“Ikiru shikabane sayônara!”

Serilizzato tra il 1998 ed il ’99 e partorito dalla mente di Yusaku Hanakuma, uno dei più grandi interpreti della corrente di disegno del Heta-uma (letteralmente “cattivo-buono”), Tokyo Zombie (Amazon) rappresenta uno dei padri fondatori della cultura zombie che tanto ha influenzato la cultura pop odierna tramite film, fumetti, videogiochi e serie tv di successo. 

Ambientato, per l’appunto, in una Tokyo post apocalittica, dove gli zombie, nati a causa di scorie radioattive e rifiuti tossici presenti nel Fuji Nero (un monte artificiale formatosi a causa dell’incuria della popolazione locale) sono, oltre che una temibile minaccia per la popolazione costretta a vivere in città fortificate, anche un elemento di intrattenimento.

Nelle città, prevalentemente dominate dai ricchi e con i poveri costretti a svolgere lavori da schiavi, l’unico sport in grado di far dimenticare alla popolazione “l’Inferno in terra” consiste nei combattimenti tra zombie e schiavi, dove l’umanità del pubblico viene sostituita dall’insaziabile voglia di sangue e morte. 
Una sorta di  futuristica, nonché macabra, rivisitazione postapocalittica degli scontri tra gladiatori dell’età Flavia.

Il protagonista dell’opera, un esperto di jujitsu, ed ex meccanico di nome Pon Fujio, dovrà riuscire a mantenere la propria umanità in un mondo oramai barbaro e privo di morale.

L’opera di Hanakuma rappresenta una piccola pietra miliare per la cultura pop giapponese ed occidentale, avendo ispirati, tra le tante opere odierne, anche il celebre fumetto, nonché serie tv, The Walking Dead, mettendo al centro della propria opera non solo il tema degli zombie, ma anche la perdita di umanità della società, oramai inglobata, e parzialmente giustificata, dal contesto cannibale e tribale regnante.

La deumanizzazione, viene trasposta da Hanakuma con una storia lineare, prima di intrecci di chissà quale complessità, spesso frammentata da qualche sequenza umoristica, ma dal sapore amaro, volta sempre a tenere il lettore ancorato alla triste realtà.

La “semplicità” narrativa viene accompagnata durante il viaggio del lettore per mezzo di uno stile di disegno definito in Giappone come Heta-uma.
Questa tecnica si caratterizza per mezzo di sole linee semplici, disegni piatti, privi di profondità, spesso non eccelsi stilisticamente, quasi bambineschi, volti a mettere l’arte illustrativa in secondo piano e la parte contenutistica in primo.

L’Heta-uma, riesce, oltretutto, a dare visibilità anche a scene che, in altre opere, sarebbero risultate forti e crude, permettendo di arrivare genuinamente ad ogni tipologia di lettore.

Una tecnica nata, come afferma Yumura Teruhiko, per ricordare ai fumettisti che “disegnare è bello” e l’eccesso di artifizi tecnici e stilistici, potrebbe dare vita ad un’opera bellissima visivamente, ma povera internamente.
Lo stile, pertanto, offre al lettore un’opera che, senz’ombra di dubbio, si distacca dalle opere fini e ricercate della cultura mangaka della fine del ventesimo secolo, ritornando alle origini non solo dello stile fumettistico giapponese, ma anche dello stile stesso del disegno.

Un tribalismo di linee nere su carta ingiallita e spessa, volte a dar vita unicamente ad una critica sociale.

Hanakuma, infatti, non ci mostra, come da cliché, una società spietata, capace di distaccare totalmente l’essere umano dal concetto di umanità, solo dopo la comparsa degli zombie, ma anzi, mette in risalto la crudeltà del mondo moderno anche prima dell’arrivo dell’apocalisse.
Quasi a dimostrazione delle tesi di Hobbes, il mangaka giapponese, ci mostra come la natura dell’uomo sia realmente animalesca, orientata a consolidare il concetto dell’Ubi maior minor cessat, dove la sopravvivenza estrema divora i deboli a favore dei “grandi”.



In ultima istanza è esageratamente affascinante la ricerca di spazialità da parte dell’artista, il quale, tramite il suo tratteggio, ci mostra delle ambientazioni “sature”, ma mai del tutto “chiuse”, contrapponendogli degli esterni spogli quasi a volerci mostrare il costante ed agognato desiderio di libertà sepolto nella profondità degli animi dei protagonisti.

Verdetto

Tokyo Zombie è senza ombra di dubbio una chicca che non potrà mancare nelle librerie degli appassionati delle ambientazioni post apocalittiche regnate da insaziabili zombie.
Il maestro Yusaku Hanakuma ci mostra nel migliore dei modi l’antico stile di disegno dell’ Heta-uma, descrivendoci un mondo cannibale e privo di umanità, per mezzo di disegni semplici, bidimensionali, spogli, quasi bambineschi, ponendo l’accento sulla parte contenutistica, abbandonando totalmente lo stile che caratterizzava i mangaka dell’epoca.
Senza dubbio, la crudezza delle linee e dei concetti esposti, risulteranno non facilmente digeribili da parte di tutti i lettori, ma comprendiamo che i palati fini e/o più elastici, riusciranno senza dubbio ad apprezzare un’opera talmente particolare e gustosa.

 

Se Tokyo Zombie vi stuzzica…

Se Tokyo Zombie ti incuriosisce, ti consigliamo assolutamente altre piccole/grandi opere appartenenti a questo genere e, probabilmente influenzate dal lavoro di Hanakuma, come Diario di un sopravvissuto agli Zombie, prima opera della saga di J.L. Bourne, o il simpatico ed originale Zombie – guida universale alla sopravvivenza.

Se invece siete in cerca di una geniale rivisitazione italiana di TWD, vi suggeriamo Roma città morta nata dal binomio Bevilacqua-Marengo.

 

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.