Genesi di un’evasione

Chris Davis nel 2013 partì con un’idea ben chiara in mente. Prendere l’inestimabile fascino dell’evadere dalle catene del carcere, già raccontato da serie TV, romanzi e lungometraggi in tutte le salse, e traslarlo nel fiorente mondo dell’indie game. Dopo una gavetta partita con un Kickstarter, che permise a Davis di raccogliere i fondi utili ad organizzare il team dei Mouldy Toof Studios, e un early access su Steam durato un anno, finalmente il primo The Escapists vide la luce. Si trattava in sostanza di un sandbox strategico, dove il giocatore doveva ingegnare una fuga da un carcere pixelloso, con una grafica che ricordava i giochi in 8-bit, sprite minimali e quadratissimi e soprattutto una libertà d’azione decisamente inaspettata. Bisognava raccogliere ricette utili al sistema di crafting, da cui si ricavavano utensili per la fuga, come cesoie, pale, ecc.

The Escapist 2 riprende tutto il sistema di gioco del suo predecessore, lavorando però per limare ed ampliarne il contenuto.

Una vita come Steve McQueen

La prima, lampante novità del secondo capitolo è quest’effetto alla Nidhogg 2 che traspare dal comparto grafico. Se nel primo capitolo si respirava uno stile grafico che ricordava da vicino quello di un NES, qui ci spostiamo sui 16-bit di uno SNES. Nonostante mantenga la solita visuale dall’alto, che consente di osservare più facilmente la planimetria degli edifici, la grafica diventa meno stilizzata, i colori si fanno più vivi, vi sono ombre sui personaggi, i vari sprite acquistano più dettaglio, permettendo una personalizzazione del proprio galeotto su varie parti del corpo. Il nostro alter ego in tuta arancione si muove insomma in un mondo più articolato e vivido, le tipologie di carceri sono caratterizzate in maniera varia, si parte dal piccolo edificio con una manciata di detenuti che ha la funzione di tutorial, fino a quelli ultra tecnologici in luoghi improbabili.

Chiaramente non parliamo solo di un avanzamento nella grafica di gioco in The Escapist 2, anzi. Il team di sviluppo ha lavorato ascoltando le critiche dei fan del primo capitolo, portando limature interessanti. Vi è un classico sistema di lavoro ad esempio, nel quale si trova una mansione in carcere per raggranellare qualche spicciolo utile ad acquistare oggetti, spesso proibiti, al mercato nero, ma anche per poter accedere a stanze altrimenti inaccessibili agli addetti ai lavori. I detenuti possono offrirci missioni secondarie di difficoltà diverse, con ricompense che variano a seconda della stessa. Prima era necessario trovare le ricette di gioco per sapere come costruire un determinato utensile (in maniera minore è un po’ come succede in Minecraft, dove il giocatore è costretto a sperimentare con gli ingredienti se non sa come costruire un oggetto). Un’idea su carta funzionale proprio al lasciare all’utente l’onere di scoprire letteralmente il gioco trovando le ricette o testando, ma che in pratica si traduceva spesso nel frustrante prova e riprova che finiva come sempre con il tipico “metto in pausa, andiamoci a vedere le ricette su internet”.


Qui tutto ciò è stato completamente eliminato, offrendo al giocatore sin dall’inizio la possibilità di consultare il menù di crafting, capire cosa serve a costruire cosa e muoversi di conseguenza. Gli oggetti sono divisi per vari tier basati sull’intelligenza necessaria a poterli costruire (parametro migliorabile leggendo libri nelle biblioteche all’interno dei carceri) e ognuno può avere un determinato utilizzo e un’efficacia più o meno alta. Dal calzino con dentro la saponetta utilizzato come mazzafrusto di fortuna per tramortire gli altri, alle cesoie per tagliare reti o aprirsi varchi nei condotti di areazione, dalle dosi di adrenalina utili a mantenere il livello di energia sempre alto (qualsiasi azione consuma energia) fino alla pala utile a scavare, gli oggetti utilizzabili sono molti, molti con molteplici utilizzi possibili. Prendendone ad esempio uno, quello che pare essere il più semplice ma anche versatile: ci si avvicina ad un letto, si tiene premuto il pulsante d’azione e si ottiene un lenzuolo che può essere ad esempio utilizzato per coprire le sbarre della cella e lavorare indisturbati senza che le guardie ci scoprano, o si può decidere di creare un diversivo scaricandolo nel bagno e otturando le tubature, in modo da creare un allagamento che terrà impegnate le guardie. Guardie che controlleranno la prigione seguendo un sistema che è praticamente quello delle stelline della serie dei GTA, con livelli di allerta sempre maggiori che equivalgono a difficoltà sempre più alte per il nostro personaggio nel muoversi indisturbato per l’edificio.

Nel caso in cui venissimo colti sul fatto ci ritroveremmo con tutti gli oggetti confiscati, costretti a trovare un nuovo approccio alla fuga.
Le vie per sfuggire infatti sono molteplici e dipendono soprattutto dall’ingegno del giocatore a destreggiarsi con il materiale che trova per l’edificio. Da non dimenticare poi la presenza di fughe uniche, a seconda della prigione che ci si troverà ad affrontare, le quali sbloccheranno nuove parti utili alla personalizzazione del nostro galeotto. A tutti gli effetti, il gameplay di The Escapists 2 vuole, come si diceva, sia ampliare che migliorare quello del primo capitolo, mantenendone pur sempre l’ossatura principale. Ma le novità del titolo rispetto al predecessore non finiscono qui.

Fuga in compagnia

Un’altra notevole novità riguarda l’inserimento della modalità multiplayer con ben due tipologie di gioco.
La prima è una modalità cooperativa che, mantenendo lo spirito sandbox di base, può tranquillamente trasformarsi in una competitiva. In che modo? Molto semplicemente: i giocatori possono raggiungere lo scopo di fuggire dalla prigione in cui sono rinchiusi dandosi man forte l’uno con l’altro, condividendo gli oggetti raccolti e dividendosi i ruoli per velocizzare la fuga. Ad esempio mentre uno scava o taglia una rete, l’altro può richiamare le guardie tenendole occupate. Ma i giocatori potrebbero mettersi i bastoni tra le ruote a vicenda, magari proprio escogitando una maniera per portare le guardie nella cella dove un altro giocatore sta scavando o ancora mettendo oggetti compromettenti tra gli effetti personali di un compagno di cella. Il gioco mantiene tutte le sue promesse di sandbox, seppur non consente la “neutralità” della partita. Semplicemente l’host della stessa può decidere di kickare gli altri giocatori, se provocato. Azione deprecabile, certo, ma consentita dal gioco.

L’altra modalità, la Versus, è forse la meno riuscita.
Riguarda una specie di time attack, nel quale vari giocatori sono chiamati ad una gara contro il tempo per premiare il primo che riuscirà ad evadere. In questa modalità però le mappe sono semplificate per consentire una maggiore velocità, eliminando diversi ostacoli alla fuga come la routine obbligatoria del carcere, o i tiratori scelti appostati sulle mura. Inoltre una partita in questa modalità dura solamente una giornata di gioco, non permettendo dunque ai giocatori ideazioni di piani troppo machiavelliche a causa della scarsità di tempo a disposizione. Resta pur sempre divertente combattere contro il tempo e contro altre persone in carne ed ossa in partite brevi e coincise, ma qualche errore di bilanciamento non regge il confronto col resto del gioco, poiché si perde buona parte delle meccaniche di libertà di movimento quasi assoluta che The Escapists 2 offre.

Da non dimenticare una feature che sembra ovvia, ma ai giorni nostri non lo è più: la modalità multiplayer è affrontabile interamente ,oltre che online, anche in locale in splitscreen. Perché il fascino dell’era in cui si gioca sul divano di casa seduti affianco agli amici non muore mai.

the escapists 2 recensione

Verdetto:

The Escapists 2 è tutto quello che ci si aspetterebbe da un seguito. Innovazione, ampliamento del sistema di gioco e rimaneggiamento degli aspetti che stridevano nel primo capitolo. Un sandbox intelligente e vasto che si nasconde sotto la scorza di una grafica rinnovata ma pur sempre minimale di un titolo tipicamente indie. Il tutto guadagna ancora più punti se affrontato in compagnia di amici, a patto che si possa comunicare esternamente (magari vocalmente o proprio di persona grazie al gioco in locale), considerato che il gioco offre davvero poco per farlo. Insomma, se siete fan di Prison Break e dei 16-bit, è il titolo della vita.

Gianluca Boi
Recensore seriale, blogger, giocatore di ruolo decennale, hardcore gamer, groupie di Alan Moore. Amante dei Souls, di Castlevania e di Banjo-Kazooie e fanboy di Jet Set Radio. Ha visto Matrix almeno 42 volte, segue il wrestling ed è fissato con lo studio della musica tutta, con una piccola predilezione per gli Ulver, i Fair To Midland e le OST. Nasconde purtroppo un terribile segreto: non sa proprio come leggere gli orologi con le lancette (non scherzo).