Dylan Dog 365: Cronodramma

Guazzabuglio temporale

Concluso un anno gravido di novità, eventi, celebrazioni, inattese resurrezioni, Dylan Dog riparte col bagaglio pieno di tutti questi elementi, consapevole che, mai come ora, si è irremediabilmente allontanato dallo status quo ante alla gestione Recchioni. Adesso, l’Indagatore dell’Incubo sta veleggiando verso un cambiamento definitivo da cui non potrà fare ritorno. I mutamenti effettuati sono stati così tanti che hanno scavato un solco indelebile con il passato e, dopo di essi, l’eroe di Tiziano Sclavi sembra possedere un’energia diversa che lo sta spingendo lungo un cammino che non è ancora concluso. Inaugurare questo 2017 è toccato, per la verità, ad un autore tutt’altro che sconosciuto dalle parti di Craven Road e per nulla estraneo all’era del rinnovamento: Carlo Ambrosini.

Durante una sonnacchiosa giornata, all’interno di una tranquilla settimana di un mese noioso, Dylan e il suo inarrestabile assistente sopportano una banale quotidianità tra mugugni e battute prive di senso. Tutto cambia quando Groucho ritrova una busta davanti alla porta di casa, con dentro un libro intitolato I bastioni del tempo, un assegno da 5.000 sterline e una lettera, scritta dal mittente. Si tratta di una giovane scrittrice ereditiera che intende assumere il signor Dog per un caso complicato. Infatti, la donna è perseguitata da ben 6 anni dal fantasma di una bambina che le impedisce di uscire dalla sua maestosa villa. L’Indagatore dell’Incubo accetta, senza sapere che verrà catapultato in un ingarbugliato “cronodramma“.

L’anno dylaniato si apre col ritorno di uno dei suoi maestri più apprezzati: Carlo Ambrosini. Mancava da più di un anno, dallo speciale numero 350, Lacrime di Pietra, in cui operava in veste di autore completo, come aveva già fatto in tante diverse occasioni nella lunga storia del personaggio di Sclavi. Questa volta si fa aiutare dalle matite di Werther Dell’Edera, apprezzatissima star di Orfani, di cui sfrutta il taglio dei disegni, molto simile per l’occasione a quello del leggendario Attilio Micheluzzi, all’interno delle dinamiche della trama, strutturata su più livelli, in puro stile Ambrosini. Abbiamo due piani temporali che si intersecano tra loro, creando una complessa vicenda il cui responsabilie è una vecchia conoscenza dell’Indagatore dell’Incubo, già apparsa in un albo recente e importantissimo ad opera dello stesso Ambrosini. L’autore, in questo numero, dimostra di essere particolarmente ispirato, sia per quanto riguarda gli snodi narrativi che nella gestione delle battute dei personaggi. In particolare, pochi scrittori negli ultimi anni sono riusciti a manovrare Groucho come fa lui e sembra uno di quelli che non suda freddo di fronte al logorroico assistente di Dylan. La storia assurda, onirica e fuori dagli schemi che riesce ad orchestrare, con tanto di finale imprevedibile, riportano alla memoria quelle originarie di Tiziano Sclavi, con una gradevole sfumatura surreale che ricorda vagamente anche il personaggio di Napoleone, primo figlio dello stesso Ambrosini. Gli ottimi disegni vengono poi sapientamente valorizzati dalla sceneggiatura, che ne capitalizza al meglio le differenze creando una sfasatura disarmante e sorprendente. Un ottimo albo che appartiene di più al vecchio Dylan al nuovo, prova definitiva di come il personaggio, nonostante i cambiamenti, abbia mantenuto negli anni un suo personalissimo modo di narrare e che, anzi, nei mutamente stessi abbia ritrovato la giusta linfa per continuare a raccontarsi.

Voto: 8

Dylan Dog Color Fest 20: Il buono, il brutto e la cattiva

Sperimentazione a colori

L’anno nuovo porta anche un Color Fest nuovo, rianimato dalla formula varata per la prima volta esattamente 12 mesi fa. Inevitabile dunque stillare un primo bilancio della versione rinnovata della testata. Il cambiamento della cadenza in trimestrale e il mutamento del formato (meno pagine, prezzo più basso e carta diversa) hanno giovato in tutti i sensi, trasformando questa collana parallela in una delle migliori dell’Indagatore dell’Incubo attualmente in edicola. Il suo punto di forza, di cui ha ulteriomente goduto il passaggio da una struttura a racconti variabile, è la potenza sovversiva della sua sperimentanzione spropositata e priva di regole, che ha permesso di attingere a tante risorse e generi fumettistici differenti. Specialmente in un paese come il nostro, dove si possono trovare lettori ed autori dai gusti più diversificati, questa scelta consente di attirare un ampio bacino di pubblico e di coinvolgere artisti che, altrimenti, avrebbero avuto ben poche possibilità per confrontarsi con un personaggio dalla statura e dalla fama di Dylan Dog. Dunque, una piccola rivoluzione che ha dato i suoi frutti, elevando ulteriormente l’importanza già enorme, anche da un punto di vista delle vendite, del Color Fest.

Questo numero di febbraio presenta tre racconti realizzati da altrettanti team creativi. Riposa in Pace: Dylan si trova catapultato in un inquietante cimitero, mentre un serial killer gli dà la caccia apparantemente senza motivo. Riuscirà a fuggire? Ma per quale motivo si trova lì? Ballando con uno sconosciuto: l’Indagatore dell’Incubo viene assunto da una professoressa per indagare all’interno della scuola dove lavora, infestata da un fantomatico fantasma. Vittime e carnefici: l’Inquilino di Craven Road incrocia la sua strada con una bellissima ragazza e intreccia con lei una relazione amorosa. All’inizio le cose vanno bene, ma piano piano il rapporto mostra degli aspetti inquietanti che fanno emerge la vera natura della donna…

Questo Color Fest vede sulla testata autori navigati e centrali nella storia recente di Dylan insieme ad altri meno conosciuti. Da una parte abbiamo Roberto Recchioni e Barbara Baraldi, dall’altra Sergio Algozzino (che però aveva già partecipato al diciottesimo Color), Alessandro Crippa, Christopher Possenti e Fabio D’Aurica, rispettivamente sceneggiatore, disegnatore e colorista del primo racconto, poi Nives Manara (sorella del mitico Milo) e Cristina Mormile. Ma uno su tutti è per certi versi sorprendente: Marco Mastrazzo, nel ruolo di copertinista. Questo giovane disegnatore è forse la sorpresa maggiore di questo albo, dato che è stato scelto dal curatore Roberto Recchioni dopo la visione di alcuni dei suoi lavori su Facebook. Un esordio sensazionale di un disegnatore da tenere d’occhio. Per il resto, le storie di questo mese fanno un piccolo passo indietro rispetto a quelle di novembre. Infatti, per quanto riguarda il punto di vista testuale dimostrano di aver perso il mordente delle precedenti e di essere ricadute nei limiti e nei difetti dovuti alla gabbia delle 32 pagine, cosa che accadeva spesso nei Color Fest vecchio formato. In questo senso, l’unica che possiede qualcosina in più è quella di Recchioni e Mormile. Invece, il comparto grafico conferma la scelta di una fortissima sperimentazione, sempre spettacolare che consente di ammirare un Dylan in forme tra loro molto diverse.

Voto: 7

Dragonero 45: Il Signore degli Impuri

Un incubo che ritorna

Il 2017 promette di essere un anno cruciale per i destini narrativi ed editoriali di Dragonero, straordinaria serie fantasy creata dai due mostri sacri del fumetto italiano Luca Enoch e Stefano Vietti. Ormai l’attesa per l’inizio della Guerra delle Regine Nere, prevista per la fine dell’anno, si sta facendo spasmodica e, fino ad allora, gli albi hanno l’obiettivo di preparare degnamente il terreno per lo scontro in arrivo e chiudere alcune sottotrame che la serie si porta dietro dalla sua apertura. Una di queste viene finalmente riaffrontata in questo numero e risale addirittura ad uno dei primissimi, al terzo della saga, Gli Impuri.

A Newens, un villaggio nei pressi di Solian, la vita scorre come tutti i giorni. I contadini lavorano, i bambini giocano e le donne si occupano delle loro faccende. Ma la morte viene a bussare alle porte della cittadina quando un anziano si presenta al centro del borgo. Afferra una fiala e ne deposita il contenuto nella fontana. All’improvviso della nebbia nera, vivente e infuocata, simile ad un incendio, esce dall’acqua e uccide chiunque ne venga sfiorato. Nel frattempo, Ian e Gmor si godono il sole finché l’incantesimo non li raggiunge e affrontano una difficile battaglia per la sopravvivenza. Per fortuna Alben, dal suo eremo, ha avvertito il pericolo e sta arrivando per soccorrerli.

Questo di febbraio è un ottimo albo, l’ennesimo di una testata che raramente ha fatto mancare la qualità impeccabile che la contraddistingue. Ai testi abbiamo Stefano Vietti e ai disegni Fabrizio Galliccia, già visto all’opera nel numero 40 e nel primo magazine, con l’immancabile copertina di Giuseppe Matteoni. Lo sceneggiatore riporta sulla scena N’Agha, il Signore degli Impuri, in un’avventura breve, non troppo articolata e semplice nella narrazione, che però nasconde dei momenti estremamente importanti non solo per il futuro della saga ma anche per il suo passato. Vengono rivelati ricordi dolorosi e inaspettati di Ian e Gmor, approfondendo un lato della loro memoria prima del tutto sconosciuto ai lettori. Senza contare che viene finalmente visitato interamente il misterioso eremo di Alben, luogo più volte osservato nelle precedenti avventure ma mai esplorato nel dettaglio. E le Regine Nere cominciano già ad essere centrali nelle storie, dimostrandosi degli avversari che potranno dare molto filo da torcere ai nostri eroi.

Voto: 7

Martin MystèreLe nuove avventure a colori: La melodia che uccide

Musica… Satanica

Passato lo stordimento causato dall’effetto-novità, la rivisitazione moderna e in full color HD del Dectetive dell’Impossibile si conferma come la pubblicazione più interessante del catagolo Bonelli attualmente disponibile. Non si tratta di una semplice riscrittura di un personaggio storico e amatissimo, ma praticamente di una serie nuova che sta mostrando ogni mese i suoi altissimi livelli di scrittura, artistici e grafici. E il numero di febbraio non solo continua questo strepitoso trend positivo, bensì compie addirittura un altro passo in avanti, avviando un nuovo piccolo ciclo narrativo dopo quello dedicato all’Elmo di Scipione l’Africano.

Scampato miracolosamente al naufragio dell’Amaterasu, la nave affondata nelle acque sarde con l’intera genigarchia della stirpe di Mu, Martin Mystère si reca a Milano per incontrare Valentina Ventura, spregiudicata blogger ribattezzata dalla stampa come la “nuova Detective dell’Impossibile”. La ragazza ha infatti scovato una strofa sconosciuta dell’Inno di Mamelli e, grazie all’aiuto del collega americano, dovrà fare i conti con streghe tecnologiche, cantanti asiatiche e i terribili Uomini in Nero.

I “Mysteriani” (sopranome del gruppo di sceneggiatori dietro la scrittura di ogni albo) si distanziano leggermente dalla rielaborazione di alcuni degli elementi classici di Martin Mystère (Atlantide, Mu, Jasper…), per lanciare una linea narrativa parzialmente autonoma e personaggi inediti. Questa volta tocca a Valentina Ventura, giovane donna ossessionata dai misteri. Si tratta di una figura interessante, capace di bucare la pagina a suon di battute e linguaggio colorito, forse la migliore dei nuovi alleati del BGZM (Buon Giovane Zio Marty), meritevole di ancora più spazio, che siamo sicuri otterrà a bizzeffe. Sul piano testuale, il team di autori conferma le sue straordinarie doti nei dialoghi e nella caratterizzazione dei personaggi. Era da parecchio tempo che non si leggevano spiegoni così incalzanti e veloci, nonostante la lunghezza comunque non indifferente. Non mancano poi una buonissima sequenza investigativa fanta-archeologica, delle bellissime scene d’azione, splash page e perfino chiari rimandi alla contemporaneità, tutto ottimanente illustrato dalle matite di Rosario Raho e dai colori di Lucio Filipucci.

Voto: 7. 5

Orfani Terra 2: Seminare Tempesta

Verso il muro

Negli ultimi giorni è stato annunciato il titolo della stagione finale di Orfani con tanto di copertina in anteprima assoluta. Sarà Sam, la Mocciosa, la guerriera dal viso da bambina e i capelli dorati, nella sua attuale versione robotica, la protagonista dell’atto conclusivo della prima serie completamente a colori di casa Bonelli. Ma nel frattempo, mentre ci si prepara a dare l’estremo saluto ad una testata per certi versi rivoluzionaria, la quinta stagione entra nel vivo. Serie d’avanguardia per eccellenza, la creatura di Roberto Recchioni ed Emiliano Mammucari non si è fatta mancare niente, perfino il compito di fare da apripista all’approdo stabile nei negozi di fumetti per tutte le pubblicazioni di Via Buonarroti. Ennesimo sentore di come abbia lasciato il segno, non solo dal punto di vista narrativo bensì anche editoriale.

Dopo aver attraversato il deserto dei rottami sotto la guida della bizzarra Miranda, il gruppo di Max, Cain, Bug, Fango e Rat può finalmente riposarsi in una piccola oasi situata in mezzo alle dune. Si tratta di un luogo verdeggiate circondato da una corso d’acqua, con al centro un aereplano distrutto che funge da rifugio per la bambina dai capelli rossi. I ragazzini scoprono di aver una possibilità per oltrepassare il muro e raggiungere la fantomatica Città delle Luci, così si mettono all’opera per riparare una barca capace di condurli al sicuro. Ma il cammino per rimetterla in moto sarà lungo e tortuoso e li farà scontrare di nuovo con gli uomini dello sceriffo.

La mini-stagione di tre numeri scritta da Emiliano Mammucari, con l’aiuto del fratello Matteo, si arricchisce qui di un altro contribuito: la penna di Giovanni Masi. Queste sei mani annodano una trama fluida, che vive sul contrasto e i rapporti tra i vari protagonisti alle prese con una missione da cui dipende la loro sopravvivenza. Senza risparmiarsi sensazionali colpi di scena, il trio confeziona una storia solidissima e calamitante che prepara il terreno per un finale che, a questo punto, si preannuncia imprevedibile. Finora, i due cicli di narrazione breve che fungono da intermezzo in vista della sesta stagione hanno alzato ulteriormente il livello qualitativo della saga, ampliando gli scenari e aggiungendo un grande varietà di situazioni mai banali. I curatori hanno saputo sfruttare al meglio l’immensa potenza di fuoco concessa da alcune delle menti più brillanti della scuderia Bonelli. In questo numero abbiamo alle matite un professionista dal calibro di Luca Genovese, che ha già contribuito alla serie realizzando Bambini contro nella seconda stagione, con protagonista il Pistolero Ringo. Il suo taglio dinamico e spigoloso è reso magnificamente dal sapiente uso del colore di Luca Saponti, che sa quando indicare le atmosfere e aggiungere sfumature con una precisione chirurgica, donando sempre qualcosa in più ai disegni. Introduce l’albo la copertina di Gipi, leggermente inferiore rispetto a quella precedente, forse a causa della scelta dell’inquadratura non esattamente di facile lettura, ma il suo apporto contribuisce ad arricchire ulteriormente la serie con la sua strabiliante ricerca pittorica.

Voto: 7. 5

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!