Nasci come grande appassionato di fumetti già dalla tenera età. C’è stato un evento che ti ha fatto decidere di intraprendere la carriera da fumettista?

Spiderman. Ricordo quando andavo alle medie ed andavo pazzo per un gioco di Spiderman per Amiga, anche se era molto semplice. Da lì cominciai a comprare fumetti di Spiderman, che all’epoca era disegnato da Todd McFarlane che era già molto diverso dagli standard dell’epoca, e da lì poi iniziai a disegnare. Cercavo di emulare quello stile quando ero molto piccolo. Il disegno mi è sempre piaciuto.

Hai lavorato sia per DC che per Marvel. Quali sono le differenze? Quanta libertà ti lasciano e se hai delle linee guida e scadenze.

Scadenze sì. Quando ci si approccia al mercato americano quella è la prima cosa. Anche la libertà è poca, non ti lasciano molto spazio perché tutto quanto è stato già deciso a priori.
Tu sei semplicemente un ingranaggio del macchinario e deve funzionare tutto alla perfezione.

Loro non vogliono avere problemi, vogliono persone che siano professionali, che rispettino le tempistiche. Almeno un mese prima della pubblicazione il fumetto deve essere pronto per essere mandato in stampa. La copertina addirittura 4-5 mesi prima.

Noi questo lo vediamo anche con il cinema, sappiamo che Marvel ha programmato i film da qui al 2020.

Certo, pensa al trailer. Quando vedi il trailer probabilmente il film non è stato nemmeno finito di girare o comunque non è stato montato. Il montaggio e la postproduzione prendono molto tempo e sono sempre l’ultima cosa.

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E’ vero che sono molto riservati? Non rivelano nemmeno ai disegnatori stessi cosa deve succedere in un determinato periodo di tempo.

Onestamente non lo so. Per quanto riguarda alcune uscite è vero che nessuno ne sa niente. Però è anche dovuto al fatto che non lo sanno loro in prima persona dove vogliono andare a parare, perché sono molto concentrati sul finire il filone attuale che è il New 52. Per quanto riguarda il resto, quando ti mandano una sceneggiatura e tu devi realizzare determinate cose è sempre correlata a quel periodo e a quella storia. Ti forniscono tutto il materiale di cui hai bisogno e ci metti la tua creatività, ed è questo lo spazio che ha il fumetto nella realizzazione… Non puoi cambiare nulla però. Può accadere solo con case editrici più piccoline, dove magari se hai un progetto e lo proponi può capitare che lo pubblichino, se lo reputano valido.

Hai un personaggio che t’è piaciuto più disegnare e chi vorresti disegnare?

Vorrei disegnare Spiderman per Marvel e Batman per DC

Come mai Batman?

Mi piace perché è agli opposti di Spiderman. E poi mi piacciono tantissimo le ambientazioni, così dark e noir.

Ti piacciono i cinecomics?

Dipende. Spiderman di Raimi molto. Non mi è piaciuto invece The Amazing spiderman e probabilmente non mi piacerà spiderman in Civil War.
C’è stata una regressione stilistica per quanto riguarda il design del costume. Oggi ci sono Cosplay con un costume probabilmente migliore. Probabilmente l’hanno fatto per differenziarsi.

Parliamo di Oniba: Swords of the Demons. Come è nata l’idea di ambientare un fumetto nel Giappone feudale e quanto studio c’è stato dietro?

Prescindendo dal fatto che mi piace molto l’ambientazione, da lì ho sviluppato l’idea insieme al mio editor, visto che essendo per il mercato americano è sempre meglio confrontarsi con un madrelingua.

Sto facendo studi su vari fronti: storia, ambientazioni, codice dei samurai. Ovviamente non sarà 100% fedele alla storia del Giappone, visto che ci sono degli elementi che non esistono nella realtà, e che vanno un po’ a richiamare quelle storie fantastiche con i demoni giapponesi. Un po’ come gli dei greci, no? Sappiamo che non esistono ma fanno parte della cultura. Però per me è un piacere, mi piace molto documentarmi su queste cose e lo faccio appunto volentieri.

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Sei un videogiocatore?

Ho tutte le console. La mia preferita è stata la Dreamcast, ora invece la PS4 per mancanza di concorrenza.

Ultimo gioco a cui hai giocato?

Batman. Mi è piaciuto molto. Poi gioco anche a Tomb Raider, Assasin’s Creed, giochi di automobili come Need for speed.

Ho perso invece la voglia di giocare online. C’è stato il periodo in cui giocavo ad Halo in 16, ci attrezzavamo con console, televisioni eccetera, è stata l’epoca più bella. Ho ancora una mail chiamata Halo Party, creata appositamente per quelle serate. È molto più bello giocare di persona, mi diverto di più.

Spesso comunque prendo giochi se mi attraggono visivamente. Poi ci sono alcuni a cui voglio giocare a prescindere, come Uncharted.

Qualche consiglio a un fumettista che vuole avvicinarsi al tuo campo e tentare magari di sfondare anche all’estero?

Oggi è più semplice rispetto a prima, perché c’è internet.
Il mio consiglio è sempre di partire dal basso, perché c’è più tolleranza nelle case piccoline. Così si studia, si impara a capire cos’è il lavoro e si ha l’opportunità di crescere.
Non tutti sanno cosa vuol dire lavorare sotto scadenza e mantenere una qualità medio-alta in un lasso di tempo massacrante. Non è un lavoro d’ufficio, quindi finisci quando hai finito davvero.

Lavorare sotto stress non è comunque cosa alla portata di tutti. Quando qualcuno porta il portfolio e non è delineato, ma sono disegnini a caso, vuol dire che la sua è più una questione di dare lustro al proprio ego, che volersi davvero presentare.
Se porti un disegno, magari anche ben fatto, ma che non racconta niente, non ci si fa nulla. Nel momento in cui si lavora per le case editrici minori tu hai già un lavoro fatto.
Porti un lavoro creato da un team di persone e tu ne sei parte. Hai lavorato in un certo modo e sai di poter essere pronto, e loro hanno anche un riscontro di tutto ciò.

In caso contrario loro non possono avere idea di come lavori. Poi ci sono altre possibilità, per esempio si può lavorare per un artista, aiutandolo a fare sfondi: questa è comunque una crescita e si vede il meccanismo, si assimila in primo piano non rischiando in prima persona.

Il mio consiglio è di presentarsi quando ci si sente davvero pronti, e nel momento in cui si fanno cose in solitaria e si è in grado di poter dimostrare di poter riuscire almeno una storia in 4 settimane.
Quantomeno per il mercato americano è così che funziona.