LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT : “IL CAPOLAVORO NEOREALISTA-MINIMALISTA CHE NON T’ASPETTI”

Gabriele Mainetti sorprende critica e pubblico, presentando alla decima edizione della Festa (da quest’anno non più Festival) del Cinema di Roma, un lavoro underground eterogeneamente sopraffino, caratterizzato da un’imprevedibile miscela neorealista-minimalista che sa coesistere. Previsto in sala per Marzo 2016.

lo-chiamavano-jeeg-robot-primo-poster-del-filmDurante il suo ultimo scippo, Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria), un pregiudicato di borgata,  entra in contatto con una sostanza radioattiva celata al di sotto di un molo del fiume Tevere.  Dopo una serie di circostanze non proprio favorevoli, Enzo scoprirà in  prima persona di possedere una forza sovraumana dovuta all’incidente. Dopo una fase di assestamento emozionale, il misantropo pregiudicato accetterà questa nuova realtà che lo farà assurgere a “super-criminale”. Tutto cambia però quando incontra Alessia, che con la sua malsana spensieratezza, figlia di un disagio psicologico, convincerà Enzo ad essere un  fantomatico (ed antiquato)  eroe dei cartoni animati giapponesi .

Ampia soddisfazione, nell’accogliere ed esaltare con gioia un lavoro capitolino underground di ottima fattura. Lo Chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, sorprende, delizia ed appaga, una critica sempre ammonitoria coi lavori nostrani e al contempo stesso, un pubblico alla costante ricerca della novità. Già perché il prodotto offerto dal giovane regista di periferia, è per l’appunto un lavoro innovativo, capace di miscelare adeguatamente il neorealismo contemporaneo, con quell’astratto minimalismo difficile da omologare. Riuscito nella sua interezza eterogenea (ossimoro più che dovuto), generando un film multi-genere che non mira essenzialmente ad una definizione ma bensì ad una funzione, Mainetti cela dietro a tutto questo, un messaggio quasi critico (perché non è la reale intenzione),  verso quel business industriale cinematografico che da sempre mira alla forma e non alla sostanza. In risposta ai noir-gangsteristici propinati ultimamente (da Suburra a Non Essere Cattivo), e ai comic-movie Marvel prodotti avulsamente, Lo Chiamavano Jeeg Robot è l’alternativa valida e lucida ad un prodotto genuino, che apre, almeno nel nostro paese, ad un nuovo filone di genere che potrebbe avere grande riscontro negli anni a venire.

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Convincenti le interpretazione di Claudio Santamaria e di Luca Marinelli. L’eroe e l’antagonista, il bene e il male.  Notevole anche la rappresentazione e la conduzione stilistica da “lavoro kaiju “ dei due interpreti, una volta “adulterati geneticamente” da questi poteri sovraumani. E’ nostra premura dunque, consigliare il pubblico alla visione di questo film. La soddisfazione di visionare un lavoro dalle mille sfaccettature, senza mai eccedere di un solo secondo, l’attenzione dello spettatore, non è cosa da tanti. Chapeau dunque a Gabriele Mainetti e al suo “Jeeg Robot d’acciaio”.  Chissà se ci sarà un sequel … vediamo se il botteghino sarà favorevole.