Abbiamo provato in anteprima le demo disponibili durante la LudoNarracon: ecco i nostri consigli su come navigare l’offerta della fiera!

ome ogni anno, abbiamo deciso di raccontarvi la nostra esperienza con le demo della LudoNarracon 2022, la fiera organizzata dal publisher Fellow Traveller e dedicata al mondo del videogioco narrativo e sperimentale. Sul portale di Steam trovate tutto l’elenco delle anteprime disponibili, oltre a numerosi sconti e, soprattutto, panel di dibattito e analisi da parte di numerosi sviluppatori e sviluppatrici del mondo indie e medio budget. Nel mentre, eccovi i nostri consigli (e avvisi) su ciò che troverete in elenco!

Card Shark

Frutto del perfetto matrimonio tra la “indie darlingNerial (Reigns) e il publisher Devolver Digital, la demo Card Shark è stata un’esperienza strepitosa sotto tanti punti di vista. In primis, la qualità della regia (che lavora in accordo e non in conflitto con l’interfaccia) e dei dialoghi è eccelsa, e queste due componenti riuscirebbero già da sole a legittimare l’esistenza del gioco. C’è però anche un’immensa attenzione alla creazione di meccaniche situazionali e specifiche, capaci di collaborare sia con la regia che con le meccaniche di gioco principali. Tecnicamente, il gioco potrebbe essere definito un card game… ma non nel modo in cui lo si considera solitamente. Barando, ingannando e raggirando gli avversari, finiremo coinvolti in un giro di intrighi, tradimenti e vere e proprie rivoluzioni (la Francia rivoluzionaria è lo sfondo della vicenda). Infine, la scelta di affidarsi a disegni (Nicolai Troshinsky), suoni e musiche (Andrea Boccadoro) così particolari e coerenti con il periodo storico aggiunge quel tocco finale che ci fa scrivere, a chiare lettere: non perdetevi Card Shark.

The Fabulous Fear Machine

The Fabulous Fear Machine è uno dei nostri giochi più apprezzati della LudoNarraCon 2022. Dal team Fictiorama, ideatori dell’intrigante Dead Synchronicity e dell’ottimo Do Not Feed the Monkeys, e pubblicato da AMC (siamo ben lontani, dunque, dall’indie), The Fabulous Fear Machine è un gestionale dove vestiamo i panni di vari CEO, capi di stato e altre figure di potere, intente a diffondere la paura a loro più congeniale, in relazione al loro campo. Siete la nuova, giovane promessa della Big Pharma di turno? Ecco che con strategie mirate e supporti politici potrete convincere l’Irlanda dell’arrivo di una nuova, pericolosissima malattia, o il Galles della diffusione di farmaci stranieri portatori di strani virus. Un gioco incredibilmente ironico, con uno stile grafico fumettoso splendido e perfettamente adeguato ai toni, e che nonostante tutto riesce a inquadrare con una certa efficacia alcuni dei problemi del mondo dei media, oltre alle dinamiche di ricezione del pubblico. Assolutamente da seguire!

How To Say Goodbye

Il canale televisivo francese Arte, da qualche tempo, si sta occupando anche di produrre e distribuire esperienze videoludiche che possano essere inserite nella sfera di valori che l’azienda rappresenta (oltre che valorizzare il medium, legittimandolo). Ultima esperienza di questo processo è How To Say Goodbye, gioco realizzato da Baptiste Portefaix e Florian Veltman che ci fornisce uno sguardo abbastanza inedito su un tema la cui trattazione può spesso essere enfatica e banale: la scomparsa, i lutti e la morte. Il gioco, infatti, si presenta come un puzzle game dalla direzione artistica molto colorata, aggraziata e tenera; quasi in apparente contrapposizione con l’argomento. Esplorandolo, invece, si rivela un approccio sì inedito e inusuale ma incredibilmente vincente nella gestione dello stesso. Un modo differente di guardare alla vita ultraterrena che non per questo risulta irrispettoso o meno efficace delle trattazioni più strettamente strazianti ma che, anzi, con la leggerezza riesce a porre accenti che lasciano decisamente impressa l’esperienza in chi gioca.

Keylocker

Keylocker, dello studio brasiliano Moonana, è l’esempio perfetto di quei progetti che fanno grattare la testa quando li si guarda prima di essere completati. Il concept alla base – un gioco di ruolo cyberpunk a turni con interventi da gioco musicale- e il canovaccio narrativo sono intriganti e spingono una discreta curiosità, ma lo stato dei lavori contemporaneamente porta a interrogarsi sulla direzione che potrebbe prendere al suo lancio. Laddove, infatti, l’interesse per come viene inteso il rapporto tra libero arbitrio, musica e religione (con la protagonista che viene incarcerata proprio perché musicista, e i suoi carcerieri resi come veri e propri adepti di una setta che è anche il governo che gestisce Saturno) è piuttosto alto si presentano davanti agli occhi di chi gioca delle storture che non si capisce se facciano parte di uno stato ancora troppo avanzato dei lavori o veri e propri errori di progettazione. Keylocker, infatti, non riesce a essere troppo chiaro circa le sue regole e gli input necessari per fare determinate azioni e spesso e volentieri i movimenti e le tempistiche sono troppo lente o poco leggibili. Con il dubbio di capire cosa è dovuto da cos’altro, per adesso vi suggeriamo di provarlo e trarre in autonomia le vostre conclusioni.

Mindhack

Sono ormai moltissimi, da Papers, Please (per citare l’esempio più virtuoso possibile) a Mind Scanners (per rimanere nelle sfere del LudoNarraCon), i giochi narrativi che ci mettono nei panni di persone che devono occuparsi della gestione della libertà di parola e di pensiero in società distopiche. Mindhack, quindi, è solo l’ultimo degli esempi che potremmo fornire per parlare di come questo tema viene affrontato nel medium. Ciò che lo differenzia moltissimo dal seminato, però, è il tono scelto per raccontare il lavoro di uno strizzacervelli di un penitenziario, il cui compito è quello di “normalizzare” i pensieri delle persone detenute. Strizzando l’occhio molto da vicino a lavori come Assassination Classroom, Persona o alle opere dell’artista Takashi Murakami, Mindhack si configura con un approccio sulla carta più leggero, saturo e gioioso del solito. Questo contrasto tra la maturità dei temi e la cascata di fiorellini colorati che ci troveremo davanti crea una sensazione di enfasi che forse serviva nel come i videogiochi affrontano questo tema.

MORSE

Il codice Morse è stato uno strumento di fondamentale importanza nel primo conflitto bellico mondiale. Spesso il videogioco si è storicamente concentrato su questi temi e periodi da un punto di vista meramente militare, facendoci vestire i panni di questo o quel soldato, o gestendo milioni di risorse (umane o meno) in scontri di numeri più che tra esseri viventi. In Morse ci viene invece chiesto di prendere atto di cosa significhi usare un linguaggio (e il codice necessario per emetterlo) per condannare a morte migliaia di soldati (e, forse, civili), grazie a delle scelte estetiche che cercano di rendere più evidente la connessione tra la disumanizzazione dell’interfaccia e ciò che quell’interfaccia deve rappresentare. La struttura ludica forse è troppo “divertente” per comunicare quel che cerca di dire, ma questo si potrà capire solo in relazione alla durata e al rapporto con le scelte di dialogo della protagonista, una delle meccaniche presenti nel gioco. Da tenere d’occhio.

Queer Man Peering Into a Rock Pool

C’è una credenza per cui, in generale, l’essere didascalici quando si intitola qualcosa sia sbagliato e da evitare per chi vuole approcciarsi alla creazione di qualcosa. Queer Man Peering Into a Rock Pool è invece la dimostrazione e la necessità di doversi riappropriare del giusto e dello sbagliato, dello scardinare le convenzioni quando esse sono limitanti per noi e della rivendicazione dello sbaglio come entità espressiva. Il gioco è quindi esattamente quel che il titolo suggerisce, la storia di un uomo queer che scruta dentro delle pozzanghere, e orgogliosamente porta questo concetto ovunque nella demo proposta all’interno di LudoNarraCon. Una storia d’amore post-apocalittica in cui un uomo deve recuperare se stesso, la persona che ama e gli oggetti che ha perso per ricostruire e ricostruirsi. Un viaggio nella rivendicazione totale e abbagliante, come l’estetica scelta.

Trolley Problem Inc.

Il dilemma del tram, quell’assunto filosofico per cui la moralità si misura con domande in cui non esiste una risposta totalmente positiva, è il concetto alla base di Trolley Problem Inc.. Basandosi su testi e nozioni della filosofia, con tanto di testi suggeriti e bibliografia consultabile, il gioco pone chi gioca al controllo di varie aziende (un produttore di psicofarmaci, un ospedale privato eccetera) dando come unico modo di intervenire su di esse la possibilità di rispondere a domande a bivi. Le risposte, oltre a biforcare la prosecuzione della storia, saranno poi mostrate con una percentuale di quanto chi gioca si avvicina al resto delle persone che hanno avuto modo di approcciarsi con esso. Un delirio di filosofia, comicità nonsense e questioni esistenziali lanciate in faccia senza soluzione di continuità, lasciando a chi gioca il compito di recuperare il proprio e personale bandolo della matassa.

The Wreck

La demo di The Wreck è stata un’esperienza al contempo particolare e tradizionale. Da un lato, la struttura ludica e narrativa del gioco si fonda sulla tradizione delle esperienze Telltale o Dontnod, con un personaggio fortemente caratterizzato e meccaniche basate principalmente sulla scelta di un dialogo o su di un’interazione ambientale. A questa struttura si aggiunge però un elemento abbastanza originale, una sorta di esplorazione mnemonica della vita del personaggio, che permette di avere un impatto sul prosieguo del racconto: immaginate la possibilità di poter andare indietro nel tempo di Life is Strange, solo che in The Wreck serve a scoprire la prospettiva di uno o più personaggi su un tema. Il racconto, che parla di eutanasia, morte assistita e rapporti materni, non si affida però a toni eccessivamente cupi, ma (con una simpatica dichiarazioni indiretta all’inizio del gioco) sfrutta dialoghi più leggeri per veicolare l’umanità della protagonista. Intrigante.