Avventura a colpi di pennarello

Quest’anno ci siamo trovati più volte a ribadire come Nintendo con Switch sembra aver imparato la lezione: questa nuova console infatti è una piattaforma che non solo ha regalato ai giocatori capolavori come Zelda Breath of the Wild o Mario Odyssey ma è stata anche capace di dare spazio a più o meno piccoli sviluppatori che con i loro titoli indie sono riusciti ad aprirsi ad un pubblico inaspettatamente nuovo e per certi versi ricettivo. Max: The curse of brotherhood rientra in questo filone: sviluppato inizialmente da Press Play prima che Microsoft acquistasse e chiudesse lo studio, The curse of brotherhood è un sequel di Max and the magic marker che prova a dare un impianto più coerente e narrativo alla struttura di gameplay che il primo titolo aveva dato in pasto ai giocatori. Questa nuova iterazione si presenta come una mezza vittoria con buone idee centrate e qualche opportunità mancata. Ma procediamo per ordine e conosciamo Max.

Nel precedente titolo scopriamo che Max è un ragazzino come tutti gli altri a cui piace disegnare. Il piccolo artista passa la maggior parte del tempo a creare mostri, la sua vera passione. Un giorno i mostri prendono vita, gettando nel caos i suoi disegni, e il piccolo Picasso si trova a dover confrontare i suoi peggiori incubi armato solo del suo fidato pennarello magico. Non vi svegliamo come le cose vanno a finire, ma possiamo dirvi che The curse of brotherhood si apre con il nostro Max saltellante appena di ritorno da scuola, pronto a chiudersi nella sua cameretta per giocare con i suoi giocatoli preferiti. Ovviamente, come capita spesso anche a noi, i deliziosi piani del nostro eroe sono rovinati da un imprevisto: il piccolo fratellino di Max si è infatti impossessato della camera e si sta divertendo a letteralmente massacrare i preziosi averi del nostro artista in erba. Ora chiunque di noi al posto di Max avrebbe reagito allo stesso modo, ossia lanciandosi su Giggle (parodia di Google) per trovare una formula magica che faccia sparire il pestifero consanguineo (n.d.a. se trovate questa formula mandatela a Stay Nerd che abbiamo un paio di zie antipatiche).

Il risultato è inaspettatamente inefficace e il fratellino viene risucchiato in un portale magico, rapito da una mano mostruosa. Cosa fa un eroe degno di questo nome in questi casi? Rimedia ovviamente al danno, gettandosi nel portale a sua volta. Questo è l’incipit di un viaggio che poterà Max ad attraversare lande desolate e rigogliose foreste lungo sette capitoli e venti livelli che faranno anche da sfondo ad un impianto narrativo piuttosto semplice ma sempre efficace: il viaggio di un eroe all’interno di una terra sconosciuta e pericolosa per salvare qualcuno a cui tiene particolarmente dalle grinfie di potente cattivone. Al suo fianco come vedremo ci sarà il suo fidato pennarello magico e un’anziana vecchietta che gli farà da guida e mentore nelle sue avventure, aprendogli la strada verso la conoscenza di questi fantastici e pericolosi ambienti.

Il gameplay è fondamentalmente, ripreso da quanto si era visto nel primo capitolo: una sorta di miscela esplosiva di puzzle, platform e sandbox per certi versi. L’impianto rimane quello del classico platform a scorrimento 2D, con una serie di ostacoli da superare con salti, arrampicate e accovacciamenti. Non mancano delle sequenze puramente action nelle quali dovremo dare fondo ai nostri riflessi per scappare dalle grinfie di qualche avversario, saltellando come una ranocchia da piattaforma a piattaforma o arrampicandoci come un macaco in preda ad una crisi di rabbia. Su questa struttura si imposta la parte più propriamente di puzzle solving. Con il grilleto destro Max può sfoderare il suo pennarello e interagendo con alcuni punti sensibili, cambiare l’ambiente circostante. Man mano che si procede avremo accesso a diversi “poteri” che permettono a specifici punti sensibili di essere attivati. All’inizio questa meccanica risulta piuttosto scialba, probabilmente perchè l’unica cosa che possiamo fare è creare dei pilastri di sabbia su cui saltare. Proseguendo nella nostra avventura, i poteri non solo si moltiplicano ma danno vita anche a delle sinergie piuttosto inaspettate che rendono la sfida piuttosto interessante.

Ci sono infatti diversi momenti nei quali bisogna fermarsi e chiedersi per usare le parole di Max “oh ora cosa devo fare?”. In questi frangenti è necessario scrutare il “quadro” davanti ai nostri occhi, osservare i diversi punti sensibili e capire come questi possono interagire con una serie di tentativi e prove: per esempio uno dei momenti più soddisfacenti è stato quanto per scendere da un albero centenario che si erge nel cielo per centinaia di metri è necessario disegnare una serie di rami con il pennarello e attaccare delle liane a punto giusto per poi staccarne un’estremità e dondolarsi verso la salvezza. Max and the curse of brotherhood è costellato di queste piccole chicche che bilanciano perfettamente la parte esclusivamente platform, dando un ritmo al gioco estremamente piacevole e vario. Peccato per alcune situazioni nelle quali il gioco non fornisce informazioni necessarie per superare alcuni ostacoli e si è costretti a morire ripetutamente per trovare una soluzione al problema che ci si pone davanti.

Verdetto

Max and the curse of brotherhood è decisamente un titolo che vale la pena di provare, sopratutto per le sue qualità d’intrattenimento e narrativo. Non siamo di certo di fronte ad un titolo che rivoluzionerà il genere, ma è un prodotto che fa poche cose e bene. Gli intermezzi narrativi aggiungono un pizzico di motivazione in più ad un gioco che potrebbe tranquillamente essere completato solo per il gusto di trovare una soluzione ai vari tranelli e puzzle che ci si pongono davanti. In conclusione Press Play è riuscita a confezionare un buon titolo che nonostante manchi di guizzi geniali vale la pena di acquistare.