallo scorso 4 aprile. Caratterizzato da una narrazione frammentaria, instabile, e da una regia lisergica quanto follemente ispirata, lo show di Hawley ci mise veramente poco a dimostrare il proprio valore. Nonostante l’alto tasso di anomalia e visionarietà rispetto agli standard del genere, prima di parlare delle impressioni suscitate da questa première è bene ricapitolare brevemente come si chiuse la prima stagione. Ve lo ricordate l’importante e inaspettato cliffangher? Beh… è proprio da lì che ripartiamo.

La prima puntata della seconda stagione di Legion inizia con un confuso e frastornato David Haller che, riuscito a ricongiungersi con i suoi amici, sembra non possedere memoria dell’ultimo anno trascorso dopo il suo rapimento (ricordiamo che, dopo aver sconfitto la Divisione 3 e scacciato dalla sua mente il Re delle Ombre, fu rapito da un minuscolo globo meccanico e portato via da non si sa bene chi). A complicare la situazione la presa di coscienza che il Re delle Ombre è una minaccia più che mai presente e che è alla ricerca del proprio corpo. Proprio per impedire questo avvenimento i mutanti della Summerland e la Divisione 3 hanno deciso di unire le forze e fare fronte comune servendosi delle capacità di David per riuscire a risolvere la situazione. La puntata prosegue mettendo in scena dubbi, deliri, psicosi, in cui alternanze di flash-back, visioni oniriche, viaggi astrali e ripiegamenti spazio-temporali giocheranno con lo spettatore accumulando informazioni (potenzialmente) molto importanti senza rivelare troppo né far effettivamente evolvere la trama più che di qualche passo in avanti. La carne al fuoco sembra tanta ma quella strana sensazione di spaesamento, di ribaltamento dei normali canoni narrativi, con una frammentarietà e una parzialità di stampo lynchiano cari alla serie sono rimasti immutati. Si tratta dell’aspetto che più di tutti speravamo venisse confermato, insieme al continuo focus sulla psicologia dei personaggi e sulla continua messa in discussione del cosa è reale e cosa non lo è. Un labirinto di inganni dal quale non è semplice, o forse possibile, uscire.  Hawley, per questo, ribadisce la volontà di alzare il tiro verso l’incomunicabilità di grado zero piuttosto che distendere il racconto rendendolo più fruibile e lineare —quindi più adatto a un pubblico di massa impigrito e svogliato.

Specchi scheggiati

Raccontare per immagini è sempre una scelta funzionale ed estremamente appagante quando un prodotto è così ben confezionato. La capacità di giustapporre con abilità,
perizia e una certa malizia estetica scene così sconnesse, allucinate, dal taglio onirico e molto spesso anti-narrativo (nel senso più prosaico possibile del termine) si fondono perfettamente con la coreografia di alcune sequenze e con quel tappeto sonoro (a tratti melodioso, a tratti inquietanti) nella volontà di produrre una precisa rotta autoriale e stilistica ben riconoscibile ed evidente. Creare una “marca” da apporre a questo show per permettergli di smarcarsi da possibili cloni e/o prodotti fotocopia e spiccare all’interno dell’oltremodo saturo panorama delle serie tv basate sui super eroi dei fumetti.

Cosa ci è piaciuto?

Il fatto che invece di un passo in avanti ne sono stati fatti almeno due. Nessun compromesso e piena volontà di continuare a percorrere la strada avviata con la prima stagione. Un gioiello tutto da scoprire.

Cosa non ci è piaciuto?

Forse in alcuni momenti la linea che separa il genio dalla supercazzola è troppo sottile. Speriamo che la qualità complessiva rimanga sempre elevata e che non si corra il rischio di sforare troppo da una parte senza avere le giuste capacità e una visione coerente e magistralmente portata su schermo.

Continueremo a guardarlo?

Assolutamente sì! Le carte in regola per bissare il successo della precedente stagione ci sono tutte, quindi non possiamo che essere fiduciosi e super-curiosi di vedere cosa ci offriranno i restanti nove episodi che andranno a completare questo puzzle da manicomio.

Andrea Bollini
Vivacchia fra i monti della Sibilla coltivando varie passioni, alcune poco importanti, altre per niente. Da anni collabora con diverse realtà (riviste, associazioni e collettivi) legate alla cultura e all'intrattenimento a 360 gradi. Ama l'arte del raccontare, meno Assassin's Creed.