“Chi, fra voi, merita la vita eterna?”

Vi chiederete che ci faccia qui un articolo su un libro che non tratti argomenti esattamente inerenti all’ecosistema abituale. Beh, in effetti non ne sono sicuro nemmeno io, almeno non del tutto, però ho pensato “sarebbe interessante parlare di questo e quest’altro”; e comunque, se non linearmente, almeno lateralmente, un incastro possiamo benissimo trovarglielo. Iniziamo, ok? Michel Houellebecq, classe 1958, è uno scrittore francese che può esser fatto rientrare nel solco della cosiddetta letteratura post-moderna e che viene considerato come uno dei più rilevanti, se non importanti, scrittori contemporanei, almeno per quanto riguarda il proprio paese.

clonePiù recentemente il suo nome è (ri)spuntato di qua e di là grazie al clamore creatosi intorno al suo ultimo libro Sottomissione (Francia del futuro – elezioni politiche – vittoria di un partito di matrice islamica – ecc…; la sintesi dovrebbe far intendere i perché; ah, giusto, è uscito il 7 gennaio 2015 in Francia), ma non è su questo che voglio soffermarmi, era giusto uno spunto. Oggetto sarà, in effetti, un altro lavoro di questo autore: parliamo de La possibilità di un’isola. Pubblicato nel 2005, vi troviamo sviluppate parallelamente due storie aventi lo stesso protagonista ma collocate su differenti coordinate temporali: una in un piano non molto lontano e dissimile dal nostro, l’altra spostata millenni in avanti nel futuro. Come detto il protagonista è lo stesso, ma in realtà sono due (e poi tre): Daniel1, Daniel24, e Daniel25; come la numerazione suggerisce, i secondi sono cloni del primo. Nel corso degli eventi, più subiti che affrontati, Daniel1, stanco di una vita priva di stimoli e alla ricerca di nuove esperienze che possano distrarlo dal torpore di una decadenza fisica, intellettuale ed emotiva, incapperà nelle folli idee di un gruppo pseudoreligioso conosciuto come gli “elohimiti”, il quale aspira – nientepopodimeno che! – al raggiungimento della vita eterna. E, senza scoprire troppo della trama, diciamo che l’obbiettivo in un modo o nell’altro verrà raggiunto e verranno gettate le basi di quella che sarà la futura evoluzione umana e della clonazione della stessa di cui Daniel24 prima, e Daniel25 poi, faranno parte costituendosi come discendenti ultimi del progenitore Daniel1.

“Il futuro era vuoto; era la montagna.

I miei sogni erano popolati di presenze emotive.

Ero, non ero più io. La vita era reale.”

cloneMuovendosi in uno scenario post-umano, questi neoumani abitano un mondo dove l’umanità (almeno intesa come società; esistono in effetti sparuti gruppi di individui oramai regrediti ad uno stadio quasi primitivo) è estinta da millenni, ma sussistono molteplici trame tessili che li legano ai loro antenati, a partire dalla stessa struttura biochimica che li compone: la loro fisionomia si presenta, infatti, come un perfezionamento dei precedenti tratti dove l’attività mentale è volta esclusivamente alla conoscenza pura, e la sensibilità emotiva (come il ricordo della stessa) appare congelata, lontana. Altro punto di contatto è stabilito dalle memorie biografiche che ogni discendente scrive e tramanda al suo successore, il quale potrà così stabilire un rapporto di conoscenza a distanza con “se stesso”, e mantenere un ricordo del proprio io, e dei propri io precedenti. Tuttavia, questo procedimento, non si limita solamente alla singola individualità, poiché vengono, teoricamente, mantenuti anche tutti i rapporti virtuali che gli antenati avevano in precedenza con altri neoumani (es. Daniel23 aveva rapporti dialettici con Sara23, alla morte di Daniel23, Daniel24, attraverso la lettura delle memorie di Daniel23, verrà a conoscenza di questo rapporto e potrà decidere se continuarlo o portarlo a termine), ad libitum.

cloneProtetti nelle loro isole chiuse, ogni neoumano partecipa alla creazione di un dialogo fra se stesso, con gli altri, nel presente, nel futuro e nel passato, noncurante della realtà che lo circonda. Si mantengono legami con sensazioni, abitudini, processi mentali, emozioni, che divengono tali e si realizzano come pura speculazione priva di praticità: il dissidio fra la vicinanza biologica con un passato non così lontano, e la distanza interiore con lo stesso è alienante e disturbante. I perché si moltiplicano, e le domande fondamentali ombreggiano come condanne eterne. La questione, come sottolinea Arturo Mazzarella in “Politiche dell’irrealtà”, che preme a Houllebecq sottolineare è se sia, l’ipotesi di perfezionamento umano nella dimensione sia sensibile che intellettiva, un traguardo effettivamente raggiungibile. Se questi neoumani, che lo stesso autore definisce come “immagini virtuali”, “potenzialità senza forma”, che si costituiscono come immagini slegate da qualsiasi supporto materiale, da qualsiasi realtà (seppur potendo così assumere una serie indeterminata di forme, e riuscendo non a cancellare la realtà ma a scomporla secondo uno spettro di relazioni invisibili capaci di instaurare infinite relazioni fra loro), non riuscendo ad allontanare il rischio che questa immaterialità, questo stato quasi etereo, non li condanni ad un indebolimento progressivo delle proprie capacità rivelatrici, possano attribuirsi l’appellativo di traguardo, nello stadio dell’esistenza, definitivo ed immutabile, di finalità. L’immagine, infatti, priva di un corpo che possa tradurre la realtà esterna evitando l’errore insito di tradurre le connessioni che ci circondano come inesistenti, perché invisibili, o come irreali, rischia di disfarsi nel nulla. Di scomparire. Per Houellebecq i neoumani, la via del perfezionamento, non rappresentano altro che un fallimento

È nel fallimento, e tramite il fallimento, che si costituisce il soggetto, e il passaggio dagli umani ai neuoumani, con la sparizione conseguente di ogni contatto fisico, non ha modificato affatto questo dato ontologico di base. Proprio come gli umani, non siamo liberati dalla condizione d’individuo, e dal sordo stato di abbandono che l’accompagna; ma, contrariamente a loro, noi sappiamo che tale condizione non è che la conseguenza di un fallimento percettivo, l’altro nome del nulla, l’assenza del Verbo. Pervasi dalla morte e formattati da essa, non abbiamo più la forza di entrare nella presenza.

È partendo da questo fallimento che viene negata qualsiasi possibilità cristallizzante che possa portare a bloccare il processo evolutivo; dal fallimento bisogna ripartire e nel vuoto del deserto delle immagini individuare quell’evento straordinario che provochi una lacerazione nel tessuto dell’apparente stabilità e faccia emergere l’invisibile dal visibile, la matrice costitutiva della realtà: ciò il suo essere perennemente in metamorfosi. La stasi è solo apparente e non può costituire altro che un ponte verso altro: da qui, infatti, si vagheggiano i Futuri: ulteriore stadio dell’evoluzione umana capace, forse, di superare i limite prima umani e neoumani dopo, o, forse, capace di dimostrare semplicemente come l’unica via percorribile sia quella del perfettibile.

La mia incarnazione attuale si degrada; non credo che possa durare ancora a lungo. Nella mia prossima incarnazione so che ritroverò il mio compagno, il cagnolino Fox. Il beneficio della compagnia di un cane dipende dal fatto che è possibile renderlo felice; chiede cose talmente semplici, il suo ego è così limitato. È possibile che in un’epoca anteriore le donne si siano trovate in una situazione analoga – vicina a quella dell’animale domestico. C’era probabilmente una forma di felicità domotica, legata al funzionamento comune, che non riusciamo più a capire; c’era probabilmente il piacere di costituire un organismo funzionale, adeguato, concepito per assolvere una serie discreta di compiti – e tali compiti, ripetendosi, costituivano la serie discreta dei giorni. Tutto ciò è scomparso, insieme alla serie dei compiti; non abbiamo più veramente un obiettivo assegnabile. Le gioie dell’essere umano ci restano insondabili; i suoi dolori, invece, non possono distruggerci; le nostre notti non vibrano più di terrore né di estasi. Però viviamo, attraversiamo la vita, senza gioia e senza mistero, il tempo ci pare breve.

Bene, eccovi un bel muro di idee (spero) decisamente interessanti, sicuramente un tappeto comodo sul quale poter sedere e realizzare nuove e più profonde riflessioni. Vi ritrovate nell’idea di divenire esseri immortali declinati verso la perfezione intellettiva ma distanti da quello che potremmo definire “calore umano”? E poi, come ve l’immaginate l’evoluzione umana, quali cambiamenti avverranno e dove “ci” colpiranno? La società come la conosciamo quali cambiamenti potrebbe subire?  Parliamone staynerdiani20.

Andrea Bollini
Vivacchia fra i monti della Sibilla coltivando varie passioni, alcune poco importanti, altre per niente. Da anni collabora con diverse realtà (riviste, associazioni e collettivi) legate alla cultura e all'intrattenimento a 360 gradi. Ama l'arte del raccontare, meno Assassin's Creed.