“A volte ritornano”, o dell’era delle Remastered

Reduce da una remastered decisamente poco riuscita come quella di Parappa the Rapper, un po’ a causa del lavoro di rimasterizzazione, un po’ perché effettivamente il gioco è invecchiato un tantino troppo e un tantino male, Sony ci riprova con quella che è forse l’esclusiva meno conosciuta e più interessante del parco titoli del colosso giapponese: LocoRoco. Niente paura, per chi lo conosce già, il gioco non ha perso lo smalto che lo contraddistingueva su PSP nell’ormai remoto 2006. Per tutti quelli che non lo hanno mai conosciuto, preparatevi a vivere un platform atipico con uno stile inconfondibile.

“LocoRoco, tu hai quel fuoco”

Parafrasando Piero Pelù, si diceva che il gioco non ha perso nulla del proprio stile, essendo invecchiato in maniera egregia. Facciamo una doverosa presentazione per tutti quelli che non sanno cosa sia LocoRoco: in sostanza, si devono spostare delle creaturine mollicce e tonde attraverso dei livelli in due dimensioni ma, diversamente dai platform classici, non è il nostro personaggio a muoversi qui, bensì il livello di gioco. A scelta tra dorsali del controller o tramite motion controller del Dualshock 4 sarà infatti possibile inclinare l’intero fondale di gioco, permettendo ai nostri rotondi alter ego di rotolare nell’una o nell’altra direzione. Le uniche azioni concesse ai LocoRoco sono tre: il salto, effettuabile premendo entrambi i dorsali insieme; la divisione in LocoRoco più piccoli, cosa che permette di passare attraverso pertugi piccolissimi altrimenti inaccessibili; e il ricongiungimento degli stessi per formarne uno più grande, con capacità di salto maggiore.

L’unione fa la forza

Il compito del giocatore è proprio quello di riunire tutti i LocoRoco presenti nei livelli di gioco, raccogliendo particolari bacche sparse per i livelli, spesso nascoste in zone nascoste. Più se ne raccolgono, più sarà grande il LocoRoco quando si riunirà con i suoi “compari”, permettendo di raggiungere posti prima inaccessibili e arrivare al termine del livello. Ad impedirlo troveremo trappole acuminate e i cosiddetti Moja, creature svolazzanti e ghiotte che tenteranno di succhiare via letteralmente i nostri piccoli guadagnati col sudore della fronte. Completa il quadro di gioco la possibilità di trovare altri LocoRoco di vari colori, di cui parleremo a breve, e di piccoli collezionabili sotto forma di insetti volanti simili a monete. Quest’ultime saranno utilizzabili nei mini-giochi che ci permetteranno di sbloccare nuove forme di LocoRoco, degli omini addormentati chiamati MuiMui, anch’essi sparsi per i livelli, e nuovi pezzi di ambiente per la modalità Loco House, nella quale si potrà customizzare una casa per i nostri LocoRoco con i pezzi trovati o acquistati.

locoroco remastered

Soundtrack dinamica e stile inconfondibile

Lo stile di gameplay è abbastanza basilare, ma non per questo facile. La difficoltà tende a salire man mano che si affrontano nuovi livelli, e raccogliere tutti i collezionabili e i LocoRoco nascosti finisce col diventare un’impresa davvero ardua. Ma ciò che contraddistingue il gioco è il suo stile così infantile, formato da linee geometriche stilizzate, esserini pacioccosi, colori pastello netti e una colonna sonora composta da musiche dolcissime cantate in una lingua incomprensibile da voci stridule. Il vero tocco di classe è proprio qui, la soundtrack è dinamica e segue l’azione di gioco. Se si utilizza il LocoRoco gigante, ovvero formato attraverso la fusione di tutti i piccoli, la voce cantante è singola. Invece, dividendo i LocoRoco, la voce solista si trasformerà in un coro. E non è tutto: come si diceva, sarà possibile trovare LocoRoco di colori diversi e ognuno di loro avrà un diverso modo di cantare e una diversa musica di sottofondo. Si va dallo stile funk, al reggae, al rock fino al LocoRoco crooner. Insomma, sarebbe un vero e proprio delitto giocare a LocoRoco senza sonoro, poiché si perderebbe il 50% del gioco.

La rimasterizzazione

Il bello di LocoRoco è che la sua limpida semplicità gli ha permesso di sopravvivere all’inesorabile passare del tempo, lì dove altre gemme hanno fallito. È un vero peccato che un titolo così geniale non sia conosciuto come meriterebbe, dunque una remastered è assolutamente benvenuta. La struttura di gioco è rimasta praticamente intatta, solo che al posto di essere racchiusa nel piccolo schermo della PSP, ora sprigiona tutta la sua folle dolcezza sui nostri pannelli in 4K: non c’è nessun appunto da fare a riguardo, semplicemente impeccabile. Un pochino meno riuscita può essere la trasposizione su PS4 delle cutscene di gioco, chiaramente prese di peso da quelle per PSP e gettate su uno schermo di risoluzione infinitamente maggiore. Il risultato è chiaro: sono sgranate, sfocate all’inverosimile e sono purtroppo un grosso pugno negli occhi da parte di un titolo che fa della pulizia grafica un suo dogma. Un’ultima piccola critica, fondamentalmente soggettiva, si può portare alla meccanica principale di gioco. Mentre su PSP si inclinava letteralmente lo schermo per giocare e di conseguenza il fondale seguiva il nostro movimento, mantenendo sempre la linea dell’orizzonte del livello parallela agli occhi del giocatore, lo stesso non è stato ovviamente riproducibile su PS4, a meno che non vogliate inclinare la vostra TV assieme al Dualshock. Il tutto porta ad una leggera discrepanza tra il movimento che si fa con il motion controller e ciò che compare a schermo, non vi è più quella sensazione di vedere il mondo di gioco ruotare insieme a noi, per capirci. Ma niente che rischi di inficiare in alcun modo la qualità indiscutibile del titolo, sia chiaro. LocoRoco resta una piccola perla da scoprire e/o ritrovare.

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Verdetto

Una remastered solida ma non senza piccole sbavature di quello che è ormai un classico Sony, forse un po’ troppo sottovalutato, o peggio sconosciuto, dai più. LocoRoco merita, merita tanto in ogni suo aspetto, che sia la stupenda e spensierata soundtrack o lo stile grafico semplice ma accattivante. Da recuperare.

Gianluca Boi
Recensore seriale, blogger, giocatore di ruolo decennale, hardcore gamer, groupie di Alan Moore. Amante dei Souls, di Castlevania e di Banjo-Kazooie e fanboy di Jet Set Radio. Ha visto Matrix almeno 42 volte, segue il wrestling ed è fissato con lo studio della musica tutta, con una piccola predilezione per gli Ulver, i Fair To Midland e le OST. Nasconde purtroppo un terribile segreto: non sa proprio come leggere gli orologi con le lancette (non scherzo).